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  • Sabato 29 marzo 2025

A Trento funziona tutto bene, nel basket

La squadra continua a superare le attese grazie all'ottima gestione societaria, e quest'anno ha vinto il suo primo trofeo

di Gianluca Cedolin

Toto Forray alza il trofeo della Coppa Italia, vinta da Trento lo scorso 16 febbraio (Image Photo Agency/Getty Images)
Toto Forray alza il trofeo della Coppa Italia, vinta da Trento lo scorso 16 febbraio (Image Photo Agency/Getty Images)
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Durante l’allenamento, e di conseguenza in partita, i giocatori dell’Aquila Basket Trento si muovono e muovono il pallone in continuazione. L’intensità e la ricerca del tiro più efficace possibile sono due concetti su cui insiste parecchio l’allenatore Paolo Galbiati, 41 anni, che a Trento sta proponendo un modo di giocare a pallacanestro moderno e arrembante.

La squadra si allena con la musica, un mix di rap statunitense e francese, reggaeton e un po’ di pop italiano che riflette gli interessi di un gruppo variegato. Uno dei preparatori atletici ha il compito di alzare il volume quando comincia un esercizio e di abbassarlo quando l’allenatore o un suo collaboratore hanno qualcosa da dire. Galbiati si fa sentire spesso, in inglese o in italiano, per dare indicazioni e consigli, per incitare o richiamare i giocatori (soprattutto quelli più giovani), per complimentarsi con loro; in ogni momento trasmette una grande carica agonistica e entusiasmo. Quando un esercizio sta per finire, chiede ai giocatori: «Give me your best», cioè di mostrare il meglio che possono fare in quella determinata situazione, anche alla fine.

Due mesi fa l’Aquila ha vinto la Coppa Italia, il primo trofeo importante della sua storia, e ora è seconda in Serie A con due punti in meno di Trapani e a pari merito con altre tre squadre: Milano, Bologna e Brescia, che domenica giocherà proprio a Trento, in un palazzetto sold out per la decima partita consecutiva. Questo grande successo di pubblico, i recenti risultati e il gioco piuttosto divertente della squadra hanno attirato molte attenzioni sull’Aquila, anche da parte di media non specializzati: tutti la citano come un esempio virtuoso di fare sport ad alto livello.

La finale di Coppa Italia vinta da Trento contro Milano, vista da molto vicino

In realtà sono diversi anni che Trento fa le cose per bene e porta avanti una gestione intelligente della squadra, con una particolare attenzione al legame con il territorio e con i vari soggetti del luogo, evidente sin dalla struttura societaria. Le quote appartengono infatti per il 20% a una fondazione, per il 40% a un consorzio di circa centodieci aziende locali (tra gli sponsor principali ci sono Dolomiti Energia e Trentino, l’ente turistico della provincia autonoma di Trento) e per un altro 40% a un trust di tifosi, che sono di fatto proprietari di parte della squadra, come avviene nelle associazioni sportive tedesche. «A Trento si lavora bene», sintetizza Andrea Nardelli, direttore generale di Aquila Basket Trento.

Nardelli lavora per Trento da oltre quindici anni, da quando la squadra era ancora in Serie B dilettanti, che all’epoca era la quarta serie italiana. Cominciò da volontario nei giorni delle partite, poi passò nella parte di vendite e sponsor fino a quando non fu nominato direttore generale, nel 2022. Il suo percorso è abbastanza inusuale ma comune a quello di diversi suoi colleghi: l’attuale direttore sportivo Rudy Gaddo fu per anni l’addetto stampa; il responsabile della comunicazione Daniele Montigiani era il fotografo della squadra fino a poco fa (adesso fa entrambe le cose). «Abbiamo sempre avuto come obiettivo primario la crescita delle persone», dice Nardelli, riferendosi a come anche ai giocatori venga dato tempo e modo di esprimersi al meglio.

Non a caso in questi anni diversi giovani si sono affermati giocando a Trento; gli ultimi due esempi notevoli sono Quinn Ellis e Saliou Niang, arrivati entrambi da squadre di Serie A2 e oggi tra i protagonisti dell’eccellente stagione di Trento. Ellis ha 21 anni e gioca nel ruolo di guardia, Niang 20 e gioca ala: sono due giocatori talentuosi e di grande esuberanza atletica, che si inseriscono molto bene nel gioco di Galbiati. Lo scorso febbraio Niang ha giocato la sua prima partita con la Nazionale italiana.

Saliou Niang durante la partita fra Trento e Tortona (Daniele Montigiani/Aquila Basket Trento)

Chi più di tutti però rappresenta al meglio la crescita compiuta da Trento negli ultimi quindici anni è il capitano Andrés Forray, detto Toto, argentino con cittadinanza italiana che gioca per l’Aquila dal 2011. Forray ha vissuto tutte le fasi della sorprendente scalata compiuta da Trento, contribuendo prima alla promozione in Serie A2 del 2012 e a quella in Serie A del 2014, poi al raggiungimento di due inattese finali Scudetto consecutive tra il 2017 e il 2018 (perse contro Venezia e Milano), e infine alla vittoria della Coppa Italia, alzata da capitano. Trento si è qualificata per i playoff, è arrivata cioè tra le prime otto classificate della stagione regolare, in otto delle ultime dieci stagioni.

Quando arrivò Toto Forray, al PalaTrento ci andavano sì e no 200 persone e in città era seguita quasi solo la squadra di pallavolo, che in quegli anni vinse tra le altre cose tre Champions League consecutive. Oggi, nonostante la Trentino Volley continui a ottenere risultati eccezionali, ci sono più spettatori alle partite di basket, che riempiono quasi sempre tutti e quattromila i posti (c’è un progetto di fare un nuovo impianto, più grande). Nel frattempo, Forray è diventata una persona conosciutissima e apprezzata in città. Dice di essere rimasto per tutti questi anni perché a Trento le cose funzionano bene, la società è ambiziosa e attenta alle esigenze dei giocatori, il pubblico partecipa con sempre più entusiasmo, la squadra in ogni stagione parte senza l’ossessione di dover vincere per forza, ma con l’obiettivo di «andare un po’ oltre le aspettative», dice.

Forray ha compiuto da poco 39 anni ed è sempre stato un giocatore dal grande carisma; in passato era anche uno di quelli con maggiori responsabilità nel gioco di Trento, anche per via del suo ruolo, quello di playmaker, di solito incaricato di organizzare le azioni d’attacco. Col tempo il suo ruolo nella squadra si è modificato: oggi non comincia le partite da titolare e gioca un po’ meno di prima (13,6 minuti di media in campionato, contro i 24,6 della stagione della seconda finale Scudetto, nel 2018), ma continua a essere uno dei leader di Trento, con un’importanza in campo e fuori riconosciuta da tutti i compagni.

È notevole soprattutto il modo in cui Forray ha saputo adattarsi ai due salti di categoria e a tutti i cambiamenti che ci sono stati. «In questi anni la mia qualità principale è stata capire ogni volta in fretta quale fosse il mio ruolo nella squadra, per riuscire ad aiutarla di conseguenza» dice Forray, secondo il quale peraltro «quando si gioca poco si ha anche molto meno margine di errore».

La squadra di questa stagione e quella delle due finali Scudetto hanno in comune, secondo Forray, di essere «entrambe molto adatte ai loro allenatori [tra il 2010 e il 2019 c’era Maurizio Buscaglia], che sono riusciti a trasmettere bene i loro principi di gioco». Di Galbiati gli piacciono soprattutto la sua cosiddetta next play mentality, l’idea di giocare ogni azione al massimo delle possibilità, lasciandosi condizionare il meno possibile da quanto successo nell’azione precedente, e il modo in cui ha reso molto coesa la squadra (che è quasi uguale, nella composizione, a quella della scorsa stagione). «Ai miei compagni ho cercato di far capire che anche se giocheranno altri vent’anni sarà difficile ritrovare un gruppo del genere».

Paolo Galbiati durante la finale di Coppa Italia contro Milano (Image Photo Agency/Getty Images)

Nel febbraio del 2018, a soli 34 anni e appena due settimane dopo essere subentrato all’allenatore Luca Banchi (del quale era vice), Galbiati guidò Torino alla vittoria di una sorprendente Coppa Italia. In seguito fu di nuovo vice allenatore e poi allenatore di Torino, quindi allenatore di Biella (in A2) e di Cremona, e poi ancora vice, a Varese. Nell’estate del 2023, infine, arrivò a Trento; Nardelli definisce la sua nomina «la miglior scelta che potevamo fare». Il direttore sportivo Rudy Gaddo dice che Galbiati «ha un entusiasmo contagioso e grande empatia, vive e respira pallacanestro in ogni momento».

Lo scelsero, racconta Gaddo, per il gioco che aveva mostrato di prediligere nelle sue precedenti esperienze, «un basket di grande corsa, moderno, con grande ricerca dell’efficienza e attenzione agli analytics», che utilizza cioè anche i dati e le statistiche per capire quali siano i tiri migliori da prendere per una squadra (una pratica sempre più diffusa, soprattutto negli Stati Uniti, e uno dei motivi per i quali si tira sempre di più da tre punti o si cerca di arrivare molto vicino al canestro). Per descrivere il gioco di Trento Gaddo utilizza in particolare due parole: «Ritmo e altruismo», proprio per questo suo essere sempre intenso sia in difesa sia in attacco e per il modo in cui i giocatori in campo cercano di passarsi velocemente la palla per trovare il compagno messo meglio per tirare a canestro.

In questa chiacchierata con Andrea Trinchieri, esperto allenatore italiano, Galbiati raccontava alcune sue idee di gioco e come i dati contribuiscano alle scelte tattiche della sua squadra

Trento sta riuscendo a essere competitiva nell’equilibratissima Serie A italiana nonostante il suo budget sia inferiore a quello di molte sue avversarie e soprattutto a quello dell’Olimpia Milano e della Virtus Bologna, le due squadre che si sono giocate le ultime quattro finali Scudetto. Milano e Bologna sono anche le uniche due italiane a giocare l’Eurolega, la principale competizione europea, alla quale si accede principalmente su invito e le cui partecipanti sono circa sempre le stesse; anche vincendo lo Scudetto, insomma, Trento non si qualificherebbe per l’Eurolega (quest’anno ha giocato l’EuroCup, la seconda competizione europea per importanza, uscendo ai gironi).

L’Eurolega consente a Olimpia e Virtus di competere con le principali squadre europee guadagnando soldi, prestigio ed esperienza, ma è anche piuttosto stancante (si giocano almeno 34 partite), motivo per il quale nella stagione regolare di Serie A a Milano e Bologna capita di presentarsi alle partite non nel pieno della forma. «L’Eurolega non è in agenda, per noi», dice comunque Andrea Nardelli, spiegando come da un lato sia difficile inserirsi tra le partecipanti, e dall’altro sarebbe una cosa troppo grossa e dispendiosa da affrontare per una società con le disponibilità economiche e strutturali di Trento. Questa differenza di possibilità che hanno Milano e Bologna, in ogni caso, «è una motivazione in più per le altre squadre per cercare di fare di meglio», dice Forray. «Loro hanno il ruolo di trascinare tutto il movimento, e noi di non rendere scontate le loro vittorie».

La Coppa Italia, che è inevitabilmente più varia per via del suo formato (tre partite secche, e non serie al meglio delle 5 partite come i playoff di Serie A), è stata per la squadra una grande soddisfazione e uno dei punti più alti del percorso sportivo fatto da Trento, ma anche senza quella non sarebbe cambiato molto. Ribadisce Nardelli che «il nostro obiettivo non è vincere a tutti i costi, ma cercare di alzare tutti i giorni l’asticella, di crescere ogni anno, di avere uno dei migliori eventi-partita in Italia». Questa di rendere ogni partita in casa un’esperienza inclusiva e piacevole per tutti è un’altra cosa sulla quale a Trento insistono molto, con iniziative come quella organizzata per la partita di domenica contro Brescia, una biciclettata collettiva per raggiungere il palazzetto e fare sensibilizzazione sulla sicurezza stradale, uno dei tanti progetti sociali portati avanti dalla società.

Toto Forray esulta durante la partita contro Tortona dello scorso aprile, nella quale Trento indossò una canottiera speciale per la giornata mondiale della Terra (Daniele Montigiani/Aquila Basket Trento)

Anche avere un settore giovanile ben organizzato rientra nell’idea societaria di essere presenti sul territorio. Come direttore dell’Academy dal 2022 c’è Marco Crespi, ex allenatore molto esperto, che si occupa di gestire non solo le squadre giovanili di Trento, ma anche tutte quelle affiliate all’Aquila, che ormai sono circa una cinquantina (molte sono della zona, ma ce ne sono anche in altre parti d’Italia e d’Europa). La squadra under 19 è molto vicina a qualificarsi per le finali nazionali e per i prossimi anni uno degli obiettivi di Trento, dice Rudy Gaddo, è riuscire a rendere il settore giovanile una risorsa per la prima squadra: «Investire sull’Academy e poi non avere tempo e pazienza da dedicare ai giovani per inserirli tra i professionisti sarebbe incoerente per una squadra con risorse limitate».