Il governo coi bigliettoni

Mattia Feltri sulle disinvolture di Berlusconi e Tremonti col denaro contante

Nelle pagine dei commenti della Stampa, Mattia Feltri riflette sulle incredibili abitudini emerse nelle ultime settimane riguardo all’uso e distribuzione di contanti da parte di Silvio Berlusconi (e Giulio Tremonti): «lui e l’esecutivo che presiede vivono nell’assurda ambiguità di considerare lo Stato un avversario anche quando lo Stato sono loro, e lo raggirano da furbetti, e fin nelle piccinerie».

Il saggio Giulio Tremonti qualche tempo fa diceva che se in America circoli con il contante in tasca ti fanno pedinare dall’Fbi.
Lo diceva quando ancora erano ignote le sue bizzarre forme di pagamento dell’affitto: 4 mila euro cash al collaboratore Marco Milanese. Il reggente dell’Economia scrisse ai quotidiani per spiegare come disponesse di tanti liquidi: 2 mila e quattrocento euro di stipendio ministeriale corrisposto alla vecchia maniera, un euro sull’altro, e i restanti mille e seicento che egli si ritrovava qui e là, in tasca e sul comò perché, se abbiamo ben capito, fu titolare di uno studio molto ben avviato. Tremonti, che senz’altro non ha pagato la pigione in nero e senz’altro disporrà delle ricevute, ebbe almeno la prudenza di rispettare le norme antiriciclaggio che – prima della manovra di Ferragosto con cui si è abbassata la soglia ai duemila e cinquecento euro – fissavano a cinquemila il limite oltre il quale è vietato saldare in banconote. Però fece impressione immaginare il ministro dell’Economia mentre le ripone sul tavolo, come i cumènda di una volta, che estraevano dalla tasca dei fogli da diecimila lire delle dimensioni di una federa (occhio però a non scordare un superlativo Tonino Di Pietro che restituì ad Antonio D’Adamo 100 milioni di lire in una scatola di scarpe).
Tutto roba da dilettanti, come sempre succede, se paragonata alle disinvolture contabili di Silvio Berlusconi. «Io non ho liquidi, intanto perché faccio beneficenza e non lo dico», raccontò il premier nella primavera del 2008. A parte che si rimane per ore a riflettere sulla frase «faccio beneficenza e non lo dico», a parte che tutti quelli accolti nelle prossimità di Berlusconi attestano la sua generosità, a parte i denari elargiti alle ragazze delle notti bungabunghesche, a parte i finanziamenti ai Lele Mora, a parte gli incerti confini che separano la regalia dal ricatto (o dal timore di esserne vittima), a parte tutto questo, salta fuori il solito Berlusconi allegramente sprezzante, anzi noncurante di qualsiasi regola, comprese quelle da lui stabilite.

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