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  • Martedì 26 luglio 2011

Perché Irlanda e Vaticano litigano

La storia che ha portato al forte attacco del premier Enda Kenny e alla decisione del Vaticano di richiamare a Roma il proprio nunzio apostolico

La crisi diplomatica tra Irlanda e Vaticano continua a peggiorare. Dopo l’attacco del premier irlandese Enda Kenny, che ha accusato il Vaticano di non avere preso misure adeguate per fermare gli abusi sessuali dei preti cattolici sui minori, il Vaticano ha deciso ieri di richiamare a Roma il suo ambasciatore in Irlanda. «Il parlamento irlandese ha detto quello che doveva dire, ora spetta al Vaticano fare qualcosa», ha commentato ieri sera un portavoce del governo irlandese.

Il portavoce del Vaticano, Federico Lombardi, ha detto che la ragione del richiamo a Roma dell’ambasciatore è dovuta esclusivamente alla necessità di «consultazioni» in vista di una risposta ufficiale alle accuse formulate dal governo irlandese. «Dato che il richiamo di un nunzio apostolico è cosa molto rara, è chiaro che la situazione è molto seria. Così come la volontà della Santa Sede di confrontarla con oggettività e determinazione, nonostante una certa dose di sorpresa e fastidio di fronte all’eccesso di certe reazioni». Il premier irlandese aveva detto che il rapporto tra la Chiesa cattolica e lo stato irlandese non sarebbe più potuto essere lo stesso e accusato il Vaticano di elitismo, narcisismo e distacco dalla realtà.

Il governo irlandese ha basato le sue accuse sui risultati di un rapporto pubblicato la scorsa settimana, in cui è emerso che il Vaticano aveva cercato di coprire gli abusi avvenuti nella diocesi di Cloyne dal 1996 al 2009. Secondo il rapporto il vescovo John Magee, a capo della diocesi di Cloyne dal 1987, non aveva adottato misure sufficienti per risolvere il problema nella propria diocesi esponendo così i bambini a nuovi potenziali abusi. Il suo comportamento era allineato alle richieste del Vaticano che nel 1997 aveva inviato un documento ai vescovi dell’Irlanda per indurli a non denunciare i casi di pedofilia nella Chiesa alle forze di polizia e a gestire internamente i casi di abuso contro i minori, stabilendo punizioni per i possibili colpevoli. Lo scandalo aveva portato alle dimissioni di Magee dello scorso marzo.

Lo scandalo dei preti pedofili in Irlanda emerse per la prima volta con la pubblicazione del rapporto Ryan nel maggio del 2009, dopo una lunga inchiesta condotta da una commissione governativa sugli abusi compiuti da rappresentanti della Chiesa Cattolica a partire dal 1936. Il rapporto raccontava gli orrori e le sevizie a cui erano sottoposti i bambini negli istituti gestiti e controllati da ordini religiosi: maltrattamenti, violenze sessuali, abusi sistematici e un costante clima di terrore. Le testimonianze – raccolte nelle 3.500 pagine pubblicate in 5 volumi – descrivevano nei dettagli gli abusi subiti. Un secondo rapporto – il cosiddetto rapporto Murphy, pubblicato sei mesi dopo – aveva poi ulteriormente chiarito il ruolo della Chiesa irlandese nella copertura degli abusi. Dai documenti emergeva come i vertici della Diocesi di Dublino fossero preoccupati esclusivamente di evitare che lo scandalo diventasse pubblico, con le possibili conseguenti richieste di risarcimento: dietro ogni sacerdote pedofilo c’era la figura di almeno un vescovo che sapeva quanto era accaduto.

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