Si vota in Ungheria
Ci si aspetta una nuova, larga vittoria del primo ministro uscente Viktor Orbán, che otterrebbe il terzo mandato consecutivo
In Ungheria si sta votando per le elezioni politiche e il primo ministro di destra Viktor Orbán, in carica dal 2010, otterrà probabilmente il suo quarto mandato, il terzo consecutivo. Secondo i sondaggi il partito di Orbán, Fidesz, dovrebbe infatti ottenere la maggioranza nonostante una campagna elettorale molto accesa: è dato intorno al 40 per cento, circa a venti punti in più rispetto al secondo partito, la formazione politica di estrema destra Jobbik, che negli ultimi anni ha cercato di riposizionarsi verso il centro. A sua volta, secondo i sondaggi, Jobbik dovrebbe ottenere qualche punto in più rispetto al Partito Socialista.
I seggi hanno aperto alle 6 del mattino e chiuderanno alle 19. Alle 9, l’affluenza era del 13,17 per cento: la più alta dal 1998. Secondo i leader dell’opposizione, non è un buon segnale per Orbán, il cui vantaggio sembra comunque troppo ampio per essere seriamente minacciato. Il sistema elettorale ungherese – modificato da Orbán nel 2012 – è complicato, ma secondo alcune previsioni Fidesz potrebbe ottenere due terzi del Parlamento, cosa che gli permetterebbe di modificare nuovamente la Costituzione, come ha già fatto negli scorsi anni.
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Dal 2010, infatti, Orbán ha introdotto leggi restrittive della libertà di stampa, costruito muri per impedire il passaggio di migranti e promosso posizioni intransigenti contro i musulmani. Anche la campagna elettorale dei mesi passati è stata incentrata sull’opposizione all’immigrazione, nonostante in Ungheria arrivino pochissimi migranti. Come ha scritto il New York Times: «In Ungheria ci sono più cartelloni sui pericoli legati agli immigrati e ai richiedenti asilo di quanti richiedenti asilo e immigrati siano stati lasciati entrare nel paese nell’ultimo anno».
Alcuni sondaggi indicano che rispetto al passato ci siano più persone contrarie a un nuovo mandato di Orbán, ma il sistema elettorale ungherese, con i cambiamenti fatti negli ultimi anni dal governo, prevede un consistente premio di maggioranza per il primo partito. Gli oppositori di Orbán hanno studiato varie modalità di voto strategico volte a danneggiare il partito di governo (a febbraio in questo modo sono riusciti a vincere un’importante elezione locale in una ex roccaforte di Fidesz), ma le forze di opposizione sono molto divise e non sono riuscite a trovare un accordo per proporre un unico candidato a primo ministro.
Secondo l’Economist, la paura di essere accusati di xenofobia e razzismo ha dissuaso i partiti di opposizione dall’occuparsi di questioni relative all’identità nazionale, che in Ungheria sono storicamente molto sentite visto che per secoli il paese è stato dominato da potenze straniere e dato che per via della propria lingua, non indoeuropea a differenza di quelle slave, gli ungheresi si sono sempre sentiti un popolo diverso dai loro vicini. Parlando dei pericoli dell’immigrazione, invece, Orbán ha distolto l’attenzione degli elettori da altri problemi dell’Ungheria, come la corruzione e l’inefficienza del sistema sanitario.
Durante la campagna elettorale si è parlato anche delle accuse di corruzione nei confronti di diverse persone molto vicine a Orbán: se ne sono occupati soprattutto i giornali di proprietà dell’imprenditore Lajos Simicska, un tempo legato al primo ministro e dal 2014 suo critico. D’altra parte Fidesz ha basato parte della sua campagna elettorale sulle accuse al miliardario e filantropo George Soros, che è di origine ebrea-ungherese anche se naturalizzato statunitense e residente negli Stati Uniti. Soros, noto per le sue posizioni progressiste e odiato in tutto il mondo da complottisti di idee conservatrici, finanzia molte organizzazioni no profit ungheresi – finanziò anche una borsa di studio che alla fine degli anni Ottanta permise allo stesso Orbán di studiare a Oxford – ed è accusato da Fidesz di promuovere l’immigrazione di persone musulmane in Europa per distruggerne l’identità cristiana. I critici del governo ungherese lo hanno accusato di usare stereotipi antisemiti nei suoi messaggi elettorali contro Soros.
Negli scorsi mesi si è anche parlato dei risultati economici dell’Ungheria, il cui debito pubblico è sceso a livelli pre-crisi e il cui tasso di disoccupazione è passato dall’11 al 3,8 per cento durante i governi di Orbán. Tuttavia secondo alcune analisi la ripresa economica del paese non sarebbe così solida secondo analisi alternative a quelle del governo.