Il reality show ambientato durante l’occupazione nazista

Si chiama "Vacanze nel Protettorato", lo sta trasmettendo la tv pubblica della Repubblica Ceca tra molte critiche

Unimmagine dal programma televisivo "Vacanze nel Protettorato" (Česká Televize)
Unimmagine dal programma televisivo "Vacanze nel Protettorato" (Česká Televize)

Da qualche settimana su un canale televisivo ceco sta andando in onda un reality show i cui protagonisti vivono come se fosse il 1939, anno in cui la Germania nazista occupò parte del territorio di quella che oggi è la Repubblica Ceca e creò il Protettorato di Boema e Moravia, uno stato filo-nazista. Il programma è trasmesso dalla televisione pubblica Česká Televize: i protagonisti del reality show, oltre a dover vivere come se fosse il 1939, devono obbedire agli ordini, alle imposizioni e alle vessazioni degli attori che interpretano dei soldati nazisti.

Il programma televisivo si chiama Vacanze nel Protettorato e i suoi protagonisti sono i membri di una famiglia – ci sono anziani, e anche un bambino di dieci anni – che sono stati scelti tra oltre 600 famiglie che hanno partecipato ai provini. Il reality show non si è ancora concluso, dura otto episodi ed è stato girato in due mesi, nell’estate del 2014. Se al termine del programma la famiglia protagonista del reality è riuscita a superare le prove settimanali e resistere alle vessazioni degli attori che interpretano gli occupanti nazisti, vincerà un premio di circa 35mila euro.

Il primo episodio di Vacanze nel Protettorato è stato visto da circa 500mila persone, un buon numero di spettatori per la Repubblica Ceca. Negli ultimi giorni Vacanze nel Protettorato è stato però anche molto criticato, sia in Repubblica Ceca che all’estero. Times of Israel ha scritto:

Fortunatamente per la famiglia, non saranno trattati come gli 82mila e 309 ebrei che vivevano nel Protettorato e che, in base ai numeri forniti dal Museo dell’Olocausto degli Stati Uniti, furono deportati nei campi di concentramento o uccisi dai collaborazionisti.

Come accade sempre nel caso di programmi televisivi registrati in anticipo, i membri della famiglia protagonista del programma sono obbligati da un contratto a non dare interviste con la stampa fino a dopo l’ultima puntata. Il New York Times ha però intervistato alcuni dei creatori del programma e ha parlato anche con molti suoi critici. Petr Dvorak, amministratore delegato del canale televisivo che trasmette Vacanze nel Protettorato, ha detto che “persino un argomento serio come quello del programma può essere percepito in un nuovo modo”. Lo scopo del programma, ha spiegato, è di “insegnare agli spettatori come si viveva in quegli anni” e di farlo in un modo tale che gli venga effettivamente voglia di guardarlo. Mikhulas Kroupa – storico e direttore di Post-Bellum, un’associazione che raccoglie testimonianze di quegli anni – ha detto che Vacanze nel Protettorato “è solo un gioco, che non ha nulla a che vedere con la storia e con quegli anni”.

Zora Cejnkova, direttrice della serie, ha commentato osservando che, sin dal titolo, l’intento di Vacanze nel Protettorato è di attirare l’attenzione, fondendo tra loro intrattenimento e serietà. Cejnkova ha aggiunto che “reality show” non è la giusta definizione per il programma, che in realtà è un “docu-reality” o, meglio ancora, un “situation drama”, uno di quei programmi in cui persone comuni sono messe in contesti difficili e inconsueti. «Vogliamo che gli spettatori si chiedano, “io cosa avrei fatto in quella situazione?”», ha detto Cejnkova.

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Lo storico Stanislav Kokoska ha però spiegato che il problema sta nel fatto che la famiglia protagonista di Vacanze nel Protettorato può permettersi di “recitare un ruolo”, di azzardarsi in atti d’eroismo. Ci sono per esempio dei momenti in cui i membri della famiglia “osano” rispondere e tener testa agli ufficiali della Gestapo. Cejnkova ha detto che non è possibile ricreare la paura che provarono le persone che subirono davvero le vessazioni dei nazisti, e che infatti non era quello l’intento del programma: «Sarebbe stato oltre i limiti dell’etica», ha detto Cejnkova.