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  • Martedì 11 marzo 2025

L’uomo di Trump in Groenlandia

Jørgen Boassen faceva il muratore: poi ha organizzato la visita a Nuuk del figlio del presidente statunitense, ed è diventato una celebrità

Jørgen Boassen
Jørgen Boassen, il 10 marzo del 2025 a Nuuk (Matteo Castellucci/il Post)
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La persona su cui il presidente Donald Trump fa affidamento per le sue operazioni in Groenlandia si chiama Jørgen Boassen. Fa il muratore e lo scorso gennaio aveva organizzato la visita a Nuuk, la capitale dell’isola, del figlio maggiore di Trump, Donald Jr. In quel modo era diventato una mezza celebrità, sia a livello locale sia per i media internazionali, che l’hanno cercato e intervistato. Boassen è un grande sostenitore di Trump, ma nonostante questo nemmeno lui vorrebbe che la Groenlandia diventasse parte degli Stati Uniti, come proposto da Trump negli ultimi mesi con una retorica minacciosa e aggressiva. La Groenlandia è un’isola che fa parte del territorio della Danimarca ma ha ampia autonomia, tanto che molti abitanti e partiti politici sono favorevoli al fatto che diventi indipendente.

«Diventeremo uno stato indipendente. Siamo solo 56mila persone, non possiamo avere tutto, e gli Stati Uniti sono il nostro più stretto alleato, a prescindere da chi è il presidente, anche se non fosse Trump. Penso a un [accordo di] associazione di qualche tipo, come Porto Rico», dice Boassen nella caffetteria di Nuuk che durante la campagna per le elezioni dell’11 marzo è diventata in pratica il suo ufficio. Porto Rico è un “territorio non incorporato” degli Stati Uniti: le persone portoricane sono cittadini statunitensi, ma non votano alle elezioni presidenziali.

«Dipenderà dai politici, e io non sono un politico: sono un sostenitore di Trump, ma improvvisamente il mondo vuole sapere la mia opinione». Boassen dice di aver fatto più di 200 interviste negli ultimi mesi, e si compiace di averne appena negata una alla CNN. Sostiene che i media danesi e stranieri raccontino in modo distorto la Groenlandia, parlandone come se fosse sul punto di dichiarare la secessione dalla Danimarca. Boassen vorrebbe che il suo paese tratti con la Danimarca per diventare un paese indipendente pur continuando a far parte del Regno di Danimarca (che funziona un po’ come il Commonwealth britannico).

Dice però che che questo dipenderà da come la Danimarca si comporterà con la Groenlandia, e da cosa farà Trump: «Ora la Danimarca ha paura che Trump voglia trattare con noi direttamente».

La telefonata di Trump durante la visita a Nuuk del figlio, il 7 gennaio

Secondo Boassen, senza la Groenlandia la Danimarca perderebbe influenza nel mondo e ritiene addirittura che il suo paese, strategico per ragioni di sicurezza militare sull’Artico e per le sue ricche riserve di metalli rari, sia l’unica ragione per cui i primi ministri danesi vengono invitati alle cerimonie d’insediamento dei presidenti degli Stati Uniti. Boassen è andato a Washington per l’insediamento di Trump, lo scorso 20 gennaio, dopo che a novembre aveva partecipato a una festa elettorale in Florida per la vittoria delle presidenziali.

«Sono stato alla Casa Bianca ma non posso dire chi ho incontrato», racconta, anche se conferma di essere stato nella stessa stanza di Elon Musk, il proprietario di X e CEO di Tesla che è diventato molto influente nell’amministrazione di Trump. Boassen non si fa problemi, invece, ad ammettere di aver incontrato cinque volte Donald Jr. Sta collaborando con Tom Dans, un venture capitalist (un investitore esperto di fondi ad alto rischio e alto rendimento) che è stato commissario per l’Artico durante il primo mandato di Trump ed è considerato una sorta di emissario informale di Trump in Groenlandia. Dans ha pagato i viaggi di Boassen negli Stati Uniti e ha favorito i contatti tra lui e alcune grosse aziende minerarie.

Oltre a essere contrario all’annessione agli Stati Uniti (che comunque è ben poco plausibile), Boassen ha anche trovato «irrispettosa» la proposta di legge del deputato Repubblicano Earl Carter di cambiare il nome della Groenlandia (in inglese Greenland) in Red, White, and Blueland, cioè i colori della bandiera statunitense.

Tutta questa attenzione mediatica sta avendo vari effetti negativi per Boassen. Dice che gli è impossibile continuare a lavorare e che molti concittadini lo accusano di voler svendere la Groenlandia agli Stati Uniti, anche se lui ha idee diverse. Pochi giorni fa è stato aggredito per strada. Un tempo era un sostenitore dell’ex presidente statunitense Barack Obama, del Partito Democratico (Trump è Repubblicano) e, nella politica locale, del partito socialdemocratico Siumut (Avanti). Poi però è rimasto deluso: alle elezioni dell’11 marzo sostiene il partito nazionalista Naleraq, il principale dell’opposizione e quello che vede più favorevolmente Trump, considerando i suoi interventi un fattore positivo per accelerare i tempi dell’indipendenza e ottenere condizioni migliori dalla Danimarca.

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