Adiòs Zapatero

Concita De Gregorio ritorna a Repubblica e racconta da Madrid la fine di un'era politica

Concita De Gregorio è ritornata a Repubblica, che aveva lasciato nel 2008 per andare a dirigere l’Unità, e oggi un suo articolo apre la sezione R2 del quotidiano. È scritto da Madrid e parla della fine dell’era politica di José Luis Rodríguez Zapatero.

Sarà come se i nonni ereditassero il paese dai nipoti. Una cosa inconcepibile, contro le ragioni del tempo. Abbiamo scherzato. Ci abbiamo provato, avete visto, ma abbiamo perduto. Adiòs, Zapatero. È stata una lunga allegria, poi una lunga agonia. Non bisognerebbe mai illudersi, lo insegnano le favole popolari: i “giorni del vino e delle rose”, come si dice qui, lasciano la testa pesante e odore di fiori che marciscono. “Il tempo è un veliero”, Garcia Lorca si impara a memoria in terza elementare, non c’è chi non sappia in questo Paese in cui niente è come sembra che il tempo vira e va nella direzione del vento, e non sempre è in avanti. Chiunque vinca, adesso, sarà una seconda linea di seconda mano ripescata dal passato. L’erede di Fraga, dunque di Franco: lo scialbo Rajoy, il cauto, che dopo tante sconfitte potrebbe trovare un varco nel disorientamento del Paese, nella disillusione. Il donchisciotte Rubalcaba, ministro di Felipe Gonzalez, una figura che pare uscita da un quadro di El Greco, il profilo di cera che cola, un dongiovanni dalla prosa barocca che riprende in mano il bandolo del socialismo anni Ottanta e prova a trasformare la sconfitta all’orizzonte in una gara da giocare, la sua ultima partita. Due uomini che quando Zapatero era ancora un deputato di Leòn, che è come dire di Vercelli, già governavano la transizione, già concordavano l’educazione democratica di un Paese appena uscito dalla dittatura, coi pesanti compromessi del caso. È dura per un uomo che aveva quarant’anni quando è arrivato al governo promettendo la rivoluzione gentile, il sogno, la cimosa che cancella la lavagna e la lascia vuota per chi ha coraggio e talento, le donne i giovani, la nuova Spagna, il futuro, è dura uscire da una porta secondaria lasciando seduti a contendersi il suo posto in punta di fioretto due campioni stanchi di un’epoca che pareva scomparsa mentre il mondo, là fuori, reclama giustizia e diritti, una politica nuova, gli indignati per strada, il Paese intero in rivolta.

La maggioranza detesta chi gioca in proprio la sua partita fuori dalle regole della diligenza e del compromesso. Guardatevi attorno, è vero ad ogni latitudine, in ogni schieramento. La classe politica premia chi ha soldi e dunque influenza su chi ne ha, o chi è talmente mediocre da potersi manovrare.
Zapatero non è né l’uno né l’altro, inoltre ha sbagliato alcuni passaggi decisivi.

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