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  • Lunedì 25 ottobre 2010

Prima vedere Mladic

Dopo quindici anni il responsabile del massacro di Srebrenica è ancora a piede libero

Aggiornamento delle 14.15: le Nazioni Unite hanno dato il via libera alla richiesta della Serbia di entrare a far parte dell’Unione Europea, a condizione che Mladić venga catturato.

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Dopo una veloce scalata della gerarchia militare durante le guerre in Jugoslavia, nel 1992 Ratko Mladić diventò Capo di Stato Maggiore dell’esercito serbo. Nei tre anni seguenti Mladić e le sue truppe si macchiarono di molti crimini di guerra, stuprando migliaia di donne musulmane e creando dei campi di concentramento. L’evento più grave accaduto sotto il suo comando fu il massacro di Srebrenica del luglio 1995, in cui l’esercito serbo-bosniaco uccise sistematicamente migliaia di musulmani serbi (le stime vanno dagli 8 mila agli oltre 1 0mila morti) nell’area di Srebrenica, in quel momento sotto la custodia dell’ONU di cui si dimostrò la complice assenza. In seguito ai fatti di Srebrenica le Nazioni Unite istituirono il Tribunale Penale Internazionale per l’ex-Jugoslavia e accusarono Mladić di diversi crimini di guerra tra cui il genocidio, la persecuzione e la deportazione. L’8 novembre 1996, a guerra finita, Mladić lasciò il comando dell’esercito e da allora è sempre riuscito a sfuggire al suo arresto, anche grazie a un’iniziale indulgenza del governo serbo.

L’arresto è ora diventato uno dei punti cruciali del tentativo della Serbia di entrare a far parte dell’Unione Europea. Oggi a Lussemburgo si incontreranno i ministri degli esteri delle 27 nazioni per decidere se portare avanti la richiesta serba: la maggior parte dei governi ha già dimostrato di esserne favorevole, ma i Paesi Bassi rimangono ancora contrari. Nel 1995 furono le loro forze di pace a non proteggere le persone di Srebrenica, e Serge Brammertz — il procuratore del Tribunale Penale Internazionale per l’ex-Jugoslavia — e il governo olandese temono che la Serbia, in caso entrasse in Europa, diminuirebbe i suoi sforzi per catturare Mladić. Se i primi governi serbi non fecero nulla o quasi per tentare di catturare il comandante, l’attuale presidente Boris Tadic ha posto l’arresto come uno dei punti cardine della sua amministrazione e ha dichiarato che si tratta «solo di una questione di tempo». Il New York Times ha intervistato sia il procuratore Brammertz, sia il presidente Tadic. Ecco alcune delle risposte.

Serge Brammertz, procuratore del Tribunale Penale Internazionale per l’ex-Jugoslavia.

È un momento critico per la caccia a Mladić?
Sì. Il primo mandato d’arresto venne spiccato quindici anni fa, nel 1995. Mladić è uno dei due fuggitivi rimasti, l’altro è Goran Hadzic. Il tempo per il Tribunale sta per scadere, e se vogliamo vedere il processo di Mladić il suo arresto immediato è di importanza capitale. Per riuscire a catturarlo, abbiamo più volte consigliato le autorità serbe di modificare le proprie strategie d’indagine e sfruttare più uomini, adottando un approccio multidisciplinare. Guardi, bisogna fare di più. Il tempo sta per scadere. Il tribunale chiuderà nel prossimo futuro. Vogliamo dare una sveglia, spiegare che si può fare di più e che si deve fare di più. Non dico che non ci siano stati passi verso la cooperazione con il mio ufficio. La consegna dei diari di Mladic e degli altri materiali è stata vista come un segno molto positivo. […] La mia visita a Srebrenica, lo scorso aprile, è stato uno dei momenti più emozionanti in questi tre anni di tribunale. Mi sono accorto che per tutti i sopravvissuti e i loro familiari Srebrenica non è un evento del passato, ma qualcosa che domina le loro vite, non solo oggi ma anche domani. E la priorità delle vittime è vedere Mladić davanti alla Corte Penale Internazionale de L’Aia.

Perché pensate che le autorità serbe stiano davvero cercando Mladić?
Per me è difficile rispondere a questa domanda. Dopo l’arresto di Karadzic [politico condannato per gli stessi crimini di guerra di Mladić] sembrava che la cattura di Mladić fosse vicina. Le cose erano poi in realtà molto più complicate di così, e le nuove autorità responsabili delle indagini hanno dovuto lavorare con vecchie e nuove informazioni. Ed è stato difficile, perché stavano usando informazioni che avrebbero potuto essere state manipolate. Nella nostra valutazione di dicembre abbiamo riconosciuto gli sforzi fatti nel cercare i fuggitivi, e abbiamo espresso cauto ottimismo per un arresto imminente. Sfortunatamente, poi non è avvenuto. E ora serve un cambio di strategia.


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Voi cosa potete fare per aumentare le pressioni sulla Serbia?
Cogliere ogni opportunità per enfatizzare l’importanza dell’arresto, per le vittime che vogliono giustizia, per la riconciliazione nella regione, per la credibilità della comunità internazionale. Il tribunale è stato istituito per perseguire criminali come Mladić, […] ma la risposta primaria deve arrivare dalle autorità di stato. Noi non siamo in capo delle operazioni sul campo.

Se Mladić continua a non essere catturato, che succederà?
È la difficoltà di tutte le corti internazionali. Possiamo mettere insieme il caso e avere centinaia di testimoni che confermano i crimini, ma non abbiamo il controllo e la possibilità di trovare il sospettato e portarlo a L’Aia. I due gruppi chiave sono le nazioni in cui i fuggitivi si nascondono, e quelle che hanno influenza politica su questi paesi. Abbiamo detto più volte che l’arresto deve avvenire mentre il tribunale è ancora in vita. Nel peggior scenario possibile, se Mladić e Hadzic vengono arrestati dopo la chiusura del tribunale, il Consiglio di Sicurezza sta lavorando a misure per poter comunque processare i fuggitivi. Il messaggio dovrebbe essere chiaro: non importa quando e dove verranno arreastati, saranno comunque sottoposti a un processo.

Boris Tadic, presidente della Serbia

Mladić è libero da 15 anni. Perché è così difficile trovarlo e perché non è stato consegnato a L’Aia?
Devo ammettere che negli ultimi quindi anni, purtroppo, non c’è sempre stata la volontà politica di estradarlo. Fino al 2000 non ha nemmeno dovuto nascondersi. Solo nel 2002 il nostro Parlamento ha diramato una legge per collaborare con il Tribunale de L’Aia. E solo nel 2008 — quindi, questo va detto, solo dopo la formazione dell’attuale governo — la volontà politica e la capacità operativa di arrestare Mladić sono diventate proprità della nazione. I precedenti governi, sfortunatamente, non l’hanno mai considerata una questione rilevante. Karadzic è stato arrestato poco dopo la formazione di questo governo, e questa dovrebbe essere un’indicazione chiara e non ambigua del nostro impegno nell’arrestare anche Mladić. […] La Serbia sta facendo tutto il possibile per trovarlo e arrestarlo.

Perché l’Occidente dovrebbe credere che la Serbia sta facendo di tutto per trovarlo se non è riuscita a farlo in un paese così piccolo, e con così tante risorse? Mladić vi ha ingannati tutti?
Mladić non è una figura ordinaria. Stiamo parlando di un soldato con tantissima esperienza di guerra. Le nostre informazioni ci dicono che quelli che l’hanno nascosto finora sono anch’essi ex ufficiali con molta esperienza. Molti di loro hanno lavorato nell’intelligence, e sono stati addestrati a nascondersi, evadere e riconoscere le tracce. Il nostro compito non è facile.

Per molti serbi Mladić è ancora un eroe mitico. Pensa che la Serbia sappia riconoscere il suo ruolo nella guerra dei Balcani?
Innanzitutto, dobbiamo ricordare che durante la guerra nel Novanta in tutti i paesi dell’ex Jugoslavia era in corso un’enorme campagna di propaganda dei media. Come conseguenza, in molti hanno percepito i criminali di guerra come eroi, e questa non è una particolarità della Serbia. Ci sono comunque problemi specifici serbi, […] e mi sto riferendo naturalmente al Kosovo. Qualcuno dei nostri cittadini vede il Kosovo come un’ingiustizia aggiuntiva contro la nostra nazione, e questo li fa ribollire il sangue. Rigettano le accuse a Mladić considerandole parte di un complotto contro la Serbia, e questo modo di pensare è rafforzato da alcuni gruppi politici del paese. Ma sono certo che la maggioranza dei cittadini serbi appoggia la nostra volontà di processare e punire tutti i criminali di guerra. E la Serbia andrà fino in fondo nei suoi obblighi internazionali. Anche se la Corte de L’Aia dovesse chiudere domani, questo governo continuerebbe a cercare Mladić con tutte le risorse che possiede, come obbligo morale nei confronti delle vittime innocenti, e perché è l’unico modo per raggiungere la pace tra i popoli della nostra regione.