C’è una vittoria per tutti nella vittoria dei Democratici
La sinistra festeggia Mamdani, i moderati un importante risultato in Virginia, l’establishment un referendum in California

Le prime elezioni importanti negli Stati Uniti da quando, a gennaio, è iniziato il secondo mandato presidenziale di Donald Trump sono andate molto bene per i Democratici: le loro candidate e candidati sono stati eletti in tutte le competizioni principali, tra cui quelle per le governatrici di Virginia e New Jersey, e per i sindaci di varie città, tra cui ovviamente New York.
Era in parte previsto, dato che si votava in posti dove i Democratici vanno storicamente bene, ma le elezioni erano comunque considerate un primo test sia sull’operato di Trump sia sui consensi e sulla solidità del Partito Democratico, che ancora non è riuscito a riprendersi dalla sconfitta alle elezioni presidenziali dello scorso anno. Soprattutto, le candidate e i candidati eletti accontentano tutte le principali fazioni interne al partito, ossia i progressisti, i moderati e l’establishment. Le differenze tra questi gruppi stanno diventando sempre più evidenti man mano che aumenta la polarizzazione nella politica e nella società statunitense.
Alle elezioni per il sindaco di New York ha vinto Zohran Mamdani, candidato del Partito Democratico. Mamdani è giovane (34 anni), socialista e ha idee molto di sinistra, più di quelle che il partito appoggia a livello nazionale: la sua elezione è piaciuta quindi soprattutto all’ala più progressista, ben radicata a New York e in generale nelle grandi città. Mamdani ha fatto una campagna brillante e molto raccontata, centrata sul problema dell’alto costo della vita, e ora si troverà a gestire tutte le difficoltà dell’enorme amministrazione newyorkese.
Trump aveva cercato di infilarsi in questa campagna, più che in quelle statali, minacciando di ridurre i fondi federali alla città e appoggiando il candidato che aveva maggiori possibilità contro Mamdani, l’ex governatore dello stato Andrew Cuomo (che fa parte dei Democratici ma si presentava da indipendente).

Il discorso di Mikie Sherrill dopo la vittoria (AP Photo/Matt Rourke)
Alle elezioni per il ruolo di governatore in New Jersey e Virginia hanno vinto le candidate Democratiche, rispettivamente Mikie Sherrill e Abigail Spanberger, con il 56 e 57 per cento. È un miglioramento di qualche punto rispetto alle elezioni presidenziali del 2024, quando la Democratica Kamala Harris aveva preso in entrambi i casi il 52 per cento.
Dagli anni Settanta la Virginia ha sempre eletto un candidato del partito opposto a quello del presidente in carica, ed è stato così anche stavolta. Spanberger succederà al governatore uscente Glenn Youngkin, Repubblicano. Al contrario di Mamdani è considerata una politica moderata, centrista e pragmatica: pur criticando duramente l’operato dell’amministrazione Trump, in campagna elettorale si è concentrata soprattutto su temi economici e legati alla sicurezza, ricevendo tra l’altro l’appoggio del sindacato degli agenti di polizia. È la prima donna a ottenere l’incarico in Virginia.
In New Jersey (che confina con New York) i Democratici già governavano ma Sherrill ha migliorato il risultato delle precedenti elezioni statali, quando nel 2021 vinsero a stento.

Abigail Spanberger arriva sul palco dopo aver vinto le elezioni (AP Photo/Stephanie Scarbrough)
In California invece è stata approvata con una votazione speciale (una sorta di referendum confermativo) una legge che ridisegna i confini delle circoscrizioni elettorali per la Camera dei rappresentanti degli Stati Uniti, in modo da creare cinque collegi in più a maggioranza Democratica. Il 64 per cento degli elettori ha votato a favore, il 36 contro. La legge era stata proposta dal governatore Gavin Newsom in risposta a una modifica analoga fatta dal Texas, dove però la nuova definizione dei collegi elettorali era pensata per favorire i Repubblicani.

Il governatore della California Gavin Newsom, il 4 novembre (AP Photo/Godofredo A. Vásquez)
Newsom, che non nasconde le ambizioni di candidarsi alle prossime presidenziali, l’aveva presentata come un bilanciamento: il numero dei seggi influenzati dalla modifica dei collegi è lo stesso di quelli che i Repubblicani dovrebbero ottenere in più in Texas.
I cambiamenti sono rilevanti in vista delle elezioni di metà mandato, previste a novembre del 2026, quando i Repubblicani proveranno a conservare la maggioranza che hanno in entrambi i rami del Congresso. Per questo il risultato ha fatto contento l’establishment del Partito Democratico, che punta a ottenere un buon risultato il prossimo novembre, riprendendo la maggioranza almeno alla Camera.
Il New York Times ha scritto che i Democratici avevano bisogno di una tornata elettorale positiva, perché non ne avevano da più di un anno, e che in questo senso i risultati hanno contribuito a ridare fiducia a un partito che si sta dimostrando poco efficace nel proprio ruolo di opposizione a Trump.
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