L’omicidio di Sergio Ramelli e tutto quello che successe dopo

Morì il 29 aprile di cinquant'anni fa, ucciso da militanti di sinistra, e da allora viene ricordato ogni anno in raduni neofascisti molto contestati

Il corteo in memoria di Sergio Ramelli, Milano 29 aprile 2024 (ANSA/MATTEO CORNER)
Il corteo in memoria di Sergio Ramelli, Milano 29 aprile 2024 (ANSA/MATTEO CORNER)
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La presidente del Consiglio Giorgia Meloni ha pubblicato ieri un video per l’anniversario della morte di Sergio Ramelli, uno studente diciottenne e militante del Fronte della Gioventù – l’organizzazione giovanile del Movimento Sociale Italiano – che il 29 aprile del 1975 morì più di un mese dopo essere stato aggredito da alcuni militanti di sinistra. Raccontando anche che di recente è stato emesso un francobollo alla memoria di Ramelli, tra le molte iniziative e pubblicazioni legate al cinquantesimo anniversario, ha parlato della sua morte come di un «sacrificio» divenuto «un simbolo per i militanti di destra».

La morte di Ramelli fu uno degli episodi dei cosiddetti “anni di piombo”, quel periodo della storia italiana tra gli anni Sessanta e Settanta che fu segnato da una grande intensificazione della violenza politica, con attentati, omicidi e in generale grandi tensioni soprattutto tra gruppi di estrema destra e gruppi di estrema sinistra. Citando un’espressione usata polemicamente per indicare alcuni intellettuali della sinistra degli anni Settanta, i cosiddetti “cattivi maestri”, Meloni ha aggiunto: «Ai ragazzi che hanno l’età di Sergio Ramelli voglio dire: non fatevi ingannare da falsi profeti e cattivi maestri, coltivate la libertà, inseguite la bellezza e difenderete le vostre idee con forza e amore come faceva Sergio».

Nel tempo l’anniversario di Ramelli è diventato anche il contesto di raduni e celebrazioni apertamente neofasciste. Anche quest’anno una serie di gruppi che si firmano “i camerati” – tra questi Forza Nuova, Rete dei Patrioti, CasaPound, Lealtà Azione-Hammerskin, Veneto Fronte Skinheads, Comunità militante dei Dodici Raggi – hanno annunciato un corteo serale a Milano che da piazzale Gorini raggiungerà via Paladini, dove fu aggredito Ramelli. Di solito queste manifestazioni si concludono con uno dei leader del neofascismo che urla «Attenti!», scandendo poi per tre volte «Camerata Sergio Ramelli», seguito altrettante volte dal grido «Presente!» e dal saluto romano dei partecipanti.

Nel manifesto con cui la marcia è stata annunciata, c’è un simbolo già usato dalla Gioventù hitleriana e delle Waffen-SS, le milizie speciali armate del partito nazista tedesco: la runa Tyr, una freccia, in mezzo alle fiamme.

A differenza di molti dei fatti degli “anni di piombo”, dell’omicidio Ramelli si sa quasi tutto. Ramelli militava nel Fronte della Gioventù e aveva partecipato, il 12 aprile del 1973, alla manifestazione missina (cioè del Movimento Sociale) durante la quale l’agente Antonio Marino fu ucciso da una bomba a mano (il “giovedì nero di Milano”). A quella manifestazione c’era anche Ignazio La Russa, attuale presidente del Senato, allora segretario lombardo del Fronte della Gioventù. Per la sua attività politica, Ramelli era stato più volte minacciato e aveva già subito due aggressioni: anche per questo aveva lasciato l’Istituto tecnico Ettore Molinari e si era iscritto a una scuola privata.

Il 13 marzo del 1975 attorno alle 13, mentre stava legando il motorino in via Paladini, vicino a dove abitava in via Amadeo, Ramelli fu aggredito e colpito più volte alla testa con delle chiavi inglesi. Fu portato all’ospedale Maggiore, dove venne sottoposto a un lungo intervento chirurgico, e morì il 29 aprile. Le indagini appurarono che Ramelli era stato aggredito da due persone sui 18-20 anni; del gruppo facevano parte anche altri che però non lo avevano colpito.

Tra l’aggressione e la morte di Ramelli, il 16 aprile, in piazza Cavour a Milano un gruppo di ragazzi di sinistra che tornava da una manifestazione incrociò tre militanti fascisti che stavano facendo volantinaggio. Uno dei tre, Antonio Braggion di Avanguardia Nazionale, sparò e uccise Claudio Varalli, 18 anni, studente dell’Istituto tecnico per il turismo e vicino a un movimento studentesco della sinistra extraparlamentare. Il giorno dopo un grande corteo di sinistra si diresse verso via Mancini, dove si trovava allora una sede del Movimento Sociale Italiano. In corso XXII Marzo, durante violenti scontri, un mezzo dei carabinieri salì sul marciapiede e investì Giannino Zibecchi, insegnante di 28 anni, uccidendolo. Le tensioni e le violenze continuarono per giorni, e ogni episodio ne innescava altri.

I funerali di Sergio Ramelli. Tra gli altri, a reggere la bara, l’allora segretario nazionale dell’MSI Giorgio Almirante, Milano, 2 maggio 1975 (ARCHIVIO ANSA)

L’anno dopo, il 29 aprile 1976, un avvocato e militante del Movimento Sociale Italiano, Enrico Pedenovi, fu ucciso a colpi di pistola alle 7:45 del mattino in viale Lombardia. Quel pomeriggio doveva partecipare alla commemorazione in onore di Ramelli. A sparare furono tre esponenti del gruppo terroristico di estrema sinistra Prima Linea. Secondo Sergio Segio, ex militante dell’organizzazione, l’agguato fu deciso come rappresaglia per l’aggressione al giovane di sinistra Gaetano Amoroso, accoltellato il 27 aprile da un gruppo di neofascisti, che morì il 30 aprile. A colpire Amoroso fu tra gli altri Gilberto Cavallini, poi entrato nei Nuclei Armati Rivoluzionari di Valerio Fioravanti e condannato a nove ergastoli, tra cui uno comminato il 9 gennaio 2020 per la strage alla stazione di Bologna.

Per la morte di Enrico Pedenovi furono condannati all’ergastolo Bruno La Ronga e Giovanni Stefan, ritenuti gli esecutori dell’omicidio; Enrico Galmozzi, un terzo membro di Prima Linea che faceva parte del gruppo, fu condannato a 27 anni di carcere.

Le indagini sull’omicidio di Ramelli si erano concentrate inizialmente sugli studenti del Molinari e più in generale sui militanti di gruppi giovanili della sinistra milanese. I responsabili vennero individuati solo nel 1985, quando alcuni ex militanti di Prima Linea dissero ai magistrati di aver saputo che l’aggressione era stata decisa ed eseguita dal servizio d’ordine di Avanguardia Operaia, un’organizzazione di sinistra, e in particolare dalla struttura di militanti della facoltà di Medicina dell’Università Statale.

Un altro ex militante di Prima Linea disse che del gruppo faceva parte una ragazza di cui conosceva solo il nome, Brunella, che nel 1985 viveva in Svizzera. La donna fu identificata in Brunella Colombelli, che dopo la laurea era andata a lavorare come ricercatrice a Ginevra. Il 14 settembre del 1985, rientrando in Italia, Colombelli fu fermata e dopo una serie di interrogatori, grazie alle sue deposizioni, furono arrestati Claudio Colosio, Franco Castelli, Giuseppe Ferrari Bravo, Luigi Montinari, Walter Cavallari, Claudio Scazza, Marco Costa, Giovanni Di Domenico, Antonio Belpiede, quasi tutti studenti dell’Università Statale nel 1975. Al processo gli imputati affermarono che l’aggressione doveva comportare solo il pestaggio di Ramelli, la cui famiglia venne rappresentata in tribunale da Ignazio La Russa.

Il 16 maggio del 1987 Marco Costa fu condannato a 15 anni e sei mesi, Giuseppe Ferrari Bravo a 15 anni, Claudio Colosio a 15 anni; Antonio Belpiede a 13; Brunella Colombelli a 12; Franco Castelli, Claudio Scazza e Luigi Montinari furono condannati a 11 anni. Giovanni Di Domenico fu assolto per insufficienza di prove, Walter Cavallari per non aver commesso il fatto. In secondo grado le pene furono ridotte perché furono riconosciute le attenuanti di “concorso anomalo” (quando il reato commesso «è più grave di quello voluto»). Costa e Ferrari Bravo, i due che colpirono Ramelli, furono condannati in appello rispettivamente a undici anni e quattro mesi e dieci anni e dieci mesi. La Cassazione confermò poi le condanne.

Nelle commemorazioni del 29 aprile, oltre a Ramelli, i movimenti neofascisti ricordano anche Enrico Pedenovi e Carlo Borsani, che ebbe un ruolo importante nella Repubblica sociale italiana ed era rimasto cieco dopo una ferita di guerra in Albania nel 1940. Borsani collaborò con Benito Mussolini durante i mesi della Repubblica di Salò; catturato a Milano, fu fucilato dai partigiani il 29 aprile del 1945.

La liturgia del 29 aprile per Ramelli raccoglie ogni anno molte attenzioni e polemiche, innanzitutto per le modalità e i simboli fascisti attorno alla cerimonia. Le critiche raggiungono poi anche le celebrazioni più istituzionali, organizzate negli anni dai governi nazionali e locali di centrodestra, per come l’assassinio venga presentato in modo selettivo e decontestualizzato dalla storia di quegli anni. Diverse amministrazioni comunali hanno scelto di intitolare strade e piazze a Sergio Ramelli, in occasione di questo anniversario; sindacati e associazioni hanno organizzato manifestazioni di protesta.