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  • Giovedì 23 maggio 2019

Il ritorno di Nigel Farage

Il suo nuovo partito, il Brexit Party, è dato oltre il 30 per cento nel Regno Unito: ha un unico obiettivo, facile da indovinare

Nigel Farage durante un comizio del Brexit Party a Edimburgo, in Scozia. (Jeff J Mitchell/Getty Images)
Nigel Farage durante un comizio del Brexit Party a Edimburgo, in Scozia. (Jeff J Mitchell/Getty Images)

Il nuovo Brexit Party di Nigel Farage sarà il vincitore di queste elezioni europee, almeno nel Regno Unito. Difficilmente i parlamentari eletti dal Regno Unito rimarranno a lungo al Parlamento Europeo, ma grazie a una congiuntura molto favorevole nel paese, dovuta soprattutto alla difficoltà dei partiti tradizionali di trovare un accordo su Brexit, Farage è riuscito a portare il suo partito oltre il 30 per cento, mentre i Laburisti sono dati intorno al 20 per cento e i Conservatori intorno o addirittura sotto il 10 per cento.

Quello di Farage è un risultato particolarmente impressionante, se si pensa al fatto che negli ultimi anni era praticamente scomparso dal dibattito pubblico (si era anche dimesso dal suo partito storico, lo UKIP, suggerendo intenzioni di smettere con la politica). Il Brexit Party inoltre è stato fondato a marzo, quando ancora non si sapeva con certezza se il Regno Unito avrebbe partecipato o meno alle elezioni europee. Da allora ha raccolto più di 100mila adesioni, ognuna delle quali ha portato in dote 25 sterline, che secondo Farage sono l’unica fonte di finanziamento del partito (anche se diversi giornali britannici hanno sollevato dei dubbi sulla legittimità di queste donazioni). In ogni caso il Brexit Party è «il partito con la crescita più rapida nella storia moderna della politica britannica», secondo il Daily Telegraph.

Secondo Darren Loucaides, giornalista del Guardian, l’ascesa del Brexit Party è legata all’attuale incapacità e immobilità del governo e del Partito Conservatore di Theresa May (non è un caso che, specularmente, l’altro partito che sta andando molto bene nei sondaggi è quello Liberaldemocratico, l’unico chiaramente anti-Brexit). Ma Loucaides ha notato che Farage ha saputo infilarsi nel vuoto politico lasciato dei Conservatori con un movimento molto diverso dai partiti tradizionali, anche dallo UKIP. Secondo Arron Banks, un controverso imprenditore britannico che in passato è stato molto vicino a Farage, «il Brexit Party è la copia del Movimento 5 Stelle», con cui Farage siede nel Parlamento Europeo già dal 2014. Come nel Movimento 5 Stelle, in cui buona parte della vita del partito è gestita dall’azienda di consulenza Casaleggio Associati, anche nel Brexit Party in cima alla gerarchia c’è un’azienda controllata da Farage stesso.

Per ora il Brexit Party ha un unico scopo, e cioè assicurarsi «che il Regno Unito cessi di essere un membro dell’Unione Europea». Più che a gestire davvero le trattative su Brexit – cosa che non può fare nemmeno lontanamente, visto che non siede nel Parlamento britannico – il partito punta soprattutto a forzare la mano dei prossimi governi, visto che quello di May sembra avere i giorni contati. Il resto del programma verrà stilato una volta vinte le elezioni europee, ha detto Farage durante un comizio elettorale a Featherstone, nello Yorkshire: «Faremo riforme politiche, daremo più aiuti alle regioni, ed elimineremo i progetti ridicoli come l’HS2», una linea di treni ad alta velocità che dovrebbe collegare Londra a Manchester.

La scarsa solidità del Brexit Party non ha scoraggiato né gli elettori né i politici di lungo corso. Fra i candidati ci sono alcuni volti noti della politica britannica come l’ex ministra ombra del Partito Conservatore Ann Widdecombe, e Annunziata Rees-Mogg, sorella di Jacob Rees-Mogg, uno dei più accaniti sostenitori di una hard Brexit, e principale oppositore interno alle soluzioni proposte dalla prima ministra Theresa May.

Nelle ultime due settimane il nuovo partito di Farage è riuscito a marginalizzare completamente lo UKIP – che senza il suo leader carismatico sembra essersi inceppato – e a raccogliere in un unico contenitore tutti i voti dei sostenitori di Brexit; compresi quelli dei Conservatori, che l’ultimo sondaggio prima delle europee dà al 7 per cento. I voti a sostegno della permanenza del Regno Unito nell’UE sono invece sparpagliati fra Liberal-Democratici, Verdi e Laburisti.

Non è insolito che un partito così estremista vada bene alle elezioni europee – lo UKIP fu il più votato cinque anni fa – e questo non vuol dire necessariamente che questo successo si ripeta alle elezioni politiche, che le ultime europee furono vinte nettamente dal Partito Conservatore. Ma il vero obiettivo di Farage, sostengono alcuni analisti britannici, è proprio distruggere il Partito Conservatore. In diversi pensano che in caso di elezioni anticipate Farage punti a sfidare Boris Johnson, l’ex ministro degli Esteri conservatore e l’altra faccia nota della campagna per il referendum su Brexit, nella sua circoscrizione a Uxbridge, una cittadina poco lontano da Londra. Farage non ha grandi possibilità di vincere, ma potrebbe rubare diversi voti a Johnson indebolendo la sua posizione (anche a costo di far eleggere il candidato dei Laburisti). La mossa sarebbe distruttiva per gli ambienti della destra – Johnson rischierebbe di vedere svanire, oltre al suo seggio, anche la sua candidatura per succedere a Theresa May – ma dimostra quanto il Brexit Party sia disposto a fare pur di prendere spazio al Partito Conservatore.

Gli indici di gradimento confermano questo dato: YouGov dice che Farage ha un indice di gradimento più alto di Theresa May e di Jeremy Corbyn, il leader del Partito Laburista. Ma come ha scritto Andrew Sparrow sul Guardian, forse è più corretto dire che Farage «è meno impopolare», perché tutti i loro tassi sono comunque negativi. Eppure poco meno di tre anni fa Farage era meno apprezzato sia di May sia di Corbyn.

Una volta tenute le elezioni europee (e portata a casa Brexit, se ci sarà una Brexit), è probabile che il consenso di Farage possa comunque sgonfiarsi. Come abbiamo detto nel Regno Unito il voto di protesta alle europee è piuttosto comune, e di solito è slegato dal risultato delle elezioni nazionali: lo UKIP vinse le europee del 2014 ma perse sonoramente le politiche del 2015, quelle in cui i Conservatori sfiorarono il 37 per cento.

Inoltre il sistema elettorale nazionale britannico non favorisce i piccoli partiti come il Brexit Party, ma tende a premiare i candidati più affermati dei partiti tradizionali. Nel Regno Unito, infatti, vige il first-past-the-post, un sistema uninominale secco in cui il candidato che ha ottenuto più voti in ogni piccola circoscrizione si aggiudica il seggio al Parlamento: la legge elettorale per le europee si basa su un sistema proporzionale, che invece tende a favorire i partiti più piccoli e meno radicati.

Un sondaggio di YouGov ha mostrato che la maggioranza degli elettori si aspetta che il Brexit Party si sciolga da qui a dieci anni, ma un eventuale successo alle elezioni europee potrebbe avere conseguenze molto più immediate sugli ambienti conservatori britannici.