• Mondo
  • Venerdì 3 giugno 2011

Perché la guerra in Libia non finisce più

Foreign Policy spiega le sei ragioni dello stallo, che durerà

La fine della guerra in Libia sembra ancora lontana. La battaglia sul campo resta molto equilibrata nonostante il parziale consolidamento delle forze ribelli, e il regime di Gheddafi non ha nessuna intenzione di cedere nonostante il numero di defezioni al suo interno continui ad aumentare. La NATO ha appena esteso di 90 giorni la sua missione militare, e per le forze dell’alleanza si prospetta un impegno molto più lungo del previsto. Foreign Policy spiega in sei punti quali sono i motivi dello stallo.

Le forze della NATO e i loro alleati libici hanno ottenuto alcuni risultati importanti su Gheddafi. Otto alti ufficiali dell’esercito centrale hanno abbandonato il colonnello. I ribelli hanno cacciato le truppe di Gheddafi da Misurata, mettendo fine all’assedio soffocante di una delle città geograficamente più strategiche della Libia. Eppure, nonostante questi avanzamenti, nessuno sembra in grado di spezzare lo stallo militare in cui è finita la Libia occidentale.

La NATO non sta cercando di portare a una completa sconfitta l’esercito di Gheddafi, cosa che richiederebbe un impegno militare notevolmente superiore rispetto a quello attuale. Il suo obiettivo è piuttosto quello di portarlo alla resa, o al collasso dall’interno. I bombardamenti contro il quartier generale di Gheddafi a Tripoli, oltre a voler minare le capacità di controllo del regime libico, hanno anche l’obiettivo di colpire Gheddafi e le altre figure chiave del governo. Allo stesso tempo, i finanziamenti internazionali e l’assistenza militare fornita alle scalcinate forze dei ribelli stanno cercando di rafforzare la rivolta contro il regime. Ma colpire i leader del regime dall’alto è difficile e fino a questo momento Gheddafi sta mostrando una capacità di resistenza e una risoluzione molto maggiori di quello che molti interventisti si aspettavano.

La posta in gioco è asimmetrica
Per la NATO la guerra in Libia è una missione umanitaria, per il regime di Gheddafi è questione di vita o di morte. La recente incriminazione di Gheddafi da parte del Tribunale Penale Internazionale lo lascia ancora di più senza alternative se non lottare fino alla fine. Tutto questo significa che il colonnello farà tutto quello che è in suo potere per cercare di farcela, mentre gli Stati Uniti e i loro alleati probabilmente no. E Gheddafi lo sa.

Il collasso dall’interno
Le recenti defezioni di alcuni alti ufficiali dell’esercito di Gheddafi hanno fatto sperare alla NATO che il regime potesse crollare presto dall’interno. Ma la verità è che in oltre quarant’anni di regime Gheddafi è riuscito a creare una cerchia molto fedele intorno a sé, mettendo molti suoi familiari a capo delle posizioni più importanti del governo, mettendo le fazioni rivali le une contro le altre e disseminando spie a ogni livello della struttura militare e di governo. Certo, la promessa dei ribelli che sarà garantita l’amnistia a chi passerà dalla loro parte è un buon incentivo per abbandonare il regime, ma la chiave principale per favorire ulteriori diserzioni resta quella delle vittorie militari, che ancora scarseggiano.

I problemi della coalizione
Costruire e tenere insieme una coalizione richiede un duro lavoro diplomatico, e di solito limita la forza che la coalizione può usare. Ogni membro della coalizione ha diritto di esprimere un parere su come le operazioni vengono condotte, quali obiettivi possono essere colpiti e come le forze devono essere usate. Francia e Gran Bretagna vorrebbero allargare il coinvolgimento militare mentre la Norvegia preferirebbe trovare un accordo politico. Altri paesi, tra cui la Cina, chiedono invece di limitarsi a proteggere i civili senza arrivare a un cambiamento di regime. Gheddafi naturalmente sta sfruttando questi contrasti. Le sue cicliche promesse di cessate il fuoco e le sue enfatiche dichiarazioni su vaghe e improbabili «porte aperte verso la pace» hanno il solo obiettivo di creare ulteriori divisioni all’interno della coalizione NATO.

Le vittime
Le operazioni militari della NATO sono condotte per ridurre al minimo le vittime nelle proprie file. La questione è particolarmente sensibile soprattutto per gli Stati Uniti, ancora impegnati nel conflitto in Afghanistan, e ancora memori di quello che accadde in Somalia nel 1993, quando diciotto loro soldati furono brutalmente assassinati accelerando il loro ritiro dalla missione (quella fallimentare operazione è al centro del film di Ridley Scott Black Hawk Down). Poi c’è il problema delle vittime civili, un altro degli aspetti che Gheddafi sta cercando di sfruttare al massimo per creare fratture all’interno della coalizione internazionale. Il regime libico ha più volte accusato la NATO di avere ucciso civili con i suoi bombardamenti e a Misurata ha spesso usato scudi umani per proteggere obiettivi strategici.

Il tempo
L’obiettivo dichiarato della missione militare della NATO è il cambio di regime. Per farlo deve necessariamente sbloccare la situazione di stallo militare in cui è finito il paese. Gheddafi invece deve solo cercare di prolungare questo stallo il più possibile, perché il tempo è dalla sua parte: se riuscirà a resistere abbastanza a lungo, probabilmente europei e americani alla fine si ritireranno.

La politica nazionale
Dopo l’esperienza in Iraq e in Afghanistan, gli Stati Uniti non hanno nessuna voglia di partecipare a un nuovo conflitto militare che comporti un impegno su terra. Obama ha detto più volte che la possibilità di inviare soldati in Libia non esiste. Questa precisazione è stata inevitabile per la necessità di rassicurare il popolo americano – secondo i sondaggi il 43 percento della popolazione non vede favorevolmente la missione in Libia – e per evitare potenziali tensioni politiche interne. Ma in questo modo ha detto esplicitamente a Gheddafi quali sono i limiti militari della loro partecipazione all’intervento. Secondo Foreign Policy invece la coalizione dovrebbe assumersi in maniera credibile la responsabilità di una possibile escalation militare. Gli Stati Uniti sono quelli più vincolati, perché nel 2012 ci sono le elezioni presidenziali. Ma Francia e Gran Bretagna potrebbero spingere in questa direzione. La recente decisione di questi ultimi governi di impiegare anche elicotteri in Libia sembra indicare un primo cambiamento proprio in questo senso.