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  • Martedì 15 gennaio 2019

Cosa succede ora con Brexit?

Scenari e ipotesi dopo che l'accordo negoziato da Theresa May è stato bocciato dal Parlamento britannico e il suo governo si prepara ad affrontare un voto di sfiducia

 (AP Photo/Frank Augstein)
(AP Photo/Frank Augstein)

La prima ministra britannica Theresa May ha subito una sconfitta storica con il voto sull’accordo per uscire dall’Unione Europea. L’accordo raggiunto da May con i leader europei è stato bocciato dal Parlamento con 202 voti a favore contro 432 contrari: la più grave sconfitta per un governo in carica nella storia del paese. May stessa ha annunciato di essere disposta ad affrontare già mercoledì una mozione di sfiducia nei suoi confronti che il leader dell’opposizione Jeremy Corbyn ha immediatamente presentato.

Cosa accadrà adesso dipenderà da come andrà il voto di mercoledì, da come deciderà di muoversi May, dalle decisioni che saranno prese dai leader dell’Unione Europea e infine dalle mosse dei deputati della Camera dei comuni britannica.

Il governo cade
Se il governo May dovesse cadere in seguito al voto di sfiducia (che si terrà mercoledì verso le 20 ora italiana), potrebbero succedere due cose. La prima è la formazione di un nuovo governo, che su Brexit sarebbe con ogni probabilità più duro e conservatore dell’attuale e che si troverebbe però di fronte alle stesse difficili scelte che sta compiendo May.

La seconda alternativa scatta se entro 14 giorni nessun governo dovesse ricevere un voto di fiducia. In quel caso il Parlamento verrebbe sciolto e verrebbero indette nuove elezioni: per evitare un’uscita dall’Unione senza accordo sarebbe necessario chiedere ai leader europei un rinvio della scadenza dell’articolo 50 del Trattato di Lisbona, fissata per il 29 marzo, giorno in cui il Regno Unito sarà di fatto fuori dall’Unione.

I leader europei hanno già fatto capire di essere inclini a concedere questo prolungamento se fosse necessario per organizzare nuove elezioni o un nuovo referendum, per il momento molto improbabile.

Tentare un secondo voto
Al momento May ha buone possibilità di superare il voto di fiducia. I suoi alleati chiave, i nordirlandesi del DUP, hanno già detto che la sosterranno anche se hanno votato “no” all’accordo. La stessa May ha detto di avere fiducia nel voto di mercoledì. Se dovesse superarlo, ha detto, inizierà subito a incontrare deputati e leader parlamentari nel tentativo di trovare una “soluzione” su Brexit che sia per loro accettabile. Se questa soluzione si troverà, ha continuato, tornerà a incontrare i leader dell’Unione Europea per negoziarla e arrivare a un nuovo accordo da sottoporre al Parlamento.

È una dichiarazione piuttosto ambigua che lascia a May ampi margini per decidere come comportarsi nei prossimi giorni. Una possibilità è che la prima ministra si limiti a prendere tempo per poi presentare nuovamente l’accordo con lo stesso testo e cercare di farlo approvare nel corso di una seconda votazione. Questo era il piano che diversi membri del suo governo le avevano attribuito martedì. L’entità della sconfitta, però, potrebbe averla persuasa che riproporre il voto una seconda volta sarebbe un errore.

Cercare di aprire nuovi negoziati
Se May fosse convinta che l’accordo in questa forma non ha possibilità di essere approvato dal Parlamento, potrebbe insistere nel riaprire le trattative con l’Unione Europea, opzione però che finora i leader europei hanno escluso.

Dopo la bocciatura dell’accordo da parte del Parlamento britannico, il presidente del Consiglio europeo, Donald Tusk, ha scritto un tweet dicendo che arrivati a questo punto un accordo tra UE e Regno Unito è impossibile, e ha lasciato intendere che l’unica soluzione possibile rimane quella di rinunciare a Brexit. L’apertura di nuovi negoziati, in altre parole, sembra oggi molto improbabile.

Tenere un secondo referendum su Brexit
Ad oggi non esiste una maggioranza favorevole a un secondo referendum su Brexit, soluzione appoggiata da alcuni sostenitori del “Remain”, ma dopo la bocciatura dell’accordo questa opzione potrebbe diventare un modo per uscire dall’impasse. Richiederebbe un rinvio della scadenza per Brexit prevista dall’articolo 50, anche perché ci sarebbe da capire che quesito referendario proporre: chiedere semplicemente chi è pro e contro Brexit, oppure chiedere di appoggiare o opporsi all’accordo già negoziato da May? I tempi per tenere un secondo referendum potrebbero essere non inferiori alle 22 settimane, dicono gli esperti.

Qualsiasi sia la situazione del governo britannico, se la scadenza del 29 marzo non verrà rimandata e se per allora non sarà approvato dal Parlamento britannico un accordo negoziato con l’Unione Europea, si realizzerà lo scenario del “no-deal”, espressione spesso usata come sinonimo di “disastro”.