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  • Lunedì 3 giugno 2019

Cosa succede in Germania

Le dimissioni della leader dei socialdemocratici rischiano di accelerare la fine dell'ultima "grande coalizione" (e quindi della carriera di Angela Merkel)

(AP Photo/Markus Schreiber)
(AP Photo/Markus Schreiber)

Il governo tedesco di “grande coalizione” guidato dalla cancelliera Angela Merkel rischia di andare in crisi a causa dell’implosione del suo principale alleato: i socialdemocratici della SPD, pesantemente sconfitti alle elezioni europee del 26 maggio e senza più un leader da domenica mattina. Con Angela Merkel che ha annunciato da tempo che questo sarà il suo ultimo governo e che dopo non cercherà nuovi incarichi pubblici, la crisi di questi giorni potrebbe accelerare la fine di una delle più lunghe e stabili epoche politiche della Germania.

La situazione è precipitata domenica mattina, quando la leader della SPD Andrea Nahles, prima donna a guidare il partito ed eletta poco più di un anno fa, ha detto di non avere più il sostegno dei suoi e ha annunciato le sue dimissioni dagli incarichi di segretaria e di capo del gruppo parlamentare. La decisione si deve soprattutto al pessimo risultato della SPD alle elezioni del 26 maggio: alle europee la SPD ha raccolto appena il 15 per cento dei voti, il risultato più basso della sua storia. La SPD ha anche perso le elezioni locali nella regione di Brema, che il partito controllava dalla fine della Seconda guerra mondiale.

Nahles, 48 anni, guidava la SPD dall’aprile del 2018, pochi mesi dopo la sconfitta subita dal suo partito alle elezioni del settembre 2017 (in seguito alle quali era stata nominata capogruppo della SPD nel Bundestag, la camera dei deputati tedesca) e dopo la sofferta decisione di allearsi per l’ennesima volta con la CDU/CSU di Angela Merkel per formare la terza alleanza tra centrodestra e centrosinistra degli ultimi 15 anni (cioè la “grande coalizione”: in tedesco Große Koalition, spesso abbreviato in GroKo). Nahles era stata una delle principali leader della sinistra del partito, ma da quando nel 2013 divenne ministra nel terzo governo di guidato da Merkel iniziò a moderare le sue posizioni in vista di un’ascesa alla leadership del partito.

L’ascesa di Nahles, che c’è stata, è stata frutto di un compromesso. Dopo la sconfitta subita alle elezioni del settembre 2017, la SPD si divise: da un lato i vecchi leader del partito, abituati alle grandi coalizioni degli anni precedenti e disposti a fornire – ancora una volta – il loro appoggio ad Angela Merkel, in nome del loro forte senso di responsabilità (tra loro c’era anche l’allora capo del partito e candidato cancelliere Martin Schulz); dall’altro la sinistra del partito e in particolare la sua sezione giovanile guidata da Kevin Kühnert, insieme agli attivisti di #NoGroKo, un gruppo contrario all’alleanza e a favore di una dura opposizione da sinistra, simile al gruppo britannico “Momentum” che sostiene il leader laburista Jeremy Corbyn.

Alla fine la decisione su cosa fare è stata demandata a un referendum interno, e gli iscritti al partito hanno votato a larga maggioranza per tornare ad allearsi con Merkel. Di fronte a questo risultato, i leader di partito avevano raggiunto un compromesso: i moderati come Schulz sarebbero tornati al governo con Merkel, ma la guida del partito e quella del gruppo parlamentare sarebbe passata a un leader gradito all’ala sinistra e per questo era stata eletta la leader del gruppo parlamentare, Andrea Nahles.

La SPD aveva tentato quindi di giocare contemporaneamente su due tavoli: da un lato al governo con Merkel per senso di responsabilità, dall’altro con un gruppo parlamentare più libero di esprimere una propria identità. Il compromesso, però, chiaramente non è riuscito. Nel corso del 2018 la lunga serie di sconfitte locali della SPD è proseguita e alle europee del 26 maggio il partito è sceso al terzo posto, sorpassato dalla CDU/CSU di Angela Merkel e dai Verdi, il principale partito ad aver approfittato della crisi della SPD.

Non c’era probabilmente molto che Nahles potesse fare. È dal 1998 che il suo partito si trova al governo, da solo o come partner della Grande Coalizione (con l’unica eccezione del secondo governo Merkel, tra 2009 e 2013), e per gran parte di questo periodo ha dovuto diluire la sua identità in nome della responsabilità e dei governi di coalizione. Nel contempo ha dovuto fronteggiare la competizione della leader più longeva e popolare della storia tedesca recente, oltre che una situazione di straordinaria stabilità economica che ha beneficiato il principale e più visibile partito della coalizione.

I giornali tedeschi scrivono che la conseguenza principale di questa situazione è stata l’incapacità del partito di prendersi i meriti per i risultati ottenuti dalla Grande Coalizione. La SPD ha faticato molto a intestarsi riforme come il recente innalzamento del salario minimo, o negli anni scorsi, l’innalzamento dell’età pensionabile e l’introduzione dei matrimoni tra persone dello stesso sesso. Nemmeno sulla crisi migratoria la SPD è riuscita a comunicare una posizione chiara, finendo per lasciare tutto lo spazio, nel bene o nel male, ad Angela Merkel.

Secondo Politico.eu ora si aprono diverse possibilità per il futuro della Grande Coalizione e più in generale della politica tedesca. La più radicale, ma anche la più improbabile, è che la SPD decida di abbandonare il governo, magari in seguito a uno stravolgimento dei rapporti interni al partito che porti al potere la corrente più di sinistra. I nomi dei più probabili successori di Nahles, però, non fanno pensare a imminenti rivoluzioni interne: si parla dell’ex leader Schulz, dell’attuale vicecancelliere e ministro delle Finanze Olaf Scholz e la prima ministra dello stato nord orientale del Mecklenburg-Vorpommern, Manuela Schwesig. Inoltre la delegazione parlamentare del partito, che in caso di nuove elezioni vedrà con ogni probabilità ridurre significativamente la sua consistenza, ha tutte le ragioni per cercare di ritardare la caduta del governo.

Se i socialdemocratici dovessero comunque decidere di uscire dal governo, le elezioni non sono l’unica alternativa. Merkel potrebbe cercare di mettere insieme una nuova coalizione simile a quella che aveva cercato di costruire dopo le elezioni del 2017, e il cui fallimento aveva aperto la strada a una nuova GroKo con i socialdemocratici. Sarebbe un governo formato dalla CDU/CSU, dai liberali del FDP e dai Verdi (la coalizione viene chiamata “Giamaica”, poiché i colori dei tre partiti ricordano la bandiera nera, gialla e verde dell’isola).

Il primo tentativo di creare una coalizione “Giamaica” subito dopo le elezioni era fallito a causa dell’opposizione dei liberali, che temevano di finire in un governo troppo sbilanciato a sinistra. L’FDP però non ha guadagnato quasi nulla dal suo restare fuori del governo, mentre i Verdi hanno raddoppiato i loro voti, passando dal 10 al 20 per cento. È a loro che oggi non conviene più fare parte di un’eventuale coalizione. In caso di caduta del governo, infatti, i Verdi avrebbero tutti gli incentivi per andare alle elezioni e trasformare in seggi l’alto numero di voti raccolto alle elezioni europee.

Insomma, nel sistema tedesco, che ha da sempre orrore per l’instabilità, se ci sono molte forze che spingono per una caduta del governo e quindi probabili nuove elezioni, ce ne sono almeno altrettante che vorrebbero mantenere immutata la situazione. Ma, scrive Matthew Karnitschnig per Politico.eu, è difficile sottrarsi alla sensazione che «un’epoca sia giunta al termine», con tutte le conseguenze che questo comporterà. Angela Merkel, dopo 14 anni trascorsi al governo della Germania e alla guida dell’Unione Europea, ha annunciato che dopo la fine del suo cancellierato non cercherà nuovi incarichi pubblici.

L’anno scorso è riuscita a ottenere la guida del suo partito per la sua erede designata, Annegret Kramp-Karrenbauer (soprannominata AKK), ma da allora i rapporti tra le due leader, almeno secondo quanto ha scritto l’agenzia internazionale Bloomberg nelle ultime settimane, sarebbero molto peggiorati. AKK, scrivono in molti, vorrebbe accelerare l’uscita di scena definitiva di Merkel: la crisi della SPD potrebbe essere un ottimo momento per forzare la mano (proprio in queste ore è in corso una riunione ai massimi livelli della CDU e del suo partito gemello CSU). Senza più Merkel alla guida, però, sembra improbabile che l’attuale sistema di alleanze possa resistere a lungo. La crisi non sembra ancora imminente, ma sono molti in questi giorni a scrivere che oramai il vecchio sistema politico tedesco rimasto in piedi per quasi un ventennio è vicino a una profonda rivoluzione.