La vera storia dei paninari
Ora che chiude lo storico McDonald’s di Milano dove si ritrovavano negli anni Ottanta quando era Burghy, ma che non c’entra col loro nome

Ora che chiude lo storico McDonald’s di Milano dove si ritrovavano negli anni Ottanta quando era Burghy, ma che non c’entra col loro nome

Era l'erede di Burghy, dove negli anni Ottanta nacquero i "paninari" italiani, e lo smobilitamento politico del centro di Milano

Il critico gastronomico del Corriere sceglie i dieci posti migliori per un panino a Milano, anche senza Moncler

E l'imbarazzo di dire certe cose

Quella di Budapest è una pista lenta, calda, polverosa e complicata, oltre che un pezzo di storia dell’automobilismo

Sono considerati da sempre l'opposto dell'eleganza ma ormai si vedono spesso, anche con sandali e décolleté

O meglio, vefe lofo rificofordafatefe? È un modo di parlare usato dai bambini italiani di varie epoche, ma di gerghi simili ce ne sono tantissimi

Quel che è certo è che sono tornate di moda, in modo nuovo, soprattutto tra le donne e – ancora una volta – grazie a Prada

Per chi li usa in montagna ma anche in città e ne vorrebbe uno bello da vedere, oltre che molto caldo

Una storia di soldati russi, vestaglie trapuntate, alta sartoria e articoli da montagna, fino ad arrivare a quello che è oggi

E in generale per quelli che non sono più bambini (secondo loro, almeno)

«Alla fine è il lavoro che crea spessore, crea sguardo, costruisce piano piano l’edificio della conoscenza. E anche i fronzoli e le bollicine, dopotutto, richiedono lavoro»

Da anni l'azienda è considerata un successo imprenditoriale, con numeri eccezionali e riusciti tentativi di stare dietro - o davanti - ai cambiamenti della Moda


Seconda parte del libro in cui Enrico Brizzi racconta vent’anni di storia italiana.

«Che cosa gliene importava che un moccioso dell’Unità come me gli dicesse “quanto sei bravo“ al punto da regalargli un Van Cleef & Arpels in oro e acciaio che valeva un sacco di soldi? Aveva lavorato con Visconti, amato le donne più belle, aveva uno spazio fisso nei sabato sera della Rai (venti milioni di italiani…), aveva guadagnato fiumi di denaro, godeva dell’amore popolare e piaceva anche a molti critici televisivi, che lo consideravano un raffinato affabulatore. Che gliene frega, a un’icona pop, di essere anche promosso dall’ultimo vice-critico o vice-intellettuale?»


«La semplificazione è un falso, nonché la madre di tutti i falsi. Questo non significa che non ci si debba battere come leoni per il rispetto delle parole e dei fatti che le parole cercano di descrivere. Bisogna però concentrare gli sforzi sul proprio lavoro e la propria vita, proteggendo l’uno e l’altra»

«Il 2 aprile 1984 i Queen, travestiti da casalinghe inglesi, lanciarono una canzone che era un grido di liberazione: "I Want To Break Free". Poi arrivarono gli Smiths, i Pet Shop Boys e i Culture Club. Ma la vera esplosione arrivò a ottobre, quando uscirono i Bronski Beat, Depeche Mode, Frankie Goes To Hollywood e Madonna. Nel giro di pochi mesi “l’amore che non si può dire”, come lo aveva battezzato un secolo prima Oscar Wilde, si dichiarava orgogliosamente al mondo. Fu la vera nascita del “pride”. Attraverso quelle canzoni l’omosessualità maschile entrava in scena in quanto esplicita produttrice di musica, cultura e immaginario. L’inizio di quell’onda continua ancora oggi, ma è talmente sovrapposta al paesaggio culturale e ai consumi da esserne ormai indistinguibile»
