La manovra riduce i tagli alla politica

Nel testo approvato al Senato c'è un bello sconto per i tagli alle indennità dei parlamentari e all'incompatibilità con altri incarichi

Nel testo della manovra economica approvato ieri al Senato c’è un bello sconto per i tagli ai cosiddetti “costi della politica”, segnatamente alcuni privilegi economici di deputati e senatori, che sono stati molto ridotti rispetto a quanto inizialmente annunciato e promesso dal centrodestra.

Sorpresa: l’emendamento del governo che rafforza l’entità della manovra, con l’aumento dell’Iva, e la sua equità, con il contributo sui super-ricchi e l’anticipo della pensione a 65 anni delle donne, fa anche un bello sconto a ministri, deputati e senatori.

In attesa del promesso disegno di legge costituzionale per il dimezzamento del numero dei parlamentari, che forse non arriverà neanche oggi sul tavolo di Palazzo Chigi, l’articolo 13 della manovra sui costi della politica è stato abbondantemente rivisitato. Con una bella riduzione del taglio delle indennità dei membri di Camera e Senato, almeno sei volte di meno rispetto a quanto previsto nel testo originario, e l’ammorbidimento dell’incompatibilità del loro mandato con gli altri incarichi pubblici.

Tanto per cominciare, il taglio delle retribuzioni o delle indennità di carica dei componenti degli organi costituzionali (il 10% per la parte eccedente i 90 mila euro, il 20% su quella che supera i 150 mila), non si applicherà più da domani e per sempre, ma solo per quest’anno, il prossimo, e il 2013. E dalla sforbiciata, grazie alla modifica approvata ieri con il voto di Palazzo Madama, vengono fatti salvi «la presidenza della Repubblica e la Corte costituzionale».

Cosa che ha fatto infuriare il viceministro delle Infrastrutture, Roberto Castelli, contro i «boiardi» della Consulta e del Quirinale, che ha risposto per le rime. Spiegando che il Colle è estraneo alla formulazione della norma, che è il governo che semmai deve dare chiarimenti, e che, in ogni caso, ai dipendenti della presidenza della Repubblica «già si applica il contributo di solidarietà a suo tempo introdotto per la pubblica amministrazione». Che, per onor di cronaca, è pari alla metà: il 5% oltre i 90 mila euro, il 10% oltre i 150 mila.

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