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  • Mercoledì 22 marzo 2017

Almeno 30 civili sono stati uccisi in un bombardamento americano in Siria

È la seconda volta che succede una cosa simile in meno di una settimana: potrebbe essere un effetto del nuovo atteggiamento di Trump

Scontri a nord di Raqqa, (Qasioun a Syrian Opposition Media Outlet, via AP)
Scontri a nord di Raqqa, (Qasioun a Syrian Opposition Media Outlet, via AP)

Martedì aerei della coalizione anti-ISIS guidata dagli Stati Uniti hanno bombardato lo Stato Islamico (o ISIS) in un’area rurale della provincia di Raqqa, nel nord della Siria. Nell’attacco è stata colpita anche una scuola dove era stato istituito un centro di accoglienza per profughi siriani: secondo le testimonianze degli abitanti della zona e secondo la ricostruzione degli attivisti e della televisione di stato siriana, almeno trenta civili sono rimasti uccisi. È la seconda volta nel giro di una settimana che gli Stati Uniti sono accusati di avere ucciso decine di civili in un bombardamento aereo: la prima è stata venerdì scorso, quando un attacco aereo americano aveva provocato la morte di 49 persone che si erano riunite in una moschea ad al Jineh, nella provincia di Aleppo. Non sono ancora chiare del tutto le responsabilità degli Stati Uniti nei due attacchi, ma diversi giornali americani hanno parlato della possibilità che la nuova amministrazione di Donald Trump stia adottando un approccio meno prudente – «o meno selettivo», ha scritto il New York Times – di quello usato da Obama e dai suoi collaboratori.

L’Osservatorio siriano dei diritti umani, organizzazione vicina ai ribelli siriani con base a Londra, ha detto che l’attacco è stato compiuto martedì mattina molto presto ed è stato diretto contro una zona a sud di al Monsoura, città controllata dallo Stato Islamico. Secondo “Raqqa is being slaughtered silenty”, organizzazione di attivisti siriani che si oppone allo Stato Islamico, la scuola colpita nell’attacco ospitava circa cinquanta famiglie che erano rimaste senza casa e che provenivano da Raqqa, Aleppo e Homs. Il governo americano non ha commentato le accuse.

Ancora più controverso è stato il primo attacco, quello compiuto la sera del 16 marzo contro una moschea della provincia di Aleppo. Secondo il sito Bellingcat, considerato uno dei più autorevoli siti di debunking, i video e le immagini circolate su Internet dopo l’attacco mostrano come il bombardamento sia stato compiuto da aerei americani. Il colonnello John Thomas, portavoce dello “US Central Command” (Centcom, il comando militare americano in Medio Oriente, Nordafrica e Asia centrale), ha confermato l’attacco aereo, ma ha negato che sia stata colpita la moschea. L’obiettivo degli americani era un edificio a 15 metri dalla moschea dove si erano riuniti diversi esponenti di al Qaida. Thomas ha aggiunto che il Centcom farà delle indagini per capire quali conseguenze abbia avuto l’attacco.

Non è la prima volta che l’amministrazione di Donald Trump si trova ad affrontare l’accusa di avere ordinato un’operazione militare senza usare particolari prudenze. A fine gennaio, pochi giorni dopo il suo insediamento, Trump aveva autorizzato un’operazione anti-terrorismo in Yemen contro alcuni esponenti di “al Qaida nella Penisola arabica”, la potente divisione di al Qaida che opera in territorio yemenita. Nell’operazione, che era stata definita un “successo” da Trump, erano rimasti uccisi 14 esponenti di al Qaida, ma anche un soldato statunitense e diversi civili yemeniti, tra cui una bambina. Quell’operazione era in fase di pianificazione da mesi, ma l’amministrazione Obama stava temporeggiando per raccogliere altre informazioni e limitare i rischi, considerati molto alti. Secondo la stampa americana, che ha citato diverse fonti interne all’amministrazione, Trump si sarebbe persuaso della necessità di accelerare i tempi.