La Corte Costituzionale ha bocciato la riforma delle province

Quella del governo Monti, che di fatto era già bloccata: la Corte ha detto che le riforme non si possono fare con i decreti legge

Mercoledì 3 luglio la Corte Costituzionale ha dichiarato l’incostituzionalità della riforma delle province approvata in diversi passaggi dal governo Monti. La Corte Costituzionale ha detto – accogliendo il ricorso di 8 regioni – che la riforma delle province non è una cosa che si possa fare tramite un decreto legge, ovvero quello strumento che il governo ha per gestire “casi straordinari di necessità e urgenza” e che permette alle misure di diventare immediatamente operative (con la necessità poi di una conversione in legge del Parlamento). I principali provvedimenti con cui il governo Monti aveva deciso la riforma, infatti, erano decreti legge.

Il primo fu il decreto “Salva-Italia”, che stabilì l’abolizione dei consigli provinciali e la riduzione delle competenze per quell’ente locale. Poi ci fu il decreto sulla spending review, ai primi di luglio del 2012, con cui si annunciava il dimezzamento del numero di province con criteri ancora da definire. A ottobre ci fu poi un altro decreto legge dedicato nello specifico alle province, con la presentazione di una famosa mappa che mostrava il nuovo assetto amministrativo italiano.

Di fatto, però, la riforma era già bloccata: con la crisi del governo Monti, tra le varie cose che erano state bloccate, c’era anche la conversione in legge di quest’ultimo decreto, mentre un emendamento della legge di stabilità approvato a dicembre 2012 ha rimandato di un anno, al primo gennaio 2014, l’abolizione dei consigli provinciali. Nel frattempo, Sicilia e Sardegna – regioni a statuto speciale e per questo escluse dalla riforma Monti – hanno preso iniziative autonome per abolire le province, che non sono toccate dalla sentenza di ieri della Corte Costituzionale.

Stop della Consulta al taglio e alla riforma delle Province. La Corte ha accolto il ricorso di 8 Regioni e dichiarato l’incostituzionalità delle misure con cui il Governo Monti aveva provato ad avviare, in due step, il riordino degli enti di area vasta.

Le norme bocciate
I giudici costituzionali hanno dichiarato l’incostituzionalità, da un lato, dell’articolo 23 del decreto salva-Italia che trasformava le amministrazioni provinciali in organismi di secondo livello e, dall’altro, degli articoli 17 e 18 della spending review che disponevano la cancellazione di quelle con meno di 350mila abitanti e un’estensione di 2.500 chilometri quadrati. Una riforma che peraltro era stata congelata fino al 31 dicembre 2013 dalla scorsa legge di stabilità.

Quagliarello: riformare il titolo V
«L’odierna sentenza della Corte Costituzionale sulle province rende ancora più importante intervenire attraverso le riforme costituzionali sull’intero Titolo V, in particolare per semplificare e razionalizzare l’assetto degli enti territoriali». Lo dichiara il ministro per le Riforme costituzionali Gaetano Quagliariello.

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Foto: Vincenzo Coraggio / LaPresse