“Profondo rosso” cambiò la carriera di Dario Argento
Chiudendo la fase thriller e segnando il suo passaggio all'horror, il genere per cui è conosciuto in tutto il mondo

Il 7 marzo di cinquant’anni fa uscì al cinema il film che segnò il passaggio del regista italiano Dario Argento all’horror, il genere per cui è conosciuto in tutto il mondo: Profondo rosso. Argento lo diresse in un periodo delicato della sua carriera: nella prima metà degli anni Settanta, grazie al successo della cosiddetta “trilogia degli animali” (L’uccello dalle piume di cristallo, Il gatto a nove code e 4 mosche di velluto grigio), era diventato uno dei massimi esponenti del cosiddetto “giallo all’italiana”, un filone che da un lato manteneva la narrazione investigativa propria del genere, dall’altro la stravolgeva introducendo atmosfere, soluzioni e tematiche tipiche di generi più estremi come il thriller e l’horror. Poi però era arrivato il primo insuccesso: Le cinque giornate (1973), una sfortunata commedia sul risorgimento italiano che aveva accettato di dirigere su consiglio di suo padre, il produttore Salvatore Argento, dopo la rinuncia di Nanni Loy.
Anche se negli anni è stato oggetto di una riconsiderazione e oggi è un mezzo cult, ai tempi Le cinque giornate fu accolto tiepidamente dalla critica, e dopo quello smacco Argento pensò di allontanarsi dal cinema per qualche tempo. Tornò sui suoi passi proprio per realizzare Profondo rosso, che Argento concepì come l’occasione perfetta per chiudere il discorso cominciato con la trilogia degli animali e dedicarsi a film più cervellotici, immaginifici e violenti. Lo scrisse insieme a Bernardino Zapponi, esperto sceneggiatore che negli anni precedenti aveva lavorato insieme a registi come Mario Soldati, Federico Fellini e Dino Risi.
La storia che Profondo rosso racconta è volutamente contorta e controintuitiva, un po’ come se si trattasse di un sogno: tutto parte da Helga Ulmann, una medium tedesca che viene uccisa da un individuo bardato dalla testa ai piedi, che durante i delitti si fa accompagnare da un’inquietante ninna nanna per bambini. Marcus Daly (David Hemmings), un pianista jazz che abita nella zona, assiste all’omicidio insieme all’amico Carlo, ma non fa in tempo a intervenire.
A quel punto, insieme alla giornalista Gianna Brezzi (Daria Nicolodi), comincia a investigare privatamente su quanto accaduto. Cominciano a capire che nel caso c’entra una famiglia, ma presto si rendono conto che tutte le persone che potrebbero aiutarli a risolvere il caso vengono uccise. La storia culmina in uno dei colpi di scena più famosi e spaventosi del cinema italiano dello scorso secolo.
Per buttare giù la trama presero spunto da film come Marnie e Psyco di Alfred Hitchcock, una delle ossessioni cinematografiche di Argento, e introdussero elementi a lui tipicamente associati come la declinazione in chiave psicotica del rapporto tra genitori e figli. A questo gancio narrativo Argento affiancò suggestioni tutte sue, come i giochi cromatici (uno dei tratti distintivi del film, a cui si deve anche il titolo, è la predominanza di tinte scarlatte), le trame non lineari e la fascinazione per killer con doti non propriamente umane.
Come ha scritto il critico cinematografico Giacomo Manzoli, «prima ancora delle streghe di Suspiria (1977) e delle sataniche apparizioni di Inferno (1980), l’assassino di Profondo rosso, ancorché apparentemente in carne e ossa, possiede doti di ubiquità, onniscienza e implacabilità del tutto sovrumane (specie se pensiamo che si tratta di un’anziana e inerme signora)». Quella donna era Marta, l’inizialmente insospettabile vedova del film, interpretata da Clara Calamai, un’attrice che si era ritirata dalla scene già da una decina d’anni, ma che grazie a Profondo rosso ottenne un nuovo e inatteso momento di popolarità.
Argento scelse Calamai per una ragione precisa, ossia compiere un esperimento di metanarrazione: voleva un’attrice lontana dal suo picco di fama per ottenere qualcosa di più vicino possibile al personaggio che aveva in mente, che era per l’appunto un’anziana star del cinema ormai ritiratasi dalle scene.
Con Profondo rosso Argento introdusse anche una sua particolare concezione della violenza disinibita che in quegli anni stava per essere sdoganata da generi come lo slasher: era un film sanguinoso e violento, ma lo era in un modo onirico, grottesco e costellato di simbolismi sinistramente infantili. Da questo punto di vista, l’esempio più celebre è la bambola meccanica che entra in scena nel mezzo dell’omicidio del professor Giordani.
Un altro elemento che tutti ricordano di Profondo rosso è la musica, e in particolare l’omonimo tema principale composto dal gruppo progressive rock italiano dei Goblin, che nell’ultimo mezzo secolo è diventato famoso quanto il film stesso. Inizialmente Argento voleva affidare le musiche ai Pink Floyd, che però rinunciarono perché impegnati nella scrittura di Wish You Were Here. Dopo il rifiuto dei Pink Floyd, Argento coinvolse nel progetto il pianista jazz Giorgio Gaslini, che si ritirò a metà dell’opera per via di alcuni dissidi artistici. Fu infine completata dagli Oliver, un gruppo romano interessato al rock progressive e alla musica psichedelica, e che alla fine delle registrazioni della colonna sonora cambiò il proprio nome in Goblin. Oggi il tema di Profondo rosso è la canzone horror per eccellenza.
Dopo Profondo rosso, Argento avrebbe diretto tra gli altri Suspiria (1977), Inferno (1980), Tenebre (1982), Phenomena (1985) e Opera (1987), tutti film horror che sarebbero rimasti i suoi più visti e amati specialmente all’estero. Solo negli anni Duemila tornò a dirigere film thriller senza vere componenti paranormali.