La Bielorussia ha graziato 123 prigionieri politici
Tra cui soprattutto la leader dell'opposizione Maria Kolesnikova e il premio Nobel per la Pace Ales Bialiatski, dopo un accordo con gli Stati Uniti

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Il presidente della Bielorussia Aleksandr Lukashenko ha graziato 123 prigionieri, tra cui la leader dell’opposizione del paese Maria Kolesnikova e l’attivista Ales Bialiatski, vincitore del premio Nobel per la Pace nel 2022. Kolesnikova era in carcere dal 2020, e Bialiatski dal 2021. 114 dei prigionieri sono stati trasferiti in Ucraina: tra loro Kolesnikova e Viktor Babariko, un ex banchiere che aveva tentato di candidarsi alle presidenziali del 2020 contro Lukashenko e che Kolesnikova aveva sostenuto, ma che era stato arrestato prima delle elezioni. Altri, tra cui Bialiatski, sono stati portati in Lituania.
La grazia è stata concessa in seguito a un accordo fatto dal governo bielorusso con gli Stati Uniti, che in cambio della liberazione dei prigionieri ha revocato le sanzioni imposte dall’amministrazione di Joe Biden sulle esportazioni di potassio della Bielorussia. Il governo bielorusso ha fatto sapere che tra le altre persone liberate ce ne sono di vari paesi, ma non ha specificato la loro identità. La liberazione di Kolesnikova è stata annunciata dalla sorella su X: «Ho appena parlato con Maria in video. È libera! Non riesco a descrivere la mia felicità! Non vedo l’ora di abbracciarla di nuovo», ha detto. A comunicare la scarcerazione di Bialiatski è stata invece la ong Viasna, dai lui fondata.
Kolesnikova ha 43 anni ed è la principale esponente dell’opposizione a Lukashenko, che governa il paese in maniera autoritaria dal 1994. Nel 2021 era stata condannata a 11 anni di carcere, con l’accusa di aver complottato per fare un colpo di stato, di aver incitato ad azioni che avrebbero minato la sicurezza nazionale e aver creato un’organizzazione estremista.

Ales Bialiatski a processo nel 2022 (AP Photo/Sergei Grits, File)
La condanna riguardava quanto successo nell’agosto del 2020, quando Kolesnikova aveva appoggiato la candidatura alle presidenziali di Svetlana Tikhanovskaya. All’indomani delle elezioni era stata tra le principali promotrici delle grandi manifestazioni organizzate per contestare la vittoria del presidente uscente Alexander Lukashenko, accusato di brogli. Dopo le elezioni, Tikhanovskaya aveva lasciato la Bielorussia e si era rifugiata in Lituania per il timore di rappresaglie; Kolesnikova, invece, era rimasta nel paese.
Il 31 agosto del 2020 aveva annunciato che avrebbe fondato un nuovo partito d’opposizione insieme ai sostenitori di Viktor Babaryko. Il 7 settembre, un giorno dopo che a Minsk 100mila persone avevano protestato per il quarto fine settimana consecutivo contro il risultato delle elezioni, Kolesnikova era però scomparsa e di lei non si era saputo più nulla per tre giorni.
Bialiatski ha 63 anni ed è un attivista noto soprattutto per essere il presidente della ong Viasna, da lui fondata nel 1996 per dare assistenza finanziaria e legale ai prigionieri politici in Bielorussia e alle loro famiglie. Fu tra le persone che contribuirono maggiormente a creare e a mantenere attivo il movimento bielorusso antisovietico e per la democrazia a partire dagli anni Ottanta. In quel periodo organizzò le prime proteste antisovietiche e fu tra i fondatori di un partito clandestino che promuoveva l’uscita della Bielorussia dall’Unione Sovietica per farne un paese sovrano e democratico.
Era in carcere dal 2021 per aver guidato le proteste contro la rielezione di Lukashenko nel 2020: nel 2023 era stato condannato a 10 anni di carcere per finanziamento illecito di attività di opposizione al regime di Lukashenko. Era già stato in prigione dal 2011 al 2014 con una condanna per evasione fiscale, che lui aveva sempre respinto e che, come quella del 2023, era stata ritenuta da molti politicamente motivata.









