• Venerdì 26 luglio 2013

Breve storia dell’ostruzionismo

Com'è cominciato, in che modo viene regolamentato e cosa successe nella notte fra il 10 e l'11 febbraio 1980 alla Camera

di Luca Misculin – @LMisculin

Mercoledì 24 luglio il governo Letta ha deciso di porre il voto di fiducia sulla conversione in legge del cosiddetto decreto del “Fare”, dopo che le varie componenti dell’opposizione, e in particolare il Movimento 5 Stelle, avevano presentato più di 800 emendamenti alla legge, con l’intenzione di prolungare il più possibile il dibattito parlamentare e quindi di far ritardare o rinviarne l’approvazione: vari esponenti del M5S avevano poi dichiarato che anche al Senato, dove la legge deve essere approvata entro il 20 agosto, avevano intenzione di fare ostruzionismo. Nella notte fra giovedì e venerdì i deputati del M5S hanno effettivamente tenuto vari discorsi, prolungando la seduta per tutta la notte.

L’ostruzionismo è una pratica parlamentare che consiste nel tentare di bloccare l’approvazione di una legge mediante azioni di disturbo che ritardano o impediscono il voto – spesso discorsi molto lunghi o assenze estese dall’aula per far mancare il numero legale. Non è chiaro quale sia stata la prima azione ostruzionistica nell’epoca moderna, ma la pratica cominciò a diffondersi nei parlamenti europei nella seconda metà del diciannovesimo secolo: nei paesi in cui si parla inglese è nota con il termine filibustering e negli Stati Uniti veniva utilizzata già a partire dal 1841. Uno dei primi, eclatanti casi di ostruzionismo nell’epoca parlamentare fu quello di alcuni deputati irlandesi che, nel tentativo di attirare l’attenzione sui problemi del proprio paese, nel 1877 disturbarono l’approvazione al parlamento inglese di una legge riguardante il Sudafrica (che allora faceva parte del Commonwealth, l’organizzazione in cui erano compresi i paesi che facevano parte dell’Impero), facendo discorsi lunghi diverse ore e ritardando per giorni l’approvazione della legge.

Spesso forze di opposizione ricorrono a forme di ostruzionismo “blando”, che cioè non richiede un grande sforzo fisico e oratorio, ma che riguarda piuttosto il lato burocratico dei lavori parlamentari (un caso tipico è la presentazione di un numero spropositato di emendamenti, senza che questi vengano davvero discussi). Un’eccezione recente è rappresentata dal caso di Wendy Davis, una parlamentare democratica del Texas che per opporsi all’approvazione di una controversa legge statale sull’aborto ha parlato per circa dieci ore, rendendo così nulla la votazione sulla legge, che doveva tenersi entro la mezzanotte dello stesso giorno (la legge è stata poi approvata due settimane dopo).

L’ostruzionismo spesso sfrutta alcune lacune del regolamento parlamentare, oppure porta all’eccesso alcune concessioni che vengono fatte all’opposizione, e per questi motivi è molto difficile da regolamentare o impedire. In Italia, per esempio, alcune norme contro questa pratica sono state approvate nel 1997 e prevedono, per esempio, che i presidenti della Camera e del Senato abbiano la possibilità di accorpare la votazione riguardante più emendamenti molto simili, e prima di ogni discussione viene stabilita la durata massima dell’intervento di un singolo parlamentare (che in ogni caso non può superare i 45 minuti).

L’ostruzionismo in Italia
Il primo caso conosciuto in Italia accadde tra il 1899 e il 1900, quando durante il governo Pelloux il partito socialista si oppose all’approvazione di una legge per la pubblica sicurezza molto controversa, e andò avanti per mesi a proporre emendamenti, ordini del giorno e richieste di appello nominale volti a far ritardare il più possibile l’approvazione della legge. L’1 aprile 1900 l’allora presidente della Camera Giuseppe Colombo fece votare una modifica del regolamento della Camera secondo il quale il governo poteva stabilire la data e l’ora della votazione riguardo una legge, a prescindere dal numero di emendamenti discussi fino a quel momento.

Nel dopoguerra ci furono altri casi notevoli di ostruzionismo parlamentare, il primo dei quali fu quello del Partito Comunista Italiano che 1949 si oppose all’entrata dell’Italia nel Patto Atlantico. Nel 1974 fu la Democrazia Cristiana a fare ostruzionismo durante la discussione sulla legge sul divorzio; il capogruppo alla Camera era all’epoca Giulio Andreotti, che anni dopo si vantò del fatto che il suo partito era riuscito a far durare la discussione circa sei mesi.

Più recentemente l’ostruzionismo divenne molto praticato dai parlamentari del Partito Radicale, sempre attenti al rispetto delle regole istituzionali ma anche al loro utilizzo strumentale; nel 1980 il governo Cossiga aveva proposto una legge che permetteva alla polizia di ricorrere al fermo prolungato di un sospetto anche per casi in cui non fosse provato il reato di “tentativo di delitto”. Sedici deputati radicali presentarono 7500 emendamenti e riuscirono a parlare per circa 95 ore, con singoli interventi più lunghi di otto ore.

Ma il discorso più lungo di sempre alla Camera fu tenuto da Marco Boato, all’epoca deputato del Partito Radicale e famoso esperto di regolamenti parlamentari, che nel 1981 si oppose a un’altra legge che riguardava il fermo prolungato da parte della polizia: Boato iniziò a parlare alle 20.10 del 10 febbraio e concluse alle 14.15 del giorno seguente, parlando ininterrottamente per 18 ore e 5 minuti. Mattia Feltri racconta che Boato e Massimo Teodori, un altro deputato radicale che in quegli stessi giorni fece un discorso di poco più corto del suo, «per prepararsi avevano trascorso settimane alla biblioteca della Camera. Stesero tracce di pagine e pagine». Il regolamento infatti impediva ai deputati di leggere un discorso scritto, e prevedeva che restassero in tema e che non si appoggiassero mai al banco. Boato inoltre ha detto a Panorama che quella volta ebbe vari «momenti di cedimento, soprattutto nella notte, con le gambe che non reggevano».

Racconta il sito di Radio Radicale:

Il vicepresidente Luigi Preti, trovandosi a presiedere l’Assemblea durante la notte del 10-11 febbraio 1981, occupata da Boato, ricorse al binocolo per verificare se l’oratore si servisse di appoggi o tentasse di sedersi, e gli negò più volte di sorseggiare un cappuccino, attenendosi strettamente al regolamento, che ammette soltanto l’uso di acqua zuccherata.

Alcuni parlamentari alla Camera durante un episodio di ostruzionismo, nel 2004, foto: Mauro Scrobogna / Lapresse