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  • Giovedì 30 marzo 2017

Gli attacchi aerei americani uccidono sempre più civili in Iraq e in Siria

Si parla di oltre mille morti solo a marzo, il governo americano ha negato però di avere cambiato le sue regole d'ingaggio

Alcuni edifici danneggiati dai bombardamenti aerei nel quartiere al-Jadida di Mosul, il 26 marzo (AHMAD AL-RUBAYE/AFP/Getty Images)
Alcuni edifici danneggiati dai bombardamenti aerei nel quartiere al-Jadida di Mosul, il 26 marzo (AHMAD AL-RUBAYE/AFP/Getty Images)

Negli ultimi giorni più di 100 corpi sono stati estratti dalle macerie di un edificio a Mosul, in Iraq, che era stato distrutto da un’esplosione. Diversi testimoni hanno raccontato che l’edificio era crollato a causa di un bombardamento aereo compiuto dalla coalizione internazionale anti-ISIS guidata dagli Stati Uniti, altri hanno sostenuto che l’esplosione fosse stata provocata da una bomba dello Stato Islamico. È difficile verificare l’una o l’altra versione, anche se Stephen Townsend, il responsabile delle operazioni militari dell’esercito americano in Iraq e in Siria, ha ammesso un possibile coinvolgimento degli Stati Uniti nell’attacco. Non è la prima volta che il governo americano viene accusato di compiere attacchi aerei senza garantire sufficiente protezione per la vita dei civili iracheni e siriani: nell’ultimo mese il numero di civili uccisi da bombardamenti della coalizione è aumentato in maniera significativa e alcuni sostengono che dipenda da nuove regole d’ingaggio decise dall’amministrazione Trump.

La situazione più critica si sta verificando a Mosul, città dell’Iraq settentrionale controllata dallo Stato Islamico. Le operazioni militari anti-ISIS sono cominciate nell’ottobre dello scorso anno: l’esercito iracheno – appoggiato dagli aerei della coalizione, dalle milizie sciite e dai peshmerga curdi – ha già riconquistato la parte della città a est del fiume Tigri, e a febbraio ha cominciato l’offensiva nella parte occidentale. Non è un’operazione facile: lo Stato Islamico non permette ai civili di lasciare la città e in diverse occasioni li ha usati come scudi umani per proteggere i suoi miliziani dagli attacchi aerei della coalizione. Resta comunque il fatto che non si era mai registrato un numero così alto di civili uccisi in così poco tempo.

Secondo Airwars, organizzazione britannica che tiene il conto dei non-combattenti uccisi negli attacchi aerei, a marzo sono morte 1.257 persone a causa dei bombardamenti della coalizione guidata dagli Stati Uniti: di questi, 337 sono stati verificati da fonti credibili. Chris Woods, direttore di Airwars, ha detto: «il numero di morti nella battaglia di Mosul occidentale è assolutamente scioccante». Nei primi due mesi dell’anno, ha scritto Airwars, gli attacchi aerei guidati dalla coalizione internazionale sono stati responsabili di un numero di morti maggiore di quello causato dai bombardamenti russi in Siria: è la prima volta che succede da quando la Russia è intervenuta in Siria per aiutare il regime del presidente siriano Bashar al Assad, nel novembre 2015. Il numero degli attacchi aerei era già aumentato durante l’ultima fase dell’amministrazione Obama ma è cresciuto ulteriormente dall’insediamento di Trump. Una simile escalation è stata registrata anche attorno a Raqqa, la città considerata la capitale dello Stato Islamico in Siria. Da diversi mesi le Forze democratiche siriane, una coalizione di curdi e arabi, stanno avanzando verso Raqqa con l’appoggio degli attacchi aerei statunitensi. La scorsa settimana la coalizione era stata accusata di avere colpito una scuola a Mansoura, fuori Raqqa, usata per dare rifugio a decine di persone che erano state costrette a lasciare le loro case: nell’attacco erano morte almeno 30 persone. Lo Stato Islamico ha anche accusato gli americani di avere colpito la diga di Tabqa, che si trova a 40 chilometri a ovest di Raqqa, danneggiandone seriamente la centrale di controllo. Il governo americano ha smentito entrambe le accuse.

Martedì l’ONU ha espresso la sua preoccupazione per quanto sta accadendo, soprattutto a Mosul. Zeid Ra’ad al Hussein, l’Alto commissario dell’ONU per i diritti umani, ha detto di non sottostimare la difficoltà dell’offensiva militare contro lo Stato Islamico, che fa delle persone usate come scudi umani e degli attentati suicidi due delle tattiche principali della sua guerra. Hussein ha aggiunto però che il governo iracheno e la coalizione «devono rivedere urgentemente le loro tattiche per assicurarsi che l’impatto sui civili venga ridotto al minimo». Anche Amnesty International ha detto che la coalizione non sta prendendo sufficienti precauzioni per evitare i morti civili a Mosul, e ha parlato di “violazioni palesi” del diritto umanitario internazionale. Il dipartimento della Difesa americano ha negato un cambiamento significativo delle regole di ingaggio in Siria e in Iraq, ma il generale Stephen Townsend ha detto che qualche piccolo aggiustamento c’è stato, pur escludendo che abbia avuto un ruolo negli incidenti a Mosul. Questi aggiustamenti, ha aggiunto Townsend, sono stati adottati per accelerare le decisioni sugli attacchi aerei americani a sostegno dell’esercito iracheno.