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  • Giovedì 8 agosto 2019

Il nuovo rapporto dell’ONU sul clima

Riguarda lo sfruttamento delle terre coltivabili, e porta cattive notizie: di questo passo cresceranno l'immigrazione e il prezzo del cibo, tra le altre cose

Una donna cinese durante i lavori preparatori per piantare alberi nel deserto di Mingqin, nel nord della Cina, il 28 marzo 2019 (Wang HE/Getty Images)
Una donna cinese durante i lavori preparatori per piantare alberi nel deserto di Mingqin, nel nord della Cina, il 28 marzo 2019 (Wang HE/Getty Images)

Il Gruppo intergovernativo sul cambiamento climatico (IPCC) delle Nazioni Unite ha presentato un nuovo rapporto sullo sfruttamento delle terre coltivabili e il riscaldamento globale. Il messaggio generale del rapporto, realizzato da più di 100 esperti provenienti da 52 paesi, non è niente di nuovo: il cambiamento climatico sta influenzando e influenzerà sempre di più la produzione di cibo nel mondo, facendo aumentare i flussi migratori delle persone. Il rapporto dice anche che per risolvere il problema non esiste una soluzione semplice: ci sono molte cose che si possono fare – piantare foreste e ridurre gli sprechi alimentari, per esempio – ma vanno fatte presto, tutte insieme e in modo coordinato, perché le singole iniziative da sole possono anche essere dannose.

«I terreni giocano un ruolo importante nel sistema del clima», ha detto Jim Skea, co-presidente del gruppo di lavoro III dell’IPCC, quello che si occupa delle contromisure nei confronti del cambiamento climatico. «L’agricoltura, lo sfruttamento delle foreste e altri tipi di utilizzo dei sistemi producono il 23 per cento delle emissioni di gas serra umane. Al tempo stesso i processi naturali dei terreni assorbono una quantità di anidride carbonica pari a quasi un terzo delle emissioni prodotte dall’industria e dai combustibili fossili».

Le conseguenze del cambiamento climatico sull’agricoltura
Il rapporto spiega che già oggi mezzo miliardo di persone vive in zone che si stanno desertificando, e i processi con cui certi territori diventano troppo aridi per essere utilizzati sono tra le 10 e le 100 volte più veloci di quelli per ottenere nuove terre coltivabili. Il cambiamento climatico peggiorerà le cose a causa dei disastri naturali sempre più frequenti, come inondazioni e siccità, e questo avrà un grosso impatto sulla quantità di risorse alimentari del pianeta, soprattutto in alcuni dei paesi che già oggi sono tra i più poveri secondo alcuni autori del rapporto. Secondo il rapporto, l’aumento del numero di migranti dai paesi centroamericani verso gli Stati Uniti – che tra il 2010 e il 2015 è quintuplicato – è coinciso con un periodo di siccità che ha ridotto le risorse alimentari: si prevede che ci saranno sempre più aumenti dei flussi migratori verso i paesi ricchi.

In alcune parti del mondo l’aumento delle temperature permetterà un aumento della produttività agricola, spiega il rapporto, ma a livello globale questa sarà ridotta, per la desertificazione, l’erosione delle coste e l’innalzamento dei livelli dei mari. Con maggiori concentrazioni di anidride carbonica (CO2) nell’atmosfera inoltre le qualità nutrizionali delle piante peggioreranno e l’industria agroalimentare dovrà trovare delle soluzioni anche a questo problema. Per tutte queste ragioni i prezzi del cibo tenderanno ad aumentare.

Le conseguenze dell’agricoltura sul clima
La relazione tra cambiamento climatico e produzione agricola rappresenta un circolo vizioso: se da un lato l’aumento delle temperature farà diminuire la produzione agricola, lo sfruttamento di nuove terre per le attività agricole comporterà un aumento di gas serra nell’atmosfera. Il rapporto fa l’esempio delle bonifiche delle paludi, come quelle realizzate in Indonesia e Malesia per creare piantagioni per la produzione di olio di palma: con le bonifiche le torbiere presenti nelle paludi hanno rilasciato centinaia di miliardi di tonnellate di anidride carbonica che fino a quel momento avevano trattenuto. L’anidride carbonica rilasciata per ogni ettaro di torbiere è pari a quella che si produrrebbe bruciando 20mila litri di benzina.

Un altro grosso impatto ambientale è, come risaputo, quello dell’allevamento, in particolare di bovini. Dal 1961 le emissioni di metano dovute a bovini e ovini sono aumentate significativamente e continuano ad aumentare perché c’è sempre più richiesta di carne. E annualmente l’abbattimento delle foreste per lasciare spazio a pascoli e terre dove coltivare il cibo per questi animali causa l’emissione di una quantità di anidride carbonica pari a quella prodotta da 600 milioni di automobili.

Cosa si può fare
Il rapporto dà varie indicazioni su come contrastare gli effetti negativi del cambiamento climatico per quanto riguarda la produzione alimentare e viceversa, per esempio riducendo gli sprechi e aumentando la produttività dei terreni, ma spiega chiaramente che bisogna pensare a una strategia che tenga conto della complessità della situazione e di come ogni iniziativa abbia delle controindicazioni. La forestazione è spesso presentata come il modo migliore per ridurre la quantità di anidride carbonica nell’atmosfera, ma occupando alcune terre con le foreste – oppure con i campi per produrre etanolo a partire dal mais – si riducono gli spazi per l’agricoltura e quindi potenzialmente si potrebbero far aumentare i prezzi del cibo: fino all’80 per cento entro il 2050. Questo non significa che gli sforzi per la forestazione siano dannosi, solo che oltre a piantare alberi bisogna anche migliorare la produzione agricola.

Per quanto riguarda il consumo di carne, il rapporto non invita a diventare tutti vegetariani o vegani ma dice che con le stesse disponibilità di terreni si potrebbero nutrire più persone se il consumo di carne individuale diminuisse.