• Mondo
  • Martedì 4 febbraio 2014

E in Ucraina?

A Kiev le manifestazioni continuano: ora l'opposizione propone di tornare alla vecchia Costituzione e intanto la comunità internazionale si muove (ma poco, pochissimo)

Lunedì 3 febbraio il presidente dell’Ucraina, Viktor Yanukovych, è tornato da una pausa di quattro giorni per motivi di salute, vista dai suoi detrattori come una mossa per prendere tempo nella complessa e delicata crisi politica che sta interessando il paese. Alla stampa ha detto che negli ultimi mesi l’Ucraina ha subito l’estremismo di chi manifesta contro la sua presidenza e per mettere in atto una lotta per il potere: “Gli atti di vandalismo che stiamo vedendo durante il sequestro degli edifici governativi, gli appelli che stiamo sentendo, ci ricordano vecchie lezioni della storia. E non vogliamo che certe cose si ripetano”.

Da mesi l’opposizione e migliaia di manifestanti protestano contro Yanukovych e il governo, accusati di voler rafforzare i rapporti dell’Ucraina con la Russia a scapito delle possibili maggiori aperture democratiche e commerciali verso l’Unione Europea e l’Occidente: c’entrano tra le altre cose il fallimento dei negoziati per un trattato commerciale con l’UE, la prigionia della leader dell’opposizione Tymoshenko e il ricco accordo economico ed energetico siglato con la Russia durante le proteste. Le manifestazioni hanno portato al sequestro di diversi edifici pubblici, alla costruzione di barricate e tendopoli nel centro di Kiev e a duri scontri con la polizia, nei quali sono morte diverse persone.

Finora opposizione e manifestanti hanno ottenuto le dimissioni del governo e l’abolizione di una legge molto restrittiva contro le manifestazioni, approvata di recente. Il Parlamento aveva anche approvato un provvedimento di amnistia da applicare in cambio dello sgombero degli edifici occupati dai manifestanti a Kiev, che hanno però rifiutato l’offerta. Le opposizioni da settimane segnalano inoltre violenze da parte della polizia, e ci sono storie – difficili da confermare – di pestaggi e torture nei confronti di alcuni attivisti.

La protesta va avanti sia nel centro di Kiev, grazie ai manifestanti, sia in Parlamento, grazie all’attività dei partiti di opposizione a Yanukovych. E proprio questi ultimi hanno iniziato a fare pressioni per far votare ai parlamentari un ritorno alla Costituzione in vigore fino al 2004, che prevedeva maggiori poteri per il Parlamento riducendo quelli del presidente. Secondo Arsenij Jacenjuk, già ministro degli Esteri nel 2007, la vecchia Costituzione “cancellerebbe l’autorità dittatoriale del presidente e trasferirebbe il diritto di governare al paese e al popolo ucraino”. Al momento è improbabile però che l’opposizione riesca a ottenere in Parlamento i numeri per votare il ritorno alla precedente Costituzione.

Intanto nel centro di Kiev alcune migliaia di persone continuano a manifestare contro il governo e contro Yanukovych. Secondo la stampa locale nell’ultimo fine settimana una delegazione di manifestanti avrebbe incontrato Aleksand Yakimenko, il capo dei servizi di sicurezza ucraini, e Viktor Dubovik, viceministro degli Interni. Avrebbero concordato lo sgombero di alcuni edifici pubblici occupati da mesi e la rimozione delle barricate, a patto che prima siano liberati i manifestanti arrestati nel corso degli scontri di piazza. Non è chiaro se il patto sia stato formalizzato in qualche modo, né se le condizioni potranno essere raggiunte e mantenute dalle due parti nei prossimi giorni. Molti manifestanti sono contrari, perché la rimozione delle barricate li esporrebbe agli attacchi della polizia e porterebbe probabilmente allo sgombero con la forza delle manifestazioni.

Sul piano internazionale proseguono gli sforzi per incidere in qualche modo sulla crisi ucraina, sia dalla Russia sia da Ovest. Il governo russo si è impegnato a concedere all’Ucraina aiuti di vario tipo, compresi quelli energetici legati alle forniture di gas, per oltre 15 miliardi di dollari, a patto che il paese mantenga stretti rapporti con la Russia. Secondo l’Unione Europea e gli Stati Uniti si tratta di una chiara mossa per estendere l’influenza sull’Ucraina ed evitare che stringa nuovi patti commerciali con l’Occidente.

Martedì 4 febbraio la principale responsabile della politica estera europea, Catherine Ashton, è tornata a Kiev per incontrare delegazioni del governo e dell’opposizione, nel tentativo di risolvere la fase di stallo. L’Unione Europea è disposta a offrire un piano di aiuti alternativo a quello della Russia, ma solo se l’Ucraina approverà una serie di nuove riforme e si impegnerà a ristrutturare il proprio sistema economico. Insieme con gli Stati Uniti, l’UE sta anche valutando la possibilità di intervenire economicamente in cambio della nomina di un nuovo governo tecnico, che possa gestire una fase di transizione del potere e gli aiuti economici cui potrebbe contribuire il Fondo Monetario Internazionale. Victoria Nuland, assistente del Segretario di stato americano visiterà Kiev nei prossimi giorni per discutere nuove possibili soluzioni alla crisi ucraina.