• Mondo
  • Mercoledì 24 luglio 2013

I documenti del caso Shalabayeva

Li ha letti il Post, sembrano dire che le informazioni sull'identità di Shalabayeva siano andate perse tra Interpol italiana e questura di Roma

Il Post ha letto i documenti allegati alla relazione del capo della polizia Alessandro Pansa, e depositati alla Commissione Diritti Umani del Senato il 16 luglio, relativi al caso dell’espulsione della cittadina kazaka Alma Shalabayeva e della figlia Alua di 6 anni, rispettivamente moglie e figlia dell’oppositore kazako Mukhtar Ablyazov. I documenti ricostruiscono parzialmente, anche se non in maniera esauriente, gli scambi di mail e di note avvenuti tra i diversi organi coinvolti nel caso Shalabayeva: si tratta di documenti raccolti in diversi allegati e datati dal 28 maggio, giorno precedente alla prima irruzione nella villa di Casal Palocco, nella periferia di Roma, fino a metà luglio; riguardano sia la ricostruzione dei fatti che hanno portato all’espulsione di Shalabayeva, sia le ricostruzioni successive degli organi di polizia italiani.

Rispetto a quanto scritto finora sembra esserci un’importante novità, che nella migliore delle ipotesi – cioè quella che non porta a pensare ad alcun atto volontario da parte delle autorità italiane nel voler deportare Shalabayeva in Kazakistan nonostante non ci fossero le condizioni sufficienti per farlo – è spiegata da una grave inefficienza negli organi di polizia nazionali.

 

La prima nota contenuta nella documentazione è del 28 maggio (documento 1), ed è quella che l’ufficio Interpol del Kazakistan ha mandato all’Interpol italiana, con oggetto “Red Notice” riferito a Ablyazov: “Red Notice” è un codice usato dall’Interpol per arrestare persone ricercate per crimini commessi nel paese richiedente con l’obiettivo di estradare il ricercato. In questa prima nota, contrassegnata come “22/3 – 1614”, si segnalano i reati di cui è accusato Ablyazov e si cita anche il nome di Alma Shalabayeva, identificandola come moglie di Ablyazov, dicendo che potrebbe trovarsi nella stessa villa di Casal Palocco dove si sospetta si sia nascosto il marito.

L’Interpol italiana era quindi a conoscenza dell’esistenza della donna. Non solo: poco dopo la prima nota, arriva una seconda nota (a cui ci si riferisce nel documento 2) dall’Interpol kazaka che, oltre a ribadire che Shalabayeva si potrebbe trovare nella villa di Casal Palocco insieme al marito, dice anche che la donna è ricercata dalla giustizia kazaka. Il Kazakistan chiede alle autorità italiane di deportarla, segnalando che Shalabayeva potrebbe essere anche in possesso di un passaporto falso della Repubblica Centrafricana.

Stranamente, nel documento seguente (documento 3) alla nota kazaka, quello che l’Interpol italiano inoltra alla Questura di Roma, il nome della donna non viene citato: si fa il nome di Ablyazov e di altri cittadini kazaki, con relativi numeri di passaporti, ma non si fa cenno a Shalabayeva. In pratica, sembra che l’informazione dell’esistenza della moglie di Ablyazov si perda nelle comunicazioni interne tra l’Interpol italiana e la questura di Roma. Anche se non è possibile verificare con certezza lo sviluppo dei fatti – i documenti non sono completi, come dimostra la mancanza della seconda nota dell’Interpol kazaka – questa ricostruzione sembra avallata anche da un altro documento: si tratta del resoconto della prima irruzione (documento 4), che la questura di Roma manda alla Direzione centrale della polizia criminale il 29 maggio.

Nel documento la questura si riferisce più volte a Shalabayeva con il nome di Ayan Alma – che come è stato detto nei giorni scorsi è un nome falso, ma riportato sul passaporto diplomatico centroafricano per coprire la vera identità di Shalabayeva, cioè per ragioni di sicurezza che è prassi prendere nel caso dei rifugiati politici. Solo in un passaggio si cita il nome vero di Shalabayeva:

«Relativamente alla posizione Ayan Alma sono sorte delle evidenti incongruenze emerse ictu oculi dai primi accertamenti effettuati sulla banca Interforze SDI.
Infatti in data 05.08.2008, risulta un controllo di Ablyazov Mukhtar presso l’aeroporto di Olbia (SS) allorquando, proveniente da Mosca, fu controllato con Shlabayeva Alma, nata il 15.08.1966, in Kazakistan. Inoltre l’Ambasciata del Kazakistan confermava [documento 5] che Ablyaov Mukhtar conviveva proprio con Shlabayeva Alma, meglio sopra identificata.»

Anche la richiesta di informazioni al ministero degli Esteri del 29 maggio si riferisce al nome “Ayan Alma”, come si legge dalla risposta inviata dallo stesso ministero alla questura (documento 6). Da questi documenti sembra che la questura non fosse a conoscenza delle informazioni trasmesse dall’Interpol kazaka a quella italiana: sarebbe inspiegabile altrimenti il motivo per cui la polizia avrebbe fatto dei controlli su un nome che sapeva essere falso già dal giorno prima. Mercoledì il ministro degli Esteri Emma Bonino ha riferito alle commissioni riunite Esteri e Diritti umani sul caso Shalabayeva, dando per la prima volta la sua versione dell’accaduto.