Che facciamo con la Siria?

Per il momento, scrive Adriano Sofri su Repubblica, "non stiamo facendo pressoché niente"

Adriano Sofri su Repubblica invita “noi, persone, l’opinione pubblica” a occuparsi di quanto sta accadendo in Siria.

C’è una domanda: “Che cosa faremmo noi se fossimo nei panni di governanti o responsabili internazionali di fronte al massacro perpetrato giorno dietro giorno, da undici mesi, in Siria?” C’è un altro modo di formulare la domanda: “Che cosa faremmo, che cosa possiamo fare noi, nei nostri panni?”

Le due domande sono legate. Quello che noi – le persone, l’opinione pubblica – potremmo fare, si proporrebbe di esercitare un’influenza sulle scelte di governanti e responsabili internazionali. Di chi può decidere. Ma intanto bisogna constatare qualcosa che viene prima di quelle domande: che noi, persone, opinione pubblica, non stiamo facendo pressoché niente di fronte al massacro siriano. Qualche iniziativa “pacifista” – raccolte di firme, cose così – vede all’opera in Siria un disegno di provocazione “imperialista”, rifiuta di riconoscere una responsabilità del regime, rivendica una “neutralità” internazionale, vuole sventare una “guerra contro la Siria”, come se esistesse oggi “una” Siria. Per il resto, pigrizia e distrazione regnano. Naturalmente, “noi” non siamo mai adeguati alle violenze che si compiono sulla terra, e c’è una buona dose di retorica nel denunciare volta per volta questa inadeguatezza di fronte a iniquità e guerre milionarie. Tuttavia deve esistere un metro per le nostre reazioni. In Siria si ammazza all’ingrosso, e si gioca la partita decisiva di quel sommovimento inaspettato e imprevedibile che ha sconvolto il mondo arabo.

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