30 libri consigliati dal Post
La consueta lista per chi non sa cosa leggere quest'estate o è in cerca di spunti

Se nella vostra lista di cose da fare o preparare prima di una partenza c’è la voce “libri” significa che siete persone a cui piace accompagnarsi con qualcosa da leggere nei momenti di vacanza. La nostra consueta lista di consigli di lettura estivi spera di arrivare in soccorso agli indecisi o a chi cerca ispirazione: quest’anno ci sono due libri sull’India, altrettanti sulla montagna, personaggi a cui volere bene, saggi che ci aiutano a capire meglio il mondo e libri sul giornalismo.
Se nessuno vi ispira, potete sempre dare un’occhiata a quelli che ci erano piaciuti l’anno scorso o l’anno prima, o ancora più indietro.
Assalto alle Alpi, di Marco Albino Ferrari
Parliamo tanto di sostenibilità dei modelli di vita quotidiana, di utilizzare meno plastica e di mangiare meno carne, ma non ci fermiamo a sufficienza a pensare quanto consumiamo i luoghi dove andiamo in vacanza come se non fosse anche una nostra responsabilità. La montagna è un luogo tosto in cui vivere, non è «uno spazio di vita ridotto a messaggio pubblicitario» come sottolinea Marco Albino Ferrari, che concentra in 129 pagine un’analisi molto lucida dei guai che stanno passando le Alpi per colpa nostra. L’autore parte chiedendosi se bisognerebbe “uccidere Heidi” – ossia gli stereotipi della montagna bucolica e amena –, continua con un’analisi dettagliata per capire che cosa è andato storto fin qui nello sviluppo turistico alpino e conclude fornendo dati e riflessioni per evitare di continuare allo stesso modo. Questo piccolo libro mi ha insegnato tante cose, per essere ancora più attenta ai modelli di sviluppo turistico anche se con il sapore un po’ amaro delle occasioni mancate, alla vigilia delle Olimpiadi invernali di Milano Cortina 2026.
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Emanuela Marchiafava
L’amore di pietra, di Grazyna Jagielska
Il titolo originale dà meglio l’idea: Cinquantatré guerre, quante ne ha seguite sul campo il marito dell’autrice, un giornalista polacco. L’amore di pietra è un libro lancinante, sull’attesa e sul mondo vissuto per interposta persona. Su un mestiere che dà assuefazione e sa essere totalizzante nel modo sbagliato, forse l’unico possibile. Ma è anche un libro sull’amore ostinato. Su quanto costi spartire la vita disfunzionale di chi è ossessionato dalla dimensione storica delle vite altrui, e perde di vista la propria. Jagielska insegna che si può abitare un’assenza; un battito cardiaco indeciso tra una crisi di governo e un conflitto lontano. Che quell’amore andrebbe custodito, anche se la cosa più pericolosa che hai fatto è restare bloccato in ascensore. Anche se non ci riusciamo.
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Matteo Castellucci
Il canto dei cuori ribelli, di Thrity Umrigar
Il canto dei cuori ribelli è la storia di un paese, l’India, e di “due donne coraggiose e diversamente ribelli”, parole che prendo in prestito perché trovo molto azzeccate. Da un lato Smita, nata in India ma costretta molto presto a lasciare il paese e a trasferirsi negli Stati Uniti con la famiglia, dall’altro Meena, che l’India non l’ha mai potuta né voluta lasciare. Attraverso le loro storie, che capitolo dopo capitolo si alternano fino a intrecciarsi profondamente, l’autrice cerca anche di raccontare l’India con le contraddizioni e le tensioni sociali e religiose che la caratterizzano, e di come si possa provare contemporaneamente tanto odio quanto amore verso un paese che è in grado di dare e togliere molto a chi ci vive.
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Elena Venco
Tutti gli eroi che conosco, di Michele Arena
Siamo fatti all’ottanta per cento di errori: l’esergo di questo libro mi aveva colpito particolarmente, col mestiere che faccio. E in effetti è il libro più bello che ho letto da molti mesi, e ne leggo parecchi… È un romanzo, ma racconta la realtà meglio di tanti saggi. Perché la scuola non funziona? Quali difficoltà affrontano i figli degli immigrati? Ci avranno scritto centinaia di articoli, ma questa storia lo fa capire meglio. I protagonisti sono giovani etichettati come “difficili” solo perché non sono fatti a forma di studente modello, c’è qualcuno che si sente più “italiano” di altri, e tanti adulti che non sono mai felici. Lo consiglio soprattutto a chi vive nel mondo della scuola, ma anche a chi ha o avrà a che fare con figli adolescenti, per ricordarsi di quando aveva meno di 20 anni.
«Io comunque gli adulti non li capisco». Fa una pausa, raccoglie un foglio dal pavimento. «Sembrano tutti fermi dietro delle porte come se avessero paura di fare un passo dentro le altre persone. Quando a scuola sto male voi mi chiedete cosa cazzo ho fatto, i professori invece fanno finta di nulla. Prima pensavo che ce l’avessero con noi ma è peggio, sono semplicemente così.»
Mi ha fatto ridere e commuovere, ma soprattutto mi ha aiutato a comprendere la sofferenza di un mondo molto lontano e molto vicino.
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Marco Surace
Tempesta, di Antonio Funiciello
È l’ambizione di tutti, o quantomeno è l’obiettivo dichiarato quasi sempre nella quarta di copertina, di fare una biografia di “un grande italiano” senza scadere nell’agiografia. Solo che per lo più l’intenzione, ammesso pure che ci sia davvero stata, non viene perseguita: si finisce quasi sempre col rasentare la prosa da “fiction della RAI”. Antonio Funiciello, invece, ci è riuscito: il suo Tempesta, un racconto biografico di Giacomo Matteotti, rifugge quasi integralmente la tentazione della mitizzazione. Forse la scelta del perimetro narrativo lo ha aiutato: il voler raccontare, come dice il sottotitolo, «La vita (e non la morte)» del leader socialista ucciso da un manipolo di sicari fedeli a Benito Mussolini ha evitato di rimestare nel mito sempre attuale, ma forse un poco stanco, del santo laico. E invece il Matteotti che emerge dal libro di Funiciello è quello impelagato nel farsi quotidiano della politica, compromesso con gli accidenti della cronaca, con tutte le incertezze di una vita da dirigente socialista in un’epoca di stravolgimenti del socialismo. Ma soprattutto Funiciello racconta e approfondisce un sacco di aneddoti e di episodi interessantissimi della vita di Matteotti. Ed è così che a un certo punto ce lo ritroviamo, per esempio, a battagliare con Mussolini molto prima che tutto si compia: ad Ancona, nel 1914, e si discuteva dei rapporti tra socialismo e massoneria.
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Valerio Valentini
Pian della Tortilla, di John Steinbeck
Il primo consiglio è di metodo: se cercate qualcosa da leggere prima di partire per una vacanza andate a curiosare nelle librerie di famiglia, dei vostri genitori o nonni. È una buona occasione per scoprire vecchi classici, o libri sconosciuti ormai fuori catalogo, e spesso con la scelta ottenete in cambio due storie: quella del romanzo che andrete a leggere e la storia di quel libro all’interno della vostra famiglia, una storia che potrete intuire – o inventare – a partire da una dedica sul frontespizio o da sottolineature e note a margine del testo. Seguendo questo metodo sono inciampato in Pian della Tortilla, uno dei primi romanzi di John Steinbeck, il suo primo di successo. Perché leggerlo? Perché vi trascina in compagnia di una serie di personaggi teneri e cialtroni, poveri cristi senza lavoro e senza un soldo ma che abitano un mondo dove la gentilezza vale più di qualsiasi altra cosa e dove amicizia e generosità sono titoli nobiliari. Perché è ambientato nella California dei paisanos, i discendenti dei primi californiani dal sangue misto indio messicano e spagnolo, e oggi i protagonisti di questa storia probabilmente verrebbero caricati su un volo militare e rinchiusi a Guantanamo. Perché dopo pochissime pagine l’affetto che Steinbeck prova per i suoi improbabili “Cavalieri della Tavola Rotonda” diventerà l’affetto che voi proverete per loro. Nella mia copia di Pian della Tortilla, un’edizione Bompiani del 1941, ho trovato la firma di mio nonno e la scritta “Lubiana, 1942”. Mi faceva piacere pensare che nel mezzo di una guerra potesse trovare un poco di calore e umanità negli scalcagnati cavalieri di Steinbeck.
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Nicola Ghittoni
La schiuma dei giorni, di Boris Vian
Colin è un ricco parigino che si annoia parecchio e vive circondato da amici bizzarri e topolini che si comportano come esseri umani. Poi un giorno conosce Chloé, che sembra uscita da un brano di Duke Ellington, e la sua vita cambia per sempre. Poco dopo il loro matrimonio però Chloé si ammala: ha una ninfea che le cresce nei polmoni e l’unica cosa che la fa stare meglio è circondarsi di fiori. La schiuma dei giorni è un libro surreale, poetico e straziante, che racconta l’amore in uno dei modi più belli che io abbia mai letto. Ciò che lo rende così speciale è la prosa completamente folle e imprevedibile del suo autore, Boris Vian: un jazzista e scrittore poliedrico che visse a Parigi nella prima metà del Novecento e che morì di infarto durante l’anteprima dell’adattamento cinematografico di una delle sue opere. In questo romanzo le case cambiano forma a seconda delle emozioni dei loro inquilini, i personaggi a volte sono letteralmente fra le nuvole e non sai mai che piega prenderà la prossima frase che leggerai: devi solo accettarlo e farti trasportare, come con la musica di Duke Ellington.
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Ginevra Falciani
Ti ho dato gli occhi e hai guardato le tenebre, Irene Solà
Erano anni che persone fidate mi dicevano di leggere Irene Solà, ci sono arrivata solo da poco, e quindi chiedo scusa per non averle ascoltate prima, anche se a perderci sono stata solo io. Solà è una scrittrice catalana nata nel 1990 e Ti ho dato gli occhi e hai guardato le tenebre è il suo secondo romanzo pubblicato in italiano, nella traduzione di Amaranta Sbardella. È breve ma molto denso e costruito benissimo, per questo riesce a contenere – in modo del tutto soddisfacente – una storia di sei, sette generazioni di una famiglia in 150 pagine. La famiglia in questione abita in una casa isolata nei Pirenei, dove un paio di donne vive convivono con sei donne morte (e per le vive invisibili): c’entra un antico patto col diavolo, ben evocato dalla mostruosa illustrazione medievale in copertina. La storia è fiction, ma è ispirata a una serie di leggende del folklore catalano e a reali avvenimenti storici della regione (come lo sterminio dei lupi, il brigantaggio e la guerra civile). Contiene personaggi memorabili, umorismo, desiderio di guardare nel buio senza paura, numerosi aggettivi che non stancano mai. Scommetto che potrebbe piacere anche a Olga Tokarczuk.
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Ludovica Lugli
L’uomo e il mare, di Stefano Tamburini
Il 2 febbraio del 1989 un sub venne sbranato da uno squalo davanti alla costa di Piombino, in Toscana, davanti a due testimoni oculari. Questo libro racconta cosa accadde dopo. L’idea che nel mare di fronte a Piombino ci fosse uno squalo (o più di uno?) rendeva più complicata la pesca, la vita del porto; e minacciava la stagione turistica, gli affari degli imprenditori e gli stipendi dei lavoratori. Quindi cominciarono a diffondersi altre teorie. Forse il sub è ancora vivo e ha inscenato la sua morte per scappare in Sudamerica. Forse aveva una polizza sulla vita da riscuotere. Forse è saltato in aria tentando di pescare con l’esplosivo. Un bel pezzo della stampa locale e nazionale andò dietro a queste tesi spericolate e infondate, per sensazionalismo, per sciatteria e per malafede. L’autore di questo libro, Stefano Tamburini, all’epoca lavorava al Tirreno, di cui poi è stato direttore; e dentro questa vicenda di 35 anni fa ci mostra un’Italia non così diversa da quella odierna.
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Francesco Costa
Goodbye Hotel, di Michael Bible
Gli autori preferiti, di solito, li incontri quando sei un ragazzino, o al massimo un giovane adulto, e di solito sono maestri della letteratura internazionale, mostri sacri, quanto meno oggetto di un certo diffuso culto. Michael Bible invece ha meno di cinquant’anni (non sono riuscita a capire quanti, precisamente), non ha una pagina Wikipedia, e da quanto ho capito ha raggiunto molta più popolarità in Italia, grazie alle traduzioni pubblicate da Adelphi, che negli Stati Uniti, dove è nato e vive. Se provi a googlarlo, l’algoritmo ti chiede se sei sicura che non stai cercando Michael Bublé. Eppure sono giunta alla conclusione che sarei disposta a leggere pure la sua lista della spesa: non perché il suo lessico sia particolarmente forbito – il suo stile, anzi, è molto dritto – ma perché ha la capacità rarissima di cogliere la profondità e la tragicità dell’esistenza di chiunque (essere umano o animale) appaia anche solo per un istante nelle sue storie. Questo basta per farne uno dei miei autori preferiti? Non lo so ancora, ma so che due anni fa avevo già consigliato il suo L’ultima cosa bella sulla faccia della terra, e questa volta non posso non consigliare Goodbye Hotel, uscito da poco per Adelphi. Parla, come il libro precedente, della speciale disperazione che ti coglie quando vivi nella noia della periferia dove la gente è «destinata a perdersi», ma anche di donne apparentemente scomparse, uomini ricchissimi e altri poverissimi, amori disperati che durano decenni. Parla, forse soprattutto, di due tartarughe giganti capaci di vivere centinaia di anni, e della loro smisurata empatia per il genere umano. È, insomma, un libro strano, ma soprattutto bello. E pure veloce, se è quello che state cercando.
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Viola Stefanello
Anche io, di Jodi Kantor e Megan Twohey
Lo consiglio moltissimo anche a chi ha già visto il film (il cui titolo è stato tradotto in italiano nello stesso stupido modo) e nonostante la percezione un po’ in generale – e forse in particolare per chi fa il nostro lavoro – sia forse quella di sapere già tutto del #MeToo. Qui le due giornaliste del New York Times Jodi Kantor e Megan Twohey raccontano come sono arrivate a pubblicare l’inchiesta che ha dato inizio al movimento e ai processi contro Harvey Weinstein, e quello che è successo subito dopo. Più che un libro sul #MeToo è quindi un libro che parla di giornalismo investigativo, delle sue buone pratiche e dei suoi dilemmi etici, e di come si fa tutti i giorni in uno dei giornali più importanti del mondo.
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Marta Impedovo
L’anniversario, di Andrea Bajani
È quello che si potrebbe chiamare un romanzo familiare, ma è anche, e forse soprattutto, un romanzo che racconta un addio, e quasi celebra il momento di un distacco probabilmente definitivo, a dieci anni – l’anniversario, appunto – dalla decisione del narratore di recidere ogni legame con la sua famiglia. La vera protagonista della storia è in realtà sua madre, prigioniera in un rapporto di coppia in cui è ombra del marito, impossibilitata a gesti di ribellione e di fuga, se non alcuni, remoti, subito repressi. L’anniversario è una storia di patriarcato in tutte le sue declinazioni, comprese le botte: una storia esemplare anche se purtroppo comune a milioni di donne in Italia e nel resto del mondo. Il narratore ripercorre la storia della sua infanzia e della sua giovinezza, il clima di terrore creato dal padre, si interroga sulle ragioni della rassegnazione di sua madre a quella che gli appare come una sindrome di Stoccolma. Fino alla decisione del taglio definitivo.
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Alessandro Parodi
Primo di cordata, di Roger Frison-Roche
Pubblicato negli anni Quaranta e ambientato negli anni Venti del Novecento, racconta una montagna lontanissima da quella di oggi, senza telefoni, elicotteri o turismo di massa. Il romanzo segue Pietro, figlio di una guida alpina, a cui il padre impone una vita più sicura e tranquilla. Ma un lutto improvviso cambia tutto, e inizia così un cammino di ritorno – alla montagna, al desiderio, alla fiducia. Non è solo un libro di grandi scalate: si racconta la vita delle guide alpine dell’epoca, di animali da portare al pascolo (e da far combattere tra loro), di dolori che non si dicono e di vertigini che non passano. A differenza di tanta letteratura di montagna di oggi, fatta di record e imprese, questo libro è un salto nel tempo: un racconto più lento, più umano, più vicino. La montagna non si conquista, si vive, e si ringrazia quando ci insegna che si può sempre ricominciare.
(IBS)
Giovanni Bonometto
La crisi della narrazione, di Byung-Chul Han
Questo piccolo libro aiuta a rispondere a due domande che credo in molti ci facciamo oggi: (1) ma con tutte le informazioni che ho a disposizione, perché mi sembra di non capire niente del mondo attorno a me? (2) E con tutte le persone a cui sono connesso attraverso le varie piattaforme online, com’è che mi sento così solo? Ormai in molti abbiamo capito che questi grossi problemi delle nostre vite hanno un po’ a che fare con il sistema economico capitalista, che tende a fare di tutto una merce oggetto di consumo, e un po’ anche con le tecnologie digitali, che rendono disponibili in qualsiasi momento enormi quantità di informazioni. Ma questo libro breve e agile, con le sue frasi spesso originali e illuminanti, mi sembra riesca a descrivere in concreto come alcune caratteristiche del capitalismo e del digitale ci facciano sentire disorientati e isolati. Il grosso del problema starebbe, secondo Han, nel fatto che non siamo più capaci di narrare storie. Su Instagram ne mettiamo un sacco, certo, ma quelle che ci mancano sono le grandi narrazioni che permettono di unire le persone in comunità, che non servono a vendere qualcosa (un prodotto o uno stile di vita), ma che aiutano a organizzare tanti fatti contingenti in un racconto dotato di senso, e di una direzione. A chi ha percepito una mancanza del genere questo libro permette di vedere descritta la propria esperienza in maniera limpida, che è sempre il primo passo per provare a trovare una soluzione. Per chi invece vuole sapere qualcosa in più sull’autore: ne avevamo scritto qui.
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Iacopo Russo
La restanza, di Vito Teti
Si va via dal luogo in cui si è nati, si ritorna, si resta. Nessuna di queste azioni è semplice e ognuna di queste implica delle conseguenze per chi le compie e per chi le subisce. Questo libro è il saggio di un antropologo calabrese che durante la pandemia si è interrogato e ha ripercorso gli studi di una vita sul paese, sull’emigrazione, riflette sulle pratiche del ripopolamento, in Calabria, ma i concetti sono estendibili ed universali e quanto mai attuali:
Essere migranti, in determinate condizioni, era il modo migliore, se non l’unico, di sopravvivere, di continuare ad esserci nel tempo breve della vita e nel tempo lungo dell’evoluzione.
Si parla di nostalgia, quella degli emigrati, dei partiti e dei rimasti che è accomunata in tutti i casi dalla necessità di riappropriarsi di un sé. Si parla di cura, dei luoghi e delle persone:
Radicamento e fuga, stanzialità e viaggio, abbandono e ricostruzione dei luoghi, sono sempre le parti di un intero. Non si resta o si fugge: si resta e si fugge.
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Francesca Lagrotteria
Un perfetto equilibrio, di Rohinton Mistry
Il semestrale appello per i consigli sui libri mi ha trovato nel pieno della preparazione per un viaggio in India. Vi tocca quindi un consiglio a tema indiano, ma non è necessario essere appassionati del subcontinente per apprezzare il libro. Un perfetto equilibrio di Rohinton Mistry (canadese nato in India) è uscito nel 1995 ed è un romanzo divertente, coinvolgente e scorrevole, che ha in più la dote di raccontare un pezzo della storia indiana, quello dell’Emergenza del 1975, e grandi parti della sua società, con una vista dal basso. I protagonisti sono due sarti indiani che lasciano il villaggio per andare a cucire vestiti in un’imprecisata città che sembra Delhi, la signora di una bassissima borghesia che li assume e lo studente a cui lei affitta una camera. I sarti sono coinvolti in una serie di sventure straordinarie per noi, ordinarie per loro. Decisioni politiche come il rinnovamento urbanistico o le campagne di sterilizzazione hanno effetti dirompenti sulla loro vita, accolte con rassegnazione, capacità di adattamento e picchi di dolcezza: tutto riassumibile nel tipico ondeggiamento laterale della testa, che vuol dire “sì”, ma sembra sottintendere molto di più. Un insieme di personaggi secondari eccentrici, crudeli, quasi sempre corruttibili e corrotti, completa lo scenario dell’India di 50 anni fa, di cui molto sopravvive anche oggi.
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Valerio Clari
Watchmen, di Alan Moore, Dave Gibbons e John Higgins
Ma cosa sarebbe successo durante la Guerra fredda se i supereroi fossero esistiti davvero? Watchmen è un fumetto (a volte anche un libro) che esplora proprio questa possibilità: di supereroe vero, però, c’è solo il Dr. Manhattan, un tizio blu che sa tutto e può fare tutto; tutti gli altri sono persone che si sono messe una maschera, un mantello e sono andate a picchiare “i cattivi” finché il governo non glielo ha proibito. Ma Watchmen è anche un giallo: la storia comincia nel 1985, a New York (ovviamente a New York), quando Rorschach, uno di quegli ex vigilanti, inizia a indagare sull’omicidio del Comico, un suo ex collega. La sua morte sembra solo l’ultima di una strana catena che coinvolge altri ex “eroi”, tutti uccisi in circostanze misteriose. Ma, al di là di tutte le riflessioni sulla giustizia, sul potere e sul terrore della “bomba”, i disegni di Gibbons rendono Watchmen un libro iconico, un classico bellissimo da sfogliare sotto l’ombrellone.
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Riccardo Trabattoni
Il collo mi fa impazzire, di Nora Ephron
Il collo mi fa impazzire è una raccolta di segreti, di storie, di problemi e di soluzioni che hanno senso solo per chi se le è inventate. È il memoir di Nora Ephron, nome che probabilmente vi dice qualcosa per C’è posta per te, Harry, ti presento Sally…, Insonnia d’amore e tutti gli altri titoli dei film che ha diretto o dei quali ha scritto in parte o tutta la sceneggiatura. È un libro breve e ironico che racconta la vita di una sceneggiatrice, scrittrice e regista che vive a New York e dei «tormenti» che questo comporta: dalla manutenzione quotidiana di faccia, unghie e capelli alla ricerca di una casa, fino alla caccia allo strudel di cavolo, che improvvisamente non si trova più in nessuna rosticceria della città. È quasi come leggere la sceneggiatura di uno dei suoi film, ma con lei al posto di Meg Ryan, ed è molto divertente farlo.
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Valeria Sforzini
La strada, di Cormac McCarthy
A volte passeggio per la città, rumorosa e trafficata, e penso a quei giorni strani e sospesi della pandemia e dei lockdown, quando non c’era in giro nessuno e se allungavi di troppo l’ora d’aria intorno all’isolato sentivi qualcuno nascosto dietro a una finestra che urlava «State a casa». È stata forse l’esperienza più vicina al post-apocalittico che abbiamo vissuto, senza dover fare i conti con una vera apocalisse. Saranno i tempi che corrono, ma da quando l’ho letto a volte immagino l’uomo e il bambino della Strada in giro per i posti che attraverso, intenti a sopravvivere nel loro viaggio incredibile, difficile e doloroso, ma al tempo stesso confortante. Volevo leggerlo da anni, l’ho finito chiedendomi perché non lo avessi fatto prima.
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Emanuele Menietti
Atti umani, di Han Kang
Di solito i premi letterari non mi appassionano al punto da correre a leggere i libri di chi li vince, e infatti anche a sto giro ho letto questo romanzo di Han Kang, premio Nobel per la Letteratura nel 2024, per caso, perché me l’ha regalato un’amica. Gliene sono molto grata però: è uno dei libri più belli letti quest’anno, a dispetto del mio scarso entusiasmo iniziale. Ho rimpianto tutto il tempo di non conoscere il coreano, perché la cosa che forse più mi ha colpita di Atti umani – che è un libro crudo, sui vivi e sui morti – è lo stile assai sperimentale di Han Kang. Finalmente, ho pensato leggendola, una scrittrice che osa, inventa un linguaggio, crea con le parole immagini inedite che sanno aprire squarci inesplorati nell’immaginazione. Stupisce, Han Kang. E lo fa mentre racconta una strage poco conosciuta con la precisione di un coltello molto affilato. Plasma la prosa in poesia, ed è quello che serve per accostarsi a un misto di orrore, pietà, pochi atti eroici (e per questo molto luminosi) e molti umani.
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Laura Fasani
La chiamata, di Leila Guerriero
Ho cominciato a leggere La chiamata di Leila Guerriero soltanto perché sulla fascetta di copertina c’era scritto che era stato scelto dal País come libro migliore del 2024. Spesso le fascette di copertina fanno proclami esagerati, ma sono andato a controllare: è vero. Il giorno dopo ero già a metà. All’apparenza, La chiamata è un libro che parla di una vicenda precisa: il rapimento di Silvia Labayru, militante di sinistra, da parte del regime militare che governava l’Argentina negli anni Settanta. In realtà La chiamata va molto oltre. Riesce a raccontare le piccole cose di una vita tanto quanto gli eventi storici e disumani che l’hanno attraversata. A La chiamata abbiamo anche dedicato una puntata di Globo, con Leila Guerriero come ospite. È uscita a fine maggio.
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Eugenio Cau
Alleanze ribelli. Per un femminismo oltre l’identità
Un libro per trovare un orientamento rispetto ad alcune questioni che occupano il dibattito femminista, e non solo. Alleanze ribelli. Per un femminismo oltre l’identità è stato tradotto per la prima volta in Italia da Me-Ti, progetto editoriale di informazione e formazione indipendente, ed è una raccolta di contributi di autrici e autori spagnoli. Come scrive Clara Serra nell’introduzione «se il femminismo è emerso di recente come questione centrale, è perché vuole trasformare le cose alla radice e, quindi, cambiare tutto per tutte e tutti noi». Per questo va aperto un conflitto con i femminismi identitari che escludono dai loro orizzonti, ad esempio, le soggettività trans. Il libro lavora dunque non sull’esclusione ma sulla costruzione di alleanze ribelli: «Ribelli esattamente perché producono l’unione e la collaborazione proprio tra quelle soggettività che si vorrebbe fossero in contrasto tra loro per mantenere le cose così come sono. Quando vogliono separarci, allearsi diviene un atto di ribellione e il femminismo deve difendere questa ribellione moltiplicando e ampliando i fronti comuni».
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Giulia Siviero
Le voci della sera, di Natalia Ginzburg
Ascolto pochissimi audiolibri, per gusto e per schizzinosità nei confronti della lettura teatrale (e perché sono una di quelle persone che torna spesso indietro, a leggere la riga e la pagina precedente). Per questa ragione credo di avere amato Le voci della sera letto da Sandra Toffolatti; proprio perché assomiglia poco al classico audiolibro. Mi ha ricordato i racconti di paese o di famiglia che ascoltavo dai nonni, in cui l’affetto e l’indulgenza si intrecciavano alla divertita presa in giro. Merito, soprattutto, della prosa e del mondo immaginato da Ginzburg, che a quanto leggo ha inteso Le voci della sera come una prova generale di Lessico famigliare. All’inizio del romanzo, uscito nel 1961, dice che i suoi personaggi non sono «mai vissuti, in nessuna parte del mondo. E mi dispiace dirlo, avendoli amati come fossero veri». Arrivati alla fine succederà anche a voi: vi sembrerà insomma di conoscere perfettamente il Barba Tommaso e la Magna Maria, e di ammirare e temere da sempre il Vecchio Balòtta. L’audiolibro si può ascoltare gratis, qui.
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Luca Misculin
Un’educazione orientale, di Charles Berbérian
È un graphic novel autobiografico, uscito nel 2024. Charles Berbérian è un popolare ed eclettico disegnatore francese di origine armena, nato a Baghdad nel 1959 e cresciuto a Beirut. Si trasferì in Francia con la sua famiglia negli anni Settanta, scappando dalla prima guerra civile libanese. Un’educazione orientale racconta con una sensibilità rara come la storia di una famiglia – qualsiasi famiglia, anche le più fortunate – possa cambiare per effetto di grandi eventi collettivi. Insegna cose tra le righe, senza avere mai quel tipo di ambizione, e parla a chiunque e di chiunque: credo perché la città al centro della storia, Beirut, è «sopravvissuta al caos talmente tante volte che si è ricostruita con l’idea che il caos sia una modalità di funzionamento».
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Antonio Russo
I racconti, di John Cheever
Quando un tempo affrontavo dei periodi di blocco del lettore, mi affidavo spesso ai racconti, un’ottima esca per condurmi poi verso un altro romanzo. Ma poi sono piano piano diventati qualcosa di molto di più di semplici “riempitivi” letterari. John Cheever è uno scrittore statunitense degli anni Cinquanta, così abile nelle prose brevi che è stato anche chiamato “il Čechov dei sobborghi”. I suoi racconti sono intriganti perché parlano della classe media del secondo dopoguerra americano, proprio quella che cominciava ad abitare nei sobborghi delle grandi città. Cheever è bravo a descrivere cosa c’è dietro il desiderio di queste famiglie di esibire sempre una perfezione di facciata, e quali sono le conseguenze di chi tenta morbosamente di raggiungere una posizione sociale più prestigiosa di quella in cui si trova. Il suo racconto più famoso si chiama “Il nuotatore”: parla di un uomo che, dopo una festa, decide di tornare a casa attraversando il suo quartiere “nuotando”, da una piscina all’altra. Al momento si trova facilmente in ebook, ma magari lo trovate usato.
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Sofia Calvo
Elogio della bicicletta, di Ivan Illich
“Gli uomini liberi possono percorrere la strada che conduce a relazioni sociali produttive solo alla velocità di una bicicletta”, scriveva Ivan Illich in questo breve saggio, pubblicato nella sua prima versione nel 1973 su Le Monde. Illich era e faceva molte cose, e già allora parlava di temi ancora incredibilmente attuali, come la crisi energetica e la dipendenza dalle automobili, le diseguaglianze legate al consumo di energia e il bisogno di ripartire dalla prossimità. Di bici in effetti non si parla neanche tantissimo, in Elogio della bicicletta: che però per me resta sempre significativo come promemoria per ricordarmi di un’altra cosa da tener presente: che a rallentare non si fa mai male.
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Susanna Baggio
Luna comanche, di Larry McMurtry
Larry McMurtry, morto nel 2021, è stato un grande scrittore e sceneggiatore americano. Vinse il premio Pulitzer nel 1986 e l’Oscar nel 2006 per la miglior sceneggiatura non originale con I segreti di Brokeback Mountain (ha scritto anche L’ultimo spettacolo, Voglia di tenerezza, Hud il selvaggio, tutti diventati film di successo). Einaudi ha pubblicato recentemente il suo Luna comanche, parte del ciclo di Lonesome Dove, libri in cui racconta la storia di due capitani dei Texas Rangers nell’epoca, circa metà dell’Ottocento, della cosiddetta conquista del West, quando la frontiera negli Stati Uniti si spostava progressivamente verso ovest con l’arrivo costante di centinaia di migliaia di coloni bianchi. È la storia di un territorio e di un lungo periodo feroce, di cambiamenti epocali, di massacri e guerre impari, di razzie, banditi, di conquiste a ogni costo. Certo, è un libro per chi ama conoscere quell’epoca di vite e territori selvaggi (è una frase fatta ma era davvero così), di intere popolazioni sterminate in nome del cosiddetto “manifest destiny”, il destino manifesto e cioè in sostanza in nome della “naturale superiorità” di quella che allora veniva definita “razza anglosassone”. Luna comanche è la luna piena, che, soprattutto d’autunno, i comanche associavano ai tempi di guerra e di incursioni e per i bianchi erano, invece, quelli di maggior pericolo. Larry McMurtry quell’epoca l’ha raccontata come nessun altro. Scriveva benissimo.
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Stefano Nazzi
Donnaregina, di Teresa Ciabatti
Donnaregina, il nuovo romanzo di Teresa Ciabatti, comincia così: “Questa è la storia di Giuseppe Misso, detto ‘o Nasone, accusato di rapina a mano armata, furto, associazione a delinquere, associazione mafiosa, 38 omicidi commessi, 108 ordinati, ma per qualcuno molti di più”, e si capisce subito, dalla voce intensa, viva, contemporanea e dolorosa della narratrice – che diventa protagonista e si prende tutto – che questa storia, già promettente così, tiene dentro molte più vite, esistenze che si incrociano e aggrovigliano. Vite fragili e imperfette, complesse, che si specchiano fra loro, come quelle del superboss con un figlio difficile, della figlia adolescente, dell’amatissima amica che sta morendo e della protagonista, appunto, che ostinatamente cerca di resistere a tutti i fallimenti, agli errori, ai dolori, provando a capire e raccontare tutto quello che è scomodo. È un libro sulle ambiguità delle relazioni umane, sulle cose storte, che ha un grande equilibrio e rigore nella scrittura e che commuove per la sua precisione.
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Francesca Vittani
Il grande successore. La vera storia di Kim Jong-un, l’uomo che ci distruggerà tutti, di Anna Fifield
Raccogliendo testimonianze rare, viaggiando nei luoghi chiave della vita di Kim Jong-un e parlando con persone che lo hanno conosciuto davvero — dai compagni di scuola in Svizzera agli ex funzionari fuggiti dal regime, fino al cuoco giapponese che gli preparava il sushi tutti i giorni — la giornalista del Washington Post Anna Fifield ha scritto quello che viene considerato il miglior saggio che si possa leggere sul dittatore nordcoreano. Fifield si sofferma sugli aspetti più eccentrici della sua esistenza, come l’amicizia con il cestista Dennis Rodman, la passione per il basket NBA e per i cartoni animati, il sushi di lusso, i computer Apple e le feste private in stile occidentale; ma racconta anche la sua formazione lontano da casa, il periodo vissuto sotto copertura in una scuola pubblica svizzera, e il modo in cui è riuscito a imporsi come leader in un sistema dominato da gerarchie di potere rigide e sospettose. Per chiunque voglia provare a capire chi sia davvero Kim Jong-un, al di là dei meme, delle caricature e delle semplificazioni mediatiche, questo libro è un buon punto di partenza.
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Giuseppe Scaffidi
La foresta nascosta, di David George Haskell
Ho aperto questo libro nei primi giorni dell’anno, in una casuale coincidenza temporale: nella prima pagina infatti si legge “primo gennaio”. Il suo autore, il biologo David George Haskell, tiene un diario lungo un anno abbastanza speciale, perché dopo aver scelto una piccola area in una foresta del Tennessee passa un anno a frequentarla quasi tutti i giorni, per annotare poi le sue osservazioni. E quindi il libro è un susseguirsi di piccoli capitoli che si chiamano: muschio, xilema, lucciole, felci, coyote, funghi, uccellini all’alba. Ogni capitolo è un concentrato di biologia, filosofia della scienza e botanica, ma raccontate con uno stile appassionato e divulgativo che le rende comprensibili e accessibili anche a chi non ha una formazione scientifica. Haskell chiama il suo cerchio di foresta “mandala”, perché sostiene che “la verità della foresta possa essere rivelata in modo più intenso e chiaro dalla contemplazione di una piccola superficie”. È un libro che fa imparare tante cose, soprattutto quella di ricominciare a guardare con curiosità e fascino le piccole cose che ci circondano.
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Valentina Lovato
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