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  • Venerdì 3 gennaio 2014

Le due città irachene controllate da al Qaida

Alcune parti di Falluja e Ramadi sono in mano agli estremisti sunniti di uno dei gruppi più violenti, presente anche in Siria: ci sono scontri e decine di morti

An armed Iraqi man stands guard as people gather to protest near the home of arrest Sunni Muslim MP Ahmed al-Alwani in Ramadi, west of Baghdad, on December 29, 2013. Iraqi security forces raided the home of a Sunni MP who backs anti-government protesters, arresting him on December 28, and sparking clashes that killed his brother and five guards, police said. AFP PHOTO/AZHAR SHALLAL (Photo credit should read AZHAR SHALLAL/AFP/Getty Images)
An armed Iraqi man stands guard as people gather to protest near the home of arrest Sunni Muslim MP Ahmed al-Alwani in Ramadi, west of Baghdad, on December 29, 2013. Iraqi security forces raided the home of a Sunni MP who backs anti-government protesters, arresting him on December 28, and sparking clashes that killed his brother and five guards, police said. AFP PHOTO/AZHAR SHALLAL (Photo credit should read AZHAR SHALLAL/AFP/Getty Images)

Giovedì 2 gennaio alcuni militanti sunniti vicini ad al Qaida hanno preso il controllo di Falluja e Ramadi (nella provincia nord-occidentale di Anbar), due delle città più importanti dell’Iraq: hanno sparato contro le stazioni di polizia, liberato diversi prigionieri dal carcere, occupato moschee e messo in piedi diversi posti di blocco. Il governo centrale di Baghdad, guidato dal primo ministro sciita Nuri al Maliki, aveva già cercato di fermare l’azione dei ribelli nei giorni scorsi inviando nuove truppe. Negli scontri che sono seguiti all’arrivo delle forze governative sono morte 108 persone, di cui 35 solo giovedì.

Tutto è iniziato alla fine di dicembre, quando diversi gruppi sunniti hanno occupato strade e ponti a Ramadi, per protestare contro la marginalizzazione dei sunniti all’interno del governo sciita di Nuri al Maliki (lo scontro tra sunniti e sciiti è molto forte in Iraq, e finisce spesso in violenze). Il 28 dicembre Ahmed al-Awalanium, parlamentare sunnita e oppositore del governo, è stato arrestato: l’episodio è stata la ragione delle proteste, che a loro volta però si sono trasformate con il passare dei giorni. Mentre all’inizio lo scontro era tra gruppi locali sunniti e forze governative, giovedì c’è stata l’importante infiltrazione di gruppi vicini ad al Qaida, che hanno preso il controllo di alcune parti di Falluja e Ramadi.

Il capo di un gruppo sunnita locale ha detto giovedì al New York Times che il governo iracheno ha iniziato a bombardare i rifugi dei militanti estremisti: «Abbiamo detto a tutte le famiglie di lasciare le loro case. Molte di loro hanno lasciato la città, ma altre sono ancora lì a causa dei violenti scontri. Abbiamo notizie che l’ospedale di Falluja è pieno di morti e feriti». Diversi gruppi locali sunniti hanno deciso di schierarsi con il governo, anche se sciita, considerandola un’opzione migliore rispetto al controllo di al Qaida. Ora la situazione è confusa: parti delle due città sono in mano agli estremisti di al Qaida, altre ai capi locali sunniti, altre ancora alle forze governative.

Falluja e Ramadi si trovano entrambe nella provincia nord-occidentale di Anbar, che confina con Siria, Arabia Saudita e Giordania. Durante l’invasione degli americani in Iraq nel 2003, e la guerriglia degli anni seguenti, Anbar fu uno dei più importanti terreni di scontro tra soldati statunitensi e militanti sunniti sostenitori di Saddam Hussein. La situazione era ancora più complicata dall’esistenza di diversi capi locali che diffidavano di un’autorità centrale, anche ai tempi di Saddam Hussein. Dopo il ritiro degli americani, la provincia è rimasta una roccaforte delle forze minoritarie sunnite (in Iraq la maggioranza della popolazione è sciita).

Negli ultimi anni gli esperti si sono occupati molto della regione di Anbar in relazione alle infiltrazioni di al Qaida – organizzazione prevalentemente sunnita – e per la nascita e il rafforzamento del gruppo terrorista “Stato islamico dell’Iraq e del Levante” (ISIS). L’ISIS è uno dei gruppi più forti e determinanti dal punto di vista militare che agiscono nella guerra in Siria: è schierato dalla parte dell’ampio e diviso fronte degli oppositori al presidente siriano Bashar al Assad, ma si è scontrato in diverse occasioni con un altro gruppo di ribelli, l’Esercito Libero Siriano, considerato dagli stati occidentali di orientamento moderato e unico rappresentante civile legittimo dell’opposizione siriana. L’ISIS viene considerato responsabile anche dell’occupazione di parte di Falluja e Ramadi.

La situazione in Iraq è quindi complicata due volte: all’interno del paese la divisione e le violenze tra sciiti e sunniti si sono intensificate negli ultimi anni, e nel 2013 sono rimaste uccise più di 8000 persone, il numero più alto di morti registrato dal 2008; nelle province di confine, specialmente quelle del nord come Anbar, la presenza di molti sunniti, le infiltrazioni di militanti estremisti vicini ad al Qaida e la vicinanza con la Siria in guerra hanno aumentato il livello degli scontri. In più le tensioni potrebbe aumentare ancora in vista delle elezioni parlamentari, fissate per il prossimo 30 aprile.