E le province?

Facciamo un po' d'ordine su una questione eterna, l'abolizione delle province, e su cosa dice in tema il decreto del governo sulla spending review

La questione dell’abolizione o della riduzione delle province – annunciata, promessa, modificata, ritirata – ritorna con una certa frequenza nel dibattito politico italiano. Fu tra i protagonisti della fase finale del governo Berlusconi, quando un giorno sembrava fatta e il giorno dopo si cambiava tutto. Anche il governo Monti aveva provato con la prima manovra ad abolire le giunte provinciali, aggirando la necessità di agire per legge ordinaria, trovandosi poi costretto a fare marcia indietro nel timore di ricorsi di massa.

Dopo mesi che ne parliamo la situazione è ferma esattamente a dov’era uno o due anni fa: nel senso che le 109 province italiane sono ancora lì. Fa eccezione la Sardegna, che si è mossa diversamente e dopo l’approvazione di un referendum lo scorso maggio ha avviato l’iter per l’abrogazione di quattro province.

Ora ci risiamo: nel decreto legge sulla spending review approvato stanotte dal governo, che dovrà essere convertito in legge entro sessanta giorni dal Parlamento, ritorna il tema della riduzione delle province. A leggere i giornali di oggi, però, il caos rimane: il Messaggero titola “Tagliate le province”, il Mattino titola “Salve le province”, così come il Giornale di Brescia. Il caos ha portato la Stampa a ribattere nella notte la sua prima pagina e cambiare il titolo di apertura: quello iniziale era “Province dimezzate entro l’anno”, è diventato “Sanità e tribunali, ecco i tagli”, senza alcun riferimento alle province. In realtà, letto il lungo comunicato del governo sulla spending review, la questione è meno intricata di quanto possa sembrare.

(La spending review in 22 punti, brevi)

Il decreto sulla spending review, dice il governo, ha “l’obiettivo di dimezzare il numero attuale” delle province. La riduzione avverrà “sulla base di due criteri: il primo è la dimensione territoriale, il secondo è la popolazione”. Il punto è che la definizione esatta dei parametri “sarà completata entro 10 giorni dalla data di entrata in vigore del decreto, con apposito provvedimento del Consiglio dei Ministri”. A questa procedura parteciperanno anche gli enti locali, con un “ruolo attivo”: il governo farà la propria proposta, il Consiglio delle autonomie locali entro 40 giorni “la approva”, dice il comunicato, lasciando intendere che i criteri potranno essere modificati. Il governo dice che gli accorpamenti saranno completati entro la fine dell’anno.

Ci sono altre cinque cose da sapere, importanti:

– i comuni capoluogo di regione sono esclusi dagli interventi di accorpamento e riduzione.

– entro il primo gennaio 2014 saranno istituite le benedette città metropolitane, di cui si parla da anni, che saranno dieci: Roma, Torino, Milano, Venezia, Genova, Bologna, Firenze, Bari, Napoli, Reggio Calabria. Le province di queste città saranno soppresse.

– le province che restano avranno le seguenti competenze: ambiente (soprattutto per il settore discariche); trasporti e viabilità (anche per quanto riguarda la costruzione, la classificazione e la gestione delle strade). Tutte le altre competenze vengono devolute ai comuni.

– i trasferimenti di denaro dallo Stato alle province saranno ridotti di 500 milioni di euro per il 2012 e di un miliardo di euro dal 2013 in poi.

– le province non potranno assumere personale a tempo indeterminato finché non si darà attuazione alla loro riduzione e razionalizzazione.