Una fondazione per la RAI

Anche i pubblicitari chiedono che la RAI sia cambiata, e anche con un canale senza pubblicità

Lorenzo Sassoli De Bianchi, presidente dell’UPA (Unione Pubblicitari Associati), ha scritto una lettera al Corriere della Sera intervenendo sul dibattito sulla riforma della RAI. La cosa degna di nota, oltre a un generale buon senso delle proposte, è che emerge che anche ai pubblicitari la RAI appaia oggi “indifendibile”, fino al punto da chiedere un canale senza pubblicità.

Caro direttore, quando la Rai diventa indifendibile anche agli occhi di chi investe centinaia di milioni di euro in pubblicità, quello è il momento in cui è inutile continuare ad attaccarla. E cominciare a lavorare a una sua nuova architettura. Abbiamo deciso di intervenire nel dibattito sulla Rai con un’articolata proposta sul futuro della maggiore industria culturale italiana, il luogo in cui si è specchiata la nostra vita pubblica e privata, il grande collante culturale che ci ha dato una lingua e unito il Paese, producendo uno straordinario giacimento di contenuti e di memoria nazionale.

L’insieme degli investimenti dei nostri associati sui canali Rai costituisce all’incirca la metà del fatturato della stessa Rai. Rappresentiamo responsabilmente il principale elemento di mercato nel sistema dei media e riteniamo che il progresso del Paese debba coinvolgere anche una Rai in cui le logiche commerciali non soffochino le ambizioni di crescita civile connaturate nel ruolo di una tv pubblica.

Abbiamo commissionato una ricerca fra gli esperti del mondo della comunicazione, per capire le ragioni della lunga crisi dell’emittente pubblica e quali siano le sue prospettive, seguendo il metodo virtuoso della Bbc che partì da una ricerca per risolvere la sua profonda crisi. Le valutazioni emerse sono molto critiche, anche se non sono mancati giudizi positivi e indicazioni di punti di forza condivisibili.

La vera sorpresa è stata l’indicazione prevalente sul futuro assetto societario: «La Rai deve restare pubblica». Secondo la quasi totalità degli intervistati infatti la Rai dovrebbe essere gestita con criteri di maggiore efficienza, ma il servizio televisivo pubblico resta una garanzia democratica e un veicolo attivo di pluralismo.

(continua a leggere sul sito del Corriere)

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