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  • Lunedì 3 novembre 2025

Come e perché gli Stati Uniti stanno provando a rovesciare Maduro

Da mesi Trump sta facendo pressione sul regime del presidente venezuelano, anche con mezzi militari, ma un’invasione di terra è improbabile

Donald Trump il 2 novembre 2025
Donald Trump il 2 novembre 2025 (AP Photo/Mark Schiefelbein)
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Dall’inizio di settembre gli Stati Uniti hanno bombardato decine di barche al largo del Venezuela, in teoria per fermare i narcotrafficanti. Gli attacchi sono già 15, hanno ucciso 64 persone e sono con ogni probabilità illegali. In realtà, secondo tutti gli analisti l’amministrazione del presidente Donald Trump sta portando avanti con questi attacchi un piano per destabilizzare il regime venezuelano del presidente Nicolás Maduro, uno dei suoi principali nemici nella regione, con l’obiettivo di rovesciarlo.

Trump ha alluso più volte a questa possibilità. L’ultima, piuttosto esplicita, è stata domenica durante la nota trasmissione televisiva 60 Minutes: «Riguardo al Venezuela, i giorni di Maduro come presidente sono contati?», gli ha chiesto l’intervistatrice. «Direi di sì», ha risposto Trump. «Penso proprio di sì».

La campagna di pressione contro Maduro non prevede soltanto gli attacchi alle barche dei presunti narcotrafficanti. Ad agosto gli Stati Uniti hanno aumentato a 50 milioni di dollari la ricompensa per chi offrirà informazioni utili all’arresto di Maduro, che è ricercato negli Stati Uniti per contrabbando di droga. Nelle ultime settimane la marina militare statunitense ha spostato al largo del Venezuela più del 10 per cento di tutta la forza navale che dispiega nel mondo, e questo comprende varie navi da guerra, sottomarini d’attacco e perfino una portaerei.

Secondo varie persone vicine all’amministrazione questo contingente militare potrebbe servire per colpire non soltanto le barche in mare, ma anche possibili obiettivi di terra, quindi in Venezuela. Trump ha detto che al momento non intende bombardare direttamente il paese, ma secondo i media statunitensi l’amministrazione avrebbe già selezionato quali obiettivi colpire, per essere pronta nel caso in cui fosse deciso un attacco.

A metà ottobre Trump aveva annunciato di avere ordinato alla CIA (l’agenzia di intelligence per l’estero) di compiere azioni sotto copertura in territorio venezuelano, contro i gruppi di narcotrafficanti. Di solito questi ordini rimangono segreti ma l’amministrazione li ha resi pubblici: ancora una volta, per mettere pressione sul regime di Maduro.

Graffiti con la scritta «Basta Trump» a Caracas, in Venezuela, nel marzo 2020

Graffiti con la scritta «Basta Trump» a Caracas, in Venezuela, nel marzo 2020 (Leonardo Fernandez Viloria/Getty Images)

L’obiettivo è rendere insostenibile per Maduro rimanere al potere in Venezuela. L’idea è che, con una crescente concentrazione di minacce, attacchi e pressioni, il regime di Maduro si indebolirà progressivamente, fino a che i gruppi economici e di potere che finora lo hanno sostenuto non cercheranno di rovesciarlo.

Secondo un’analisi del centro studi International Crisis Group, gli Stati Uniti potrebbero applicare una pressione crescente, partendo dagli attacchi contro le barche e arrivando poi a bombardamenti a terra, fino a operazioni militari mirate contro esponenti di spicco del regime. Un’invasione di terra è invece improbabile, se non altro perché le forze dispiegate finora, sebbene ingenti, non sono nemmeno vicine a quelle che sarebbero necessarie per invadere un paese come il Venezuela.

In questo contesto, le accuse di narcotraffico rivolte al regime di Maduro, benché non del tutto infondate, sono poco più che una scusa per giustificare gli attacchi: «Le droghe, moltissime droghe arrivano dal Venezuela», ha detto di recente Trump. È vero che in Venezuela sono presenti gruppi di narcotrafficanti e di criminalità organizzata estremamente pericolosi, alcuni dei quali operano anche negli Stati Uniti. Ma la stragrande maggioranza della droga che arriva negli Stati Uniti passa dal Messico, non dal Venezuela.

L’amministrazione Trump accusa inoltre Maduro in persona di essere a capo di un cartello del narcotraffico, chiamato Cártel de los Soles. Anche in questo caso: è vero che il regime di Maduro è estremamente corrotto e che molti suoi esponenti anche di alto rango si sono arricchiti con traffici illeciti (di droga, ma anche di minerali, di idrocarburi e altro). Ma gli analisti sono molto scettici sul fatto che il Cártel de los Soles si possa definire come un’entità organizzata, e soprattutto che la sua presunta esistenza giustifichi attacchi militari contro il Venezuela.

Nicolás Maduro nel settembre 2024

Nicolás Maduro nel settembre 2024 (AP Photo/Ariana Cubillos)

L’atteggiamento degli Stati Uniti nei confronti del Venezuela è cambiato profondamente negli ultimi mesi. All’inizio dell’anno Richard Grenell, l’inviato speciale di Trump per il Venezuela, aveva tentato di negoziare con il regime di Maduro, con l’obiettivo di arrivare a un accordo che avrebbe garantito agli Stati Uniti l’accesso alle risorse petrolifere del paese (che è quello con le maggiori riserve di petrolio al mondo). Nei primi mesi dell’anno Grenell era riuscito anche a negoziare il rilascio di molti prigionieri statunitensi detenuti in Venezuela.

Ma negli ultimi mesi dentro all’amministrazione Trump ha preso il sopravvento la posizione del segretario di Stato Marco Rubio, molto più bellicosa contro il regime di Maduro: Rubio ha convinto Trump ad aumentare la pressione, anche militare.

Per Trump rovesciare il regime di Maduro – e magari mettere al suo posto un governo democratico ma amico, guidato per esempio dalla capa dell’opposizione María Corina Machado – sarebbe un modo di ribadire la forza degli Stati Uniti nel continente americano. Sarebbe anche un modo per rafforzare la coalizione di governi latinoamericani vicini all’attuale amministrazione, che attualmente comprende quello di Javier Milei in Argentina e di Nayib Bukele in El Salvador.

L’amministrazione però potrebbe aver sottovalutato quanto il regime di Maduro si sia radicato nel tessuto politico ed economico del Venezuela, e quanto dunque sia difficile da sloggiare. Maduro governa in modo autoritario dal 2013, ed è stato più volte dichiarato vincitore di elezioni non libere e svolte tra molti brogli. La ragione della sua permanenza al potere – nonostante la crisi economica, l’impopolarità e le manifestazioni di piazza – è che è riuscito a cooptare la maggior parte degli interessi economici, politici e militari del paese, rafforzandosi e cercando di eliminare le minacce esterne. Oggi la maggior parte degli imprenditori, dei politici e dei generali venezuelani è profondamente compromessa con il regime, e servirebbe una pressione estremamente forte da parte degli Stati Uniti per convincerli a rovesciarlo.