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  • Lunedì 2 dicembre 2019

La SPD tedesca ha eletto i suoi nuovi leader

A sorpresa ha vinto la coppia di candidati che chiede una svolta a sinistra e la fine della grande coalizione con la CDU di Angela Merkel

(Joerg Carstensen/dpa via AP)
(Joerg Carstensen/dpa via AP)

Sabato sera il voto degli iscritti alla SPD ha generato un piccolo terremoto nella solitamente sonnolenta politica interna del principale partito di centrosinistra tedesco. La coppia di candidati alla guida del partito, formata dal potente ministro delle Finanze Olaf Scholz e dalla deputata regionale Klara Geywitz, ha raccolto soltanto il 45 per cento dei voti mentre, a sorpresa, la vittoria è andata alla coppia rivale, formata da un ex ministro regionale in pensione, Norbert Walter-Borjans, e da una semi-sconosciuta politica locale di sinistra, Saskia Esken, che ha ottenuto il 53 per cento dei voti.

Anche se entrambi sono relativamente poco conosciuti fuori dalla SPD, gli effetti della loro vittoria si sono sentiti in tutta la politica tedesca. Tra le promesse che li hanno portati alla vittoria infatti, quella centrale è la ridiscussione degli accordi alla base della “grande coalizione” con la CDU di Angela Merkel, l’alleanza che da anni governa il paese e che molti incolpano per il crollo di consensi della SPD. Walter-Borjans ha 67 anni, è un economista e tra 2010 e 2017 è stato ministro delle Finanze del Nord Reno-Westfalia. Esken ha 58 anni, è un’informatica ed è stata eletta nel parlamento nazionale nel 2013 e nel 2017. Fa parte della corrente più di sinistra del partito.

Il programma con cui hanno vinto il congresso ruota intorno a un punto centrale: ridiscutere gli accordi di spesa con la CDU, dare il via a un grande piano di investimenti infrastrutturali (una cosa che quasi tutte le istituzioni economiche internazionali da anni chiedono alla Germania di fare) e introdurre una serie di misure sociali, come alzare il salario minimo da 9 a 12 euro. I leader della CDU hanno già fatto sapere che nessuna di queste richieste potrà essere accolta: gli accordi di coalizione non possono essere cambiati in corsa e il bilancio della Germania deve rimanere in equilibrio (sono circa 8 anni oramai che il governo tedesco incassa più o meno quanto spende). La resistenza della CDU, ampiamente prevista nelle scorse settimane, mette quindi in dubbio la stabilità del governo visto che con il suo voto la base della SPD si è chiaramente espressa contro la grande coalizione.

La coppia sconfitta, formata da Scholz e Geywitz, aveva invece rivendicato l’alleanza con la CDU di Merkel e rappresentava una scelta di continuità nella leadership del partito, spostatosi da vent’anni su posizione economiche di centro. Il partito, inoltre, si è sempre presentato di recente come una forza istituzionale, capace di assumersi le proprie responsabilità in nome dell’interesse del paese anche quando queste sono in contrasto con l’interesse di partito. Per questo i leader della SPD hanno sempre accettato di divenire partner di minoranza dei governi Merkel negli ultimi anni. La candidatura di Scholz e Geywitz era sostenuta dalla grande parte dei dirigenti del partito, dei ministri, dei funzionari e dei governatori locali, ma era osteggiata dalla sinistra del partito e in particolare dai Jusos, la giovanile del partito, guidata da Kevin Kühnert (che si definisce socialista ed è stato il principale portavoce dell’opposizione alla grande coalizione dopo le elezioni del settembre 2017).

Oggi, scrive Politico.eu, in molti dubitano che Scholz possa continuare a fare il ministro delle Finanze nel governo di coalizione, mentre nessuno esclude che lo stesso governo possa cadere nel prossimo futuro. Se la CDU non dovesse accogliere le richieste dei due nuovi leader del partito, il risultato potrebbe essere l’uscita della SPD dalla maggioranza e la nascita di un governo di minoranza, formato dalla sola CDU e dal suo partito gemello, la CSU.

Sarebbe un trauma per quello che molti considerano il paese politicamente più stabile d’Europa, ma sarebbe un cambiamento drammatico anche per l’SPD che da oltre un decennio ha sempre scelto la strada della responsabilità. Anche se gli iscritti alla SPD hanno dimostrato con una piccola maggioranza di non volerne più sentir parlare, la grande coalizione è apprezzata da una maggioranza dei tedeschi; e non sono pochi, anche tra i commentatori, quelli che giudicano rischioso farla cadere.

Tutti però sono concordi nel dire che la SPD ha bisogno di nuovi stimoli per uscire da una crisi che dura oramai da tempo. Con un’unica pausa di quattro anni, la SPD è al governo dal 1998 e in questo lungo periodo ha messo in atto riforme divenute col tempo molto discusse e divisive (come il famoso pacchetto “Hartz” che ha ridotto le misure di welfare e reso il lavoro molto più flessibile), senza riuscire nel contempo a ottenere credito per i risultati raggiunti mentre si trovava all’interno dei governi di coalizione (la scena gli è sempre stata rubata da Merkel e dal suo partito).

L’SPD è così andata incontro a una serie di sconfitte locali e nazionali e un continuo cambio nella leadership. Le ultime elezioni interne erano state indette dopo l’ennesimo cambio della guardia, quando lo scorso maggio si era dimessa la presidente del partito Andrea Nahles, la prima donna a capo della SPD. Nahles era stata nominata nell’aprile del 2018, dopo la sconfitta subita alle elezioni politiche del settembre precedente. Considerata una persona in grado di mediare tra i moderati del partito e la sinistra ostile alla grande coalizione, Nahles era stata scelta tramite una decisione interna dei dirigenti; cioè come, fino a oggi, erano sempre stati scelti i leader del partito.

Ma la sua guida non è riuscita a dare nuove energie al partito, che alle europee dello scorso maggio ha visto i suoi consensi precipitare al 15 per cento. Nahles si dimise, il suo posto venne preso da una leadership ad interim e si decise, per la prima volta, di aprire a una votazione degli iscritti la scelta della leadership successiva. L’elezione si è svolta in due turni. Alla prima votazione hanno partecipato in tutto dodici coppie di candidati, formate tutte da una donna e da un uomo.

Non è stata un’elezione particolarmente entusiasmante. Le persone più schierate e divisive, come il leader della giovanile Kühnert, hanno preferito non partecipare. Al termine dello spoglio nessuna delle coppie di candidati aveva ottenuto più del 20 per cento dei voti. Scholz e Geywitz risultavano di pochi punti percentuali più avanti dei loro rivali e, anche se i sondaggi mostravano che il risultato del secondo turno sarebbe stato in bilico, nel partito e sui media c’era una discreta fiducia nella vittoria della fazione favorevole alla continuità. Ma alla fine sono stati Walter-Borjans ed Esken a prevalere e con un margine di ben otto punti. Ora la loro vittoria dovrà essere confermata da un voto degli iscritti al congresso di partito che si svolgerà il prossimo fine settimana. A quel punto inizierà la complicata discussione sul futuro del governo di coalizione guidato da Angela Merkel.