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  • Giovedì 16 ottobre 2025

Gli indipendentisti scozzesi vogliono riprovarci con il referendum

Sostengono che potranno convocarne un altro se otterranno la maggioranza dei seggi alle elezioni del 2026, ma non è scontato

Il vice leader dell'SNP, Keith Brown, parla alla convention, ad Aberdeen, il 12 ottobre. Dietro di lui una bandiera con scritto "sì" della campagna a favore del referendum
Il vice leader dell'SNP, Keith Brown, parla alla convention del partito, ad Aberdeen, il 12 ottobre. Dietro di lui una bandiera con scritto il "sì" della campagna a favore del referendum (Jeff J Mitchell/Getty Images)
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Durante la convention di questa settimana il Partito Nazionale Scozzese (SNP) ha deciso di ripuntare tutto sulla sua battaglia storica: ottenere l’indipendenza della Scozia dal Regno Unito, attraverso l’organizzazione di un secondo referendum (il primo fallì nel 2014). È un approccio diverso da quello dei sostenitori dell’ex leader Nicola Sturgeon, che invece volevano considerare i risultati delle prossime elezioni scozzesi, a maggio del 2026, come un “referendum di fatto” sull’indipendenza (ossia, semplificando: più persone voteranno per l’SNP, più è alto il consenso).

Il congresso era importante perché era l’ultimo prima elezioni. Serviva insomma a stabilire il programma con cui le affronterà il partito, che governa in Scozia dal 2007 ma nel tempo ha perso parecchi consensi. È significativo che l’SNP sia tornato a insistere sull’indipendenza, e soprattutto su un referendum, solo un anno dopo aver messo il tema in secondo piano per concentrarsi su proposte economiche e sociali.

Peraltro il leader del partito e primo ministro scozzese John Swinney non è stato chiarissimo su come intende superare gli ostacoli legali a un nuovo referendum. Per convocarlo infatti servirebbe l’autorizzazione del parlamento britannico, dove i Laburisti hanno una netta maggioranza. Il primo ministro britannico Keir Starmer ha sempre escluso di consentire un nuovo referendum durante il suo mandato. La tattica di Sturgeon e dei suoi sostenitori, ancora numerosi nel partito, mirava proprio a scavalcare il permesso del governo centrale.

Delegati dell'SNP votano durante la convention, l'11 ottobre

Delegati dell’SNP votano durante la convention, l’11 ottobre (Jeff J Mitchell/Getty Images)

Uno dei momenti più delicati della convention è stato il voto su una mozione, presentata da più di quaranta sezioni dell’SNP, che impegnava Swinney a recuperare la tattica del “referendum di fatto”. Swinney è riuscito a farla bocciare e a far approvare invece la sua. Ha detto ai delegati di avere una specie di piano segreto, ma non ne ha condiviso i dettagli.

Il piano si basa comunque sul risultato delle prossime elezioni. Solo che Swinney non vuole utilizzarlo al posto di un referendum, ma come presupposto per convocarne uno. La condizione sarebbe che l’SNP ottenga la maggioranza dei 129 seggi nel parlamento scozzese. Da quando esiste è successo solo una volta, nel 2011, ed è quello il precedente storico a cui vuole appoggiarsi Swinney. All’epoca il governo di David Cameron, dei Conservatori, consentì la consultazione (che si svolse nel 2014).

La tattica di Swinney è più furba di quella del “referendum di fatto”. Quella si fondava sull’ipotesi che i partiti favorevoli all’indipendenza – oltre all’SNP, i Verdi e Alba, un piccolo partito nazionalista – ottenessero la maggioranza nel voto popolare. Ma questa è un’eventualità assai remota oggi, secondo i sondaggi. Misurare il consenso sul numero di seggi, invece che sulle percentuali del voto, può favorire i nazionalisti.

C’entra il sistema elettorale misto della Scozia: 73 seggi sono assegnati con un sistema uninominale secco, ossia al partito che arriva primo nel rispettivo collegio. Gli altri 56 vengono ripartiti in modo proporzionale su base regionale (ci sono otto regioni e in ognuna vengono eletti sette parlamentari). Nelle ultime rilevazioni sulle intenzioni di voto l’SNP si ferma a 57 seggi, otto in meno della maggioranza, ma potrebbe essere favorito da un partito contrario a tutto ciò in cui l’SNP crede: Reform UK, quello populista di destra di Nigel Farage.

L'ex leader del partito Nicola Sturgeon, di spalle, parla coi giornalisti durante la convention, il 12 ottobre

L’ex leader del partito Nicola Sturgeon, di spalle, parla coi giornalisti durante la convention, il 12 ottobre (Jeff J Mitchell/Getty Images)

A differenza dei precedenti partiti di Farage, che erano radicati soprattutto in Inghilterra, Reform infatti sta raccogliendo parecchi consensi in Scozia. Questo potrebbe dividere l’elettorato unionista, cioè contrario all’indipendenza, e finire per avvantaggiare l’SNP nei collegi uninominali. Sono unionisti i principali partiti britannici, inclusi i Laburisti, che avevano sottratto cospicui consensi all’SNP alle elezioni politiche del 2024 (i Libdem invece hanno una posizione intermedia, federalista).

Farage inoltre è uno spauracchio retorico per l’SNP, che è un partito progressista di ispirazione socialdemocratica. Swinney, in sostanza, ha detto guardate chi potrebbe diventare primo ministro (riferendosi a Farage) per convincere l’elettorato che alla Scozia converrebbe separarsi da un Regno Unito governato dall’estrema destra (Reform da mesi è primo nei sondaggi ma le prossime elezioni generali sono previste per il 2029, quindi lontane).

Questa retorica punta anche sulle serie difficoltà politiche dei Laburisti e di Starmer, che è diventato impopolare molto in fretta, per presentarsi come partito più titolato a battere Reform nei collegi uninominali.

Un'attivista del partito, l'11 ottobre. La scritta sulla maglia dice: «Basta chiedere l'indipendenza... è il momento di prendercela»

Un’attivista del partito, l’11 ottobre. La scritta sulla maglia dice: «Basta chiedere l’indipendenza… è il momento di prendercela» (Jeff J. Mitchell/Getty Images)

Non è detto che questa specie di ritorno alle origini dell’SNP sia allettante come un tempo per gli elettori e le elettrici scozzesi. Un recente sondaggio dello Scottish Centre for Social Research ha riscontrato che il 47 per cento degli intervistati pensa che il parlamento nazionale faccia i loro interessi, in declino rispetto al 61 per cento nel 2019. Nei sondaggi il sostegno all’indipendenza resta comunque alto, ma da tempo questa visione si è sganciata dall’automatismo di ritenere l’SNP il partito più adatto a realizzarla.

Infine, Swinney l’ha fatta facile sul lato legale ma diversi giuristi hanno espresso dubbi sulla fattibilità del suo piano (anche se non conoscono la parte «segreta», ovviamente). In ogni caso prima verrà il lato, per così dire, elettorale. Secondo l’ex leader Sturgeon, che era alla convention anche se non si ricandiderà in parlamento, ottenere la maggioranza sarà «eccezionalmente difficile».

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