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  • Martedì 20 maggio 2025

Perfino Nikola Jokic può non bastare per vincere in NBA

I Denver Nuggets sono stati eliminati dai playoff nonostante le statistiche del tutto eccezionali del loro miglior giocatore

Il cestista serbo dei Denver Nuggets Nikola Jokic durante la gara 7 contro gli Oklahoma City Thunder, 18 maggio 2025 (AP Photo/Kyle Phillips)
Il cestista serbo dei Denver Nuggets Nikola Jokic durante la gara 7 contro gli Oklahoma City Thunder, 18 maggio 2025 (AP Photo/Kyle Phillips)
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Nella notte tra domenica e lunedì gli Oklahoma City Thunder hanno eliminato i Denver Nuggets dai playoff di NBA, la fase finale del campionato di basket nordamericano, il più seguito al mondo. Ai Nuggets non è bastato affidarsi al serbo Nikola Jokic, che è uno dei migliori due o tre cestisti al mondo e che quest’anno ha anche fatto la sua miglior stagione in carriera.

Jokic ha 30 anni e gioca in NBA dal 2015, quando fu preso proprio dai Nuggets. Alto 211 centimetri e pesante 129 chili, è il giocatore che statisticamente ha meglio recepito il nuovo ruolo del centro in NBA. Non è solo un “big man”, come si definiva il centro alto e grosso che fino agli anni Novanta giocava principalmente sotto il canestro per prendere i rimbalzi (cioè i recuperi di palla dopo un tiro) e segnare o bloccare i tiri degli avversari: è anche capace di passare la palla agilmente e di tirare bene, aiutando quindi nella costruzione del gioco. Grazie alla sua stazza e alla capacità di usarla a suo vantaggio non è per nulla facile da marcare.

Ma la qualità principale che viene riconosciuta a Jokic è la sua intelligenza in campo: il sito specializzato The Ringer l’ha definito un «genio» e ha parlato della sua grande capacità di cogliere sempre il momento giusto nell’organizzare l’attacco della squadra e di passare la palla anche quando la sua visuale è molto limitata.

Nelle stagioni passate Jokic aveva già giocato un basket di altissimo livello e con statistiche fuori dal comune, vincendo una volta l’NBA nel 2023 e tre volte l’MVP, il premio per il miglior giocatore della regular season (la fase di campionato prima dei playoff, che invece sono un torneo a eliminazione diretta). Riuscire a migliorare ancora di più, insomma, era molto difficile.

Eppure quest’anno Jokic ha spesso ripetuto – ragionevolmente – che stava giocando la migliore pallacanestro della sua carriera: a gennaio, per esempio, ha fatto una delle sue migliori partite di sempre, segnando 61 punti e facendo 10 assist e 10 rimbalzi contro i Minnesota Timberwolves.

In questa stagione Jokic è diventato il terzo giocatore nella storia dell’NBA (e il primo centro, appunto) a realizzare una “tripla doppia” stagionale, facendo in media 29,6 punti, 12,7 rimbalzi e 10,2 assist a partita in regular season. La tripla doppia si verifica quando un giocatore arriva a doppia cifra in tre delle principali voci statistiche individuali (in questo caso punti, rimbalzi, assist) e generalmente riesce solo a pochi e solo certe volte, e dimostra che un giocatore è molto capace in tutti gli aspetti del gioco: sa segnare, sa recuperare la palla e sa passarla bene ai compagni (e quindi attacca, difende e costruisce l’azione a un livello molto alto). Jokic ha raggiunto questo risultato mediamente in ognuna delle 70 partite che ha giocato: è una statistica impressionante.

Questi numeri spiegano perché l’unico giocatore di cui i Nuggets non possono mai fare a meno è il solo Jokic, nonostante abbiano altri giocatori forti come Jamal Murray, Aaron Gordon o Michael Porter Jr. Senza di lui quest’anno i Nuggets hanno segnato in media quasi 13 punti in meno a partita.

Jokic insomma fa una differenza enorme, e l’ha fatta anche durante i playoff. Pur giocando molte più partite di altri (i Nuggets ne hanno giocate 14, come nessun’altra squadra), Jokic è stato statisticamente tra i migliori giocatori dei playoff. Per fare un esempio: è il secondo giocatore ai playoff con la più alta media di rimbalzi a partita, dietro al greco Giannis Antetokounmpo che però ai playoff ha giocato solo cinque partite (e quindi ha potuto disperdere meno energie e concentrare gli sforzi su quelle che ha giocato).

Anche durante la serie di partite contro i Thunder, che è stata molto combattuta, Jokic ha fatto delle prestazioni individuali eccezionali. In gara 1 ha fatto 42 punti, 22 rimbalzi e 6 assist, mentre in gara 5 ha fatto 44 punti, 15 rimbalzi e 5 assist. Pochissimi giocatori nella storia dell’NBA hanno realizzato almeno 40 punti, 15 rimbalzi e 5 assist più di una volta durante gli stessi playoff: tra questi ci sono alcuni dei più forti di sempre, come LeBron James e Wilt Chamberlain.

Già in gara 5, però, i 44 punti di Jokic non erano bastati ai Nuggets: avevano vinto i Thunder con cinque punti di vantaggio. Questi ultimi sono fin da inizio stagione una delle squadre più quotate per vincere il titolo.

In gara 7 – uno spareggio decisivo, dato che per passare il turno ai playoff di NBA bisogna vincere quattro partite e la settima si gioca solo sul 3-3 – i Thunder sono invece riusciti a vincere con uno scarto di 32 punti, proprio perché sono riusciti a limitare molto di più l’impatto offensivo di Jokic grazie alla loro difesa ben organizzata.

Nella difesa dei Thunder ha avuto un ruolo particolarmente decisivo lo statunitense Alex Caruso, che pur pesando 45 chili in meno di Jokic l’ha marcato con grande agonismo ed è stato quindi uno dei giocatori più importanti della partita.

Dall’ultima partita dei Nuggets si è capito che la loro eccessiva dipendenza da Jokic e, più in generale, le loro sconfitte sono state causate anche dalla mancanza di valide alternative in panchina. Con diversi giocatori infortunati o comunque non nella migliore condizione fisica (una cosa che sta accadendo spesso in questi playoff di NBA), l’assenza di sostituti affidabili che facessero riposare i titolari è stata un limite evidente: dopo gara 7, lo ha ammesso anche lo stesso Jokic.