A masked Pershmerga fighter from Iraq's autonomous Kurdish region guards a temporary camp set up to shelter Iraqis fleeing violence in the northern Nineveh province, in Aski kalak, 40 kms west of the region's capital Arbil, on June 13, 2014. Thousands of people who fled Iraq's second city of Mosul after it was overrun by jihadists have been queuing in the blistering heat, hoping to enter the safety of the nearby Kurdish region and furious at Baghdad's failure to help them. AFP PHOTO/SAFIN HAMED (Photo credit should read SAFIN HAMED/AFP/Getty Images)

Cosa diavolo sta succedendo in Iraq?

L'ISIS combatte contro il governo: ma cos'è di preciso l'ISIS? Intanto si muovono anche sunniti, sciiti, curdi e forse pure gli iraniani, mentre i ribelli avanzano verso Baghdad

Tra giovedì 12 e venerdì 13 giugno la situazione in Iraq è peggiorata ulteriormente, con una nuova avanzata dello Stato Islamico dell’Iraq e del Levante (ISIS) – gruppo estremista sunnita che opera sia in Iraq che in Siria – in direzione della capitale Baghdad. L’ISIS ha preso il controllo di due città nella provincia di Diyala, poco più a est di Baghdad, e ha compiuto diverse esecuzioni pubbliche a Mosul, capoluogo della provincia di Ninawa, città conquistata negli ultimi giorni.

All’improvvisa e violenta offensiva dell’ISIS si è aggiunta una reazione intensa dei soldati curdi “Peshmerga”, che rispondono al governo regionale del Kurdistan iracheno, una regione che da tempo vuole separarsi dal resto dell’Iraq: i curdi hanno conquistato la città di Kirkuk – capoluogo della provincia di Kirkuk, a circa 250 chilometri a nord di Baghdad – sfruttando la debolezza del governo iracheno causata dall’offensiva dell’ISIS. E infine all’ISIS e ai curdi si sono aggiunti anche gli sciiti, il gruppo minoritario dell’islam (ma maggioritario in Iraq) a cui appartiene anche il primo ministro iracheno Nuri al-Maliki. Venerdì, di fronte alle difficoltà dell’esercito iracheno a confrontarsi con le recenti minacce, migliaia di combattenti sciiti si sono diretti verso Samarra, città a circa 110 chilometri a nord di Baghdad finita sotto il controllo dell’ISIS nella notte tra giovedì e venerdì. Una mappa di BBC mostra chiaramente come è messo oggi l’Iraq:

L’ISIS, e gli altri gruppi sunniti
I miliziani che stanno avanzando da giorni in direzione di Baghdad sono principalmente combattenti dell’ISIS, gruppo estremista il cui obiettivo primario è l’istituzione di un califfato islamico nella regione. Oltre all’ISIS ci sono anche gruppi sunniti che non condividono gli stessi obiettivi sulle sorti del paese, e che si sono mobilitati con un fine più circoscritto, cioè togliere il potere agli sciiti. Fanno parte di questa categoria i miliziani che appoggiavano l’ex presidente sunnita Saddam Hussein e che furono sconfitti dalle operazioni di sicurezza delle truppe statunitensi in territorio iracheno negli anni successivi all’invasione del 2003.

Da quanto si apprende da diversi autorevoli siti di news, i gruppi sunniti che hanno il controllo delle città nel nord ed est dell’Iraq si stanno organizzando per elaborare un piano comune di governo delle zone occupate. Il New York Times ha scritto che giovedì il leader di una milizia sunnita a Tikrit, città natale di Saddam Hussein conquistata ieri dall’ISIS, ha confermato un incontro tra i rappresentanti di tutte le fazioni di ribelli – incluse quelle dei sostenitori di Hussein – per stabilire delle regole di governo e rassicurare i residenti di Mosul che la vita in città continuerà a svolgersi in maniera normale. Qualche cambiamento sembra però che ci sia già stato: oltre alle centinaia di migliaia di persone che hanno lasciato la loro casa, sembra che gli occupanti sunniti abbiano vietato la vendita di alcol e sigarette e abbiano ordinato alle donne di rimanere chiuse nelle loro case.

L’altra battaglia dei curdi
Le forze curde sono conosciute come “Peshmerga” – termine che significa “quelli che affrontano la morte” – e a differenza dell’esercito iracheno sono disciplinate e leali ai loro leader e alla loro causa: l’autonomia e l’indipendenza dello stato curdo. Il governo regionale del Kurdistan iracheno, a cui fanno riferimento le “Peshmerga”, controlla la regione autonoma del Kurdistan, un’entità autonoma dell’Iraq internazionalmente riconosciuta. Kirkuk, la città finita ieri sotto il controllo dei curdi, era da tempo al centro di una disputa politica ed economica con il governo arabo di Baghdad, e per questo l’abbandono da parte dei soldati iracheni è ancora più significativo.

Per i curdi l’indebolimento dello stato iracheno e l’avanzata dell’ISIS sono un’opportunità (ma occhio: i curdi non sono alleati né amici dell’ISIS, e nella vicina Siria miliziani dei due gruppi si sono scontrati molto violentemente negli ultimi mesi). Come ha spiegato ad al Jazeera Shoresh Haji, membro curdo del Parlamento iracheno, «è una situazione molto triste per Mosul, ma allo stesso tempo la storia ci ha presentato solo uno o due altri momenti in cui abbiamo potuto recuperare il nostro territorio, e questa è un’opportunità che non possiamo ignorare».

Le milizie sciite, e l’Iran
Samarra è stata la quarta città del nord dell’Iraq a finire sotto il controllo dei miliziani sunniti. Tra giovedì e venerdì alcune milizie sciite si sono dirette verso Samarra per cercare di difendere i luoghi sacri della città e cacciare i sunniti: il Guardian riporta che nella giornata di venerdì combattenti sciiti e sunniti si sono scontrati violentemente appena fuori dai confini della città, e aggiunge che testimoni hanno detto che diversi sunniti presenti a Samarra sarebbero “arabi provenienti da altri paesi”. La mobilitazione di milizie sciite sembra poter allargarsi con il passare delle ore. Charles Lister, esperto analista del Jane’s Terrorism and Insurgency Center (centro di una società con base a Londra che si occupa di cose militari), ha scritto che durante la preghiera del venerdì anche il Grande Ayatollah Ali al-Sistani – la più autorevole guida spirituale e politica dell’Iraq – ha invitato gli sciiti a prendere le armi contro l’ISIS.

 

Secondo fonti non confermate ma riportate dal Wall Street Journal e poi riprese da altri siti di news americani, anche l’Iran – la cui leadership è sciita come quella del governo del primo ministro iracheno Nuri al-Maliki – si è attivato per mandare in Iraq alcuni membri delle Guardie Rivoluzionarie, una forza militare istituita nel 1979 dalla appena nata Repubblica Islamica dell’Iran. Non sarebbe la prima volta che l’Iran si interessa direttamente degli affari dell’Iraq (l’avevamo spiegato bene qui).

Cosa stanno facendo gli Stati Uniti?
Negli ultimi giorni diversi analisti hanno osservato come uno dei motivi del crollo dello stato iracheno sia stato il ritiro delle truppe americane alla fine del 2011. Al momento del ritiro, i soldati americani non erano riusciti a portare a termine i loro più importanti obiettivi, cioè la ricostruzione delle istituzioni irachene e l’addestramento delle forze di sicurezza nazionali. In queste ultime ore l’amministrazione americana è tornata a interessarsi delle vicende dell’Iraq, anche a seguito di una richiesta di aiuto diretta del primo ministro al-Maliki.

Secondo il New York Times, l’amministrazione di Obama si sarebbe trovata impreparata ai gravi sviluppi degli ultimi giorni in Iraq. Riconoscendo che si tratta di una “situazione di emergenza” Obama si starebbe muovendo su diversi fronti, tra cui lo studio di possibili attacchi aerei contro le milizie sunnite. Per il momento comunque non è stata decisa alcuna azione specifica.

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