I guai col digitale terrestre

I canali che non si vedono, i tg regionali rimescolati, le frequenze aggrovigliate, le antenne inadeguate, eccetera

Agnese Ananasso ed Enrico Del Mercato hanno fatto su Repubblica un bilancio della diffusione del digitale terrestre in Italia, elencando una gran quantità di problemi e malfunzionamenti.

Dalle parti di Parma e Piacenza è vietato guardare Raitre. Sulla riviera romagnola, l’unico tg regionale che si riesce a vedere è quello del Veneto. In provincia di Novara chi prova a sintonizzarsi sul notiziario regionale vede le emittenti locali lombarde. Dappertutto, poi, la sintonizzazione di un canale con il telecomando è un irrisolvibile rompicapo.

È la rivoluzione incompiuta del digitale terrestre. I cui effetti pesano sulle regioni che sono già passate al nuovo sistema, dove soprattutto le fasce anziane della popolazione sono costrette a quotidiani corpo a corpo con l’apparecchio tv oltre che al pagamento di salatissimi conti agli antennisti. L’Adoc ha commissionato un sondaggio in alcune delle regioni già servite dal sistema del digitale terrestre (Lazio, Lombardia, Piemonte, Veneto e Trentino). Rivela che il 76 per cento degli intervistati ha avuto almeno un problema dopo lo switch-off. Di questi uno su due (il 53 per cento) si lamenta dello scarso segnale relativo a uno o più canali e non riesce a vedere un programma fino in fondo. Il 43 per cento addirittura non vede alcuni canali e il problema riguarda sia Rai sia Mediaset.
Ma perché il passaggio al digitale terrestre ha tagliato fuori un rilevante numero di italiani? E quanto pesa la battaglia per l’assegnazione delle frequenze sulla cattiva qualità del servizio?

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