L’abbondanza di pubblicità online su come rifarsi le tette sta diventando un problema
Secondo diversi specialisti è per questo che si fanno molti re-interventi dovuti all'insoddisfazione per il risultato

Un gruppo di una cinquantina di specialisti di chirurgia estetica di vari paesi ha diffuso un documento con cui cerca di contrastare la disinformazione sugli interventi di rifacimento del seno e sulle sue conseguenze sulla salute delle pazienti. È un problema che esiste da tempo, ma che si è intensificato molto negli ultimi anni, soprattutto per via di forum online e profili sui social network che pubblicizzano gli interventi di mastoplastica additiva, quelli per aumentare le dimensioni del seno.
Il problema riguarda soprattutto la pretesa di molte pazienti che siano loro, anziché il medico, a decidere, il tipo di protesi che vorrebbero impiantare, magari perché l’hanno vista pubblicizzare online e la ritengono esteticamente preferibile: può capitare spesso però che quella protesi non sia adatta al loro corpo, e questo porta a dover fare nuovi interventi chirurgici, con procedure invasive sul corpo delle pazienti.
Secondo i dati del Registro nazionale degli impianti protesici mammari aggiornati al 2024, la causa più comune dei re-interventi (quasi il 33 per cento dei casi) non è un problema della protesi impiantata o della salute della paziente, ma è la sua insoddisfazione rispetto al risultato o un cambio di opinione su ciò che si desidera. Secondo gli stessi dati, l’età media di chi richiede un secondo intervento è 47,7 anni e il secondo intervento avviene in media a 8,8 anni di distanza dal primo.
Il chirurgo plastico Roy De Vita, direttore del reparto presso l’Istituto nazionale tumori Regina Elena di Roma e uno degli autori del documento, dice che il numero elevato di re-interventi spiega bene cosa sta succedendo, e lo definisce la «cartina tornasole di un fenomeno impressionante».
Il problema è tale anche perché gli interventi di mastoplastica additiva continuano a essere molto diffusi: secondo dati elaborati dall’azienda Polytech, che fa protesi mammarie, il mercato globale per questo tipo di protesi ha raggiunto i 2,78 miliardi di dollari nel 2024. Tenendo conto non solo degli interventi estetici ma anche di quelli ricostruttivi (per esempio a seguito di un tumore), l’azienda prevede che questa cifra raddoppierà entro il 2034.
Solo in Italia, secondo dati del ministero della Salute, dal 1° agosto 2023 all’11 aprile 2025 sono state impiantate 75.661 protesi su 44.209 pazienti: il dato tiene conto anche di re-interventi su una stessa paziente.
Secondo i chirurghi e le chirurghe che hanno messo insieme il documento – intitolato “Consensus internazionale sulla chirurgia estetica al seno” e consultabile qui – molti re-interventi sono dovuti al fatto che le aspettative di chi ricorre alla mastoplastica additiva sono spesso irrealistiche.
Oggi l’approccio della chirurgia estetica è cambiato rispetto al passato e si tende a ricostruire un tipo di seno che sembri meno artefatto e più naturale, con tecniche che consentono anche una maggiore precisione clinica. Online, però, è pieno di pubblicità irrealistiche che spingono molte pazienti a chiedere dimensioni e protesi di cui poi non sono soddisfatte per l’effetto che fanno: sempre secondo dati di Polytech, le regioni in cui sono più concentrate le aspettative più irrealistiche, con interventi per ingrandire il proprio seno anche di tre taglie, sono Puglia, Campania, Sardegna e Umbria.
– Leggi anche: Cosa succede se si smette di prendere l’Ozempic
Secondo De Vita i primi responsabili della diffusione di disinformazione sono gli stessi chirurghi estetici. Online, soprattutto su Instagram, si trovano molti profili di chirurghi che pubblicizzano il proprio lavoro per mezzo di allettanti immagini del “prima e dopo” per attirare nuove clienti.
A volte i post includono le caratteristiche tecniche della protesi, spesso con vocabolari specifici che una persona che non ha familiarità con l’argomento verosimilmente non sa valutare, e anche stime sui tempi molto rapidi per la realizzazione dell’intervento. Tutto viene poi corredato dalle indicazioni per chiedere un preventivo: «sono anzitutto i chirurghi estetici ad aver completamente commercializzato un mestiere che dovrebbe funzionare con logiche di salute, non di profitto e pubblicità», dice De Vita.
De Vita fa un esempio concreto, legato a un colloquio avuto di recente con una paziente che gli chiedeva di scegliere la marca e il tipo di protesi da impiantare: «Le ho chiesto se avrebbe mai fatto la stessa cosa con un cardiochirurgo che dovesse impiantarle una valvola cardiaca: le protesi mammarie sono dispositivi medici esattamente come tutti gli altri, ed è il medico o la medica ad avere gli strumenti per scegliere quale tipo è più adatto a un determinato corpo e alle sue caratteristiche individuali», spiega.
Le protesi mammarie sono dispositivi medici di classe III, il tipo di dispositivo medico con la classe di rischio più alta, al pari di protesi cardiache e ortopediche. Sono protesi con regole molto stringenti per quanto riguarda la promozione e la pubblicità, previste da un Regolamento europeo che dice, tra le altre cose, che è proibito utilizzare «immagini o segni figurativi o di altro tipo che potrebbero indurre l’utilizzatore o il paziente in errore per quanto riguarda la destinazione d’uso, la sicurezza e le prestazioni del dispositivo». Secondo gli autori del documento, per come vengono utilizzate e interpretate molte promozioni online di interventi chirurgici ricadono evidentemente fuori da questa definizione.