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  • Venerdì 7 novembre 2014

È lui l’uomo che ha ucciso Bin Laden?

Un ex soldato delle forze speciali dice di avergli sparato e contraddice la versione di un suo collega (che dice di essere stato lui): il governo americano si sta innervosendo

In this photo taken on Dec. 20, 2013, Robert O’Neill a former Navy Seal team member, poses for a photo in Butte, Mont. O'Neill, a retired Navy SEAL who says he shot bin Laden in the head, publicly identified himself Thursday, Nov. 6, 2014, amid debate over whether special operators should be recounting their secret missions. One current and one former SEAL confirmed to The Associated Press that O'Neill was long known to have fired the fatal shots at the al-Qaida leader. (AP Photo/The Montana Standard, Walter Hinick)
In this photo taken on Dec. 20, 2013, Robert O’Neill a former Navy Seal team member, poses for a photo in Butte, Mont. O'Neill, a retired Navy SEAL who says he shot bin Laden in the head, publicly identified himself Thursday, Nov. 6, 2014, amid debate over whether special operators should be recounting their secret missions. One current and one former SEAL confirmed to The Associated Press that O'Neill was long known to have fired the fatal shots at the al-Qaida leader. (AP Photo/The Montana Standard, Walter Hinick)

Il 3 novembre scorso il sito americano delle forze speciali sofrep.com ha pubblicato il nome di un uomo che dice di essere il soldato che il 2 maggio 2011 sparò a Bin Laden, durante il raid delle United States Navy SEALs, le forze speciali d’élite della Marina statunitense, nel posto in cui era nascosto a Abbottabad, in Pakistan. È il trentottenne Robert O’Neill. L’uomo nel febbraio del 2013 aveva già raccontato la sua storia alla rivista Esquire, ma nell’articolo veniva indicato soltanto come “the shooter“, colui che aveva sparato, per proteggere la sua identità.

Il sito sofrep.com ha spiegato di aver diffuso il nome perché lo stesso O’Neill – che nel 2012 ha lasciato le forze speciali dopo 17 anni di servizio e numerose medaglie al valore – avrebbe presto rivelato il suo nome in un’intervista e sarebbe stato protagonista di un documentario sul canale americano Fox News verso metà novembre. Il 6 novembre lo stesso O’Neill ha confermato la veridicità della storia in un’intervista al Washington Post, spiegando che il suo nome stava già girando nella comunità militare e al Congresso e che quindi preferiva non aspettare l’intervista e mantenere un po’ di controllo su una storia che sarebbe venuta fuori comunque. Il giorno prima – il 5 novembre – il padre di O’Neill aveva dato un’intervista esclusiva al Daily Mail, in cui aveva detto: «Dipingerò un grosso bersaglio sulla mia porta di casa e dirò ‘ora venite a prenderci’».

Robert O’Neill ha raccontato nei dettagli quello che successe il 2 maggio 2011, quando i SEALs si calarono dagli elicotteri Black Hawk – quattro, di cui due di rinforzo – e in pochi minuti uccisero cinque persone, tra cui Bin Laden. Il corpo del leader di al Qaida era stato poi trasportato in Afghanistan in elicottero e successivamente gettato nel Mar Arabico dopo una breve cerimonia, secondo il rito islamico, sulla portaerei statunitense Carl Vinson. O’Neill ha raccontato la sua versione della storia per la prima volta davanti ad alcuni parenti delle vittime degli attentati dell’11 settembre, durante una commemorazione al Museo memoriale del 9/11 poco prima della sua apertura ufficiale del maggio 2014.

Mentre altri membri dei SEALs si erano sparsi nell’edificio per cercare in stanze diverse, Robert O’Neill disse di essersi trovato nella posizione numero 2 per entrare nella camera in cui trovò Bin Laden. Quando Bin Laden apparì sulla porta brevemente, il primo SEAL sparò un colpo, che apparentemente mancò l’obiettivo: «Gli sono passato davanti, nella stanza, appena dopo la porta», raccontò O’Neill a Esquire. «C’era Bin Laden, lì in piedi. Teneva le mani sulle spalle di una donna, spingendola avanti. Nonostante la stanza fosse buia, lo potevo vedere perfettamente tramite il mio visore notturno. Sembrava confuso, era più alto di quanto mi aspettassi. Aveva un cappello addosso e non sembrava ferito». Era in piedi e si muoveva, e teneva una delle sue mogli davanti a sé, usandola da scudo. «In quel secondo gli ho sparato, due volte in fronte. Bam! Bam! La seconda volta mentre già stava cadendo. L’ho visto respirare per l’ultima volta».

Questo racconto contraddice quello di Matt Bissonnette, un altro ex SEAL che partecipò al raid e che raccontò la sua storia in un libro, pubblicato nel 2012, intitolato “No Easy Day” – “non ci sono giorni facili” – che deriva dal motto dei SEALs “il giorno facile era ieri”. Nel libro Bissonnette raccontava di essere stato lui a sparare a Osama ma martedì – intervistato dal canale americano NBC News – non ha smentito direttamente le parole di O’Neill: «Siamo due persone diverse che raccontano due storie diverse per due diversi motivi. Qualunque cosa dica [O’Neill] non voglio discuterne».

Matt Bissonnette apparirà prossimamente sul canale americano CBS News, nel programma 60 Minutes (60 minuti), per parlare del suo secondo libro, incentrato su altre missioni vissute nei SEALs. Bissonnette è anche sotto inchiesta da parte del Pentagono per aver rivelato informazioni riservate nel suo primo libro, quello sull’uccisione di Bin Laden.

Intanto alcuni funzionari del Pentagono non hanno né confermato né smentito l’identità di Robert O’Neill, ma alcuni capi anziani delle operazioni speciali hanno inviato una comunicazione a tutti i SEALs, per ricordare loro di sottostare al codice di silenzio sui dettagli delle operazioni, compreso l’evitare di prendersi meriti pubblicamente. Hanno scritto: «Noi non rispettiamo il disprezzo egoista dei nostri valori per avere una notorietà pubblica e un compenso finanziario».

foto: Robert O’Neill (AP Photo/The Montana Standard, Walter Hinick)