Il processo contro Luis Rubiales in Spagna
L'ex presidente della Federcalcio spagnola è accusato di aver baciato senza consenso la calciatrice Jennifer Hermoso, facendole poi pressioni perché lo giustificasse

Lunedì 3 febbraio a Madrid è iniziato il processo contro Luis Rubiales, l’ex presidente della Federcalcio spagnola che durante la premiazione a Sydney per la vittoria ai Mondiali di calcio femminili del 2023 aveva baciato senza consenso la calciatrice della Nazionale Jennifer Hermoso, che lo aveva poi denunciato. Rubiales è accusato di violenza sessuale e anche di coercizione perché, secondo l’accusa, nei momenti e nei giorni successivi al bacio esercitò delle pressioni su Hermoso e su altre persone a lei vicine affinché la giocatrice lo discolpasse pubblicamente.
Con Rubiales sono imputate altre tre persone per la loro presunta partecipazione alla coercizione usata contro Hermoso: l’ex allenatore della Nazionale femminile Jorge Vilda e due ex funzionari della federazione calcistica spagnola, Rubén Rivera e Albert Luque.
L’intera vicenda è stata molto seguita anche fuori dalla Spagna, ha portato altre donne a esporsi per Hermoso e a raccontare le proprie esperienze con l’hashtag #seacabó (“è finita”) ed è diventata un atto di accusa contro tutto un sistema che secondo le contestazioni «si è mosso per proteggere se stesso», come ha scritto su El País la giornalista esperta di questioni di genere e femminismo Isabel Valdés.

Luis Rubiales arriva al tribunale di Madrid, 3 febbraio 2025 (AP Photo/Manu Fernandez)
Il processo, che si svolge a porte aperte e che si può seguire in diretta, durerà fino al 19 febbraio. Per Rubiales la procura ha chiesto una condanna a due anni e mezzo di prigione: uno per violenza sessuale (reato “ombrello” nel quale rientra «qualsiasi atto che violi la libertà sessuale di un’altra persona senza il suo consenso») e uno e mezzo per le pressioni esercitate su Hermoso. Gli altri tre imputati, accusati solo di quest’ultimo reato (cioè di aver fatto pressioni su Hermoso), rischiano una condanna a un anno e mezzo.
Durante la prima udienza ha testimoniato, per circa due ore e mezza, Jennifer Hermoso. La donna ha raccontato come sono andate le cose e come le ha vissute: ha parlato di come Rubiales, durante i festeggiamenti, le abbia «afferrato la testa» con entrambe le mani all’altezza delle orecchie e di come le abbia dato un bacio sulla bocca senza che lei potesse sottrarsi: «Mi è sembrato che fosse un’azione totalmente fuori contesto. Sapevo solo che il mio capo mi stava baciando. E questo non accade, né dovrebbe accadere, in nessun ambito», ha detto.

Jennifer Hermoso arriva al tribunale di Madrid, 3 febbraio 2025 (AP Photo/Manu Fernandez)
Rubiales in passato ha sempre sostenuto che il bacio dato a Hermoso fosse dovuto a una «manifestazione di euforia, di massima gioia e soddisfazione» per la vittoria, ne ha parlato come di qualcosa di «naturale» tra due persone che si conoscono «da molto tempo», un gesto fatto davanti a «milioni di occhi» durante «una festa straordinaria» che non prevede che ci sia «qualcosa di autorizzato o di non autorizzato». L’ex presidente aveva anche detto di aver chiesto a Hermoso il permesso di poterle dare «un piccolo bacio» e che lei gli aveva risposto «okay».
Durante la sua testimonianza a Hermoso è stato chiesto se Rubiales le avesse chiesto il suo consenso: «No, in quel momento non ho né capito né sentito nulla. Non l’ho sentito formulare alcun tipo di domanda». «Se ti avesse fatto questa domanda, saresti stata d’accordo?», ha insistito il pubblico ministero. «No», ha replicato lei. E ha risposto di «no» anche quando le è stato chiesto se avesse avuto la possibilità o il tempo di sottrarsi.
Quando a Hermoso è stato infine chiesto se avesse avuto la sensazione che la sua integrità fosse stata violata ha detto: «Sì, mi sono sentita mancare di rispetto. Non sono stata io a cercare quell’atto. Ho provato disgusto per quel comportamento e appena sono scesa dal podio ho capito che non era normale».
Hermoso ha anche raccontato di aver vissuto «sentimenti contrastanti» in quei giorni: di essersi sentita vittima di qualcosa che «non andava», ma di essersi anche voluta godere un successo professionale che aveva inseguito per una vita. Rispondendo poi alle domande dei legali di Luis Rubiales, si è difesa spiegando: «Il mio atteggiamento, il mio modo di essere, non sminuiscono ciò che provo e che ho provato. Non avevo bisogno di piangere in una stanza per far capire che quella cosa non mi era piaciuta».
Dopodiché Hermoso ha parlato delle pressioni ricevute dopo l’episodio affinché dichiarasse pubblicamente che il bacio era stato consensuale. Secondo la procura (cioè l’accusa) Rubiales mise in atto già a Sydney, poi durante il volo di ritorno verso la Spagna e anche nei giorni successivi, una serie di stratagemmi per fare pressioni sulla calciatrice. A tali pressioni, dice sempre la procura, parteciparono anche gli altri tre imputati parlando per esempio sul volo di rientro con il fratello di Hermoso perché convincesse la sorella a fare un video a favore di Rubiales.
Vilda disse esplicitamente al fratello di Hermoso che un rifiuto della sorella avrebbe avuto conseguenze negative e sarebbe stato dannoso per la sua carriera professionale come calciatrice. Vennero contattate con dei messaggi su WhatsApp, e con lo stesso obiettivo, anche altre persone vicine a Hermoso. Durante la sua testimonianza la giocatrice ha confermato quanto concluso dalla procura. Ha anche aggiunto che per discolparsi, tra le altre cose, Rubiales le disse: «A me e a te piace la stessa cosa, sottintendendo…». Hermoso in aula non ha terminato la frase facendo però capire come Rubiales volesse fare riferimento al suo orientamento sessuale.
Infine Hermoso ha ricordato il suo ritorno in Spagna, il sostegno ricevuto, ma anche i molti messaggi violenti e le minacce di morte sui social: «Messaggi di ogni tipo. Abbiamo dovuto lasciare Madrid perché la situazione era insostenibile». Ha detto che nessuno della Federazione mostrò interesse per come lei si sentisse («Nessuno. Nessuno si è degnato di chiedermi come stavo e cosa mi passava per la testa. Sono venuti a parlarmi solo per salvare la loro reputazione o la loro posizione») e nessuno le spiegò quale fosse la procedura interna che la Federazione aveva approvato poco prima dell’inizio dei Mondiali per gestire i casi di violenza come quello da lei subito («Non ero a conoscenza di alcun protocollo contro le molestie, né che questo protocollo proibisse di baciare i dipendenti e le dipendenti»).

Manifestazione femminista a sostegno di Jennifer Hermoso, Barcellona, 4 settembre 2023 (AP Photo/Emilio Morenatti)
Dopo Hermoso hanno testimoniato due dipendenti della Federazione, che hanno confermato come Rubiales sia stato personalmente coinvolto nelle manovre successive al bacio per cercare di minimizzare pubblicamente le sue azioni. Una delle due, responsabile della comunicazione, ha testimoniato di aver ricevuto delle pressioni per scrivere un comunicato stampa che proteggesse Rubiales anche con resoconti dei fatti non veri, mentre l’altra ha usato la parola «agguato» per descrivere come la dirigenza della Federazione si mosse per giustificare l’operato del proprio presidente durante la stesura di un rapporto interno e in vista di una prima assemblea straordinaria convocata proprio per la vicenda. Durante quell’assemblea, pubblicamente, Rubiales disse che non si sarebbe dimesso parlando anche del femminismo come di «una grande piaga» e di «un omicidio sociale».
Dopo quella prima riunione il Comitato disciplinare della FIFA sospese Rubiales per 90 giorni vietandogli, successivamente, di partecipare a qualsiasi attività connessa al calcio per tre anni. Dopo quella prima assemblea tutte le calciatrici della Nazionale femminile dissero inoltre che non avrebbero giocato finché lui fosse stato presidente, e undici membri dello staff tecnico della Nazionale si dimisero per protesta. Tra la fine di agosto e l’inizio di settembre la procura nazionale spagnola avviò un’indagine preliminare su Rubiales e Hermoso lo denunciò. Solo dopo tutto questo, e dopo la presa di posizione sulla vicenda anche da parte del governo spagnolo, la Federcalcio chiese le sue dimissioni. E alla fine lui decise di presentarle.
Nei prossimi giorni, durante il processo, saranno chiamate a testimoniare molte compagne di squadra di Hermoso, tra cui la due volte vincitrice del Pallone d’oro Alexia Putellas, i dirigenti della Federazione calcistica spagnola e gli allenatori della Nazionale maschile e femminile. In totale una ventina di persone. Solo dopo saranno sentiti anche Rubiales e gli altri tre imputati. L’ex presidente ha chiesto che testimoni anche una delle sue figlie, presente alla finale dei Mondiali e sull’aereo che riportò in Spagna la squadra.
Nel frattempo Hermoso è diventata una specie di simbolo della lotta contro il sessismo nello sport, sostenuta da altre giocatrici, dai movimenti femministi e anche da molte esponenti del governo spagnolo: «Grazie per il tuo coraggio, Jenni», ha scritto ad esempio su X il giorno dell’inizio del processo la ministra per l’Uguaglianza Ana Redondo: «Oggi più che mai siamo con te. Niente più baci senza consenso, niente più aggressioni sessuali».

Giocatrici messicane e del Barcellona con uno striscione con scritto: «È finita! Non sei sola», Città del Messico, 29 agosto 2023 (AP Photo/Eduardo Verdugo)
Molte attiviste, giornaliste e giornalisti sono poi intervenuti a partire dal processo per descrivere e denunciare il contesto di quanto accaduto e mettere sotto accusa non tanto un singolo uomo, ma la società in generale. Isabel Valdés, su El País, riprendendo le parole usate da Rubiales per minimizzare l’accaduto ha scritto ad esempio che le emozioni, anche se positive (l’euforia del momento), il contesto straordinario e la relazione che Rubiales e Hermoso avevano prima non sono in alcun modo una giustificazione o un’attenuante per la violenza, né fanno sparire la questione del consenso: «Non sono il contesto o la relazione precedente a determinare se un atto è o non è un’aggressione». Valdés ha anche scritto che il fatto che il luogo fosse pubblico non è un deterrente, «e la spontaneità dell’atto non fa che parlare della normalizzazione di eventi quotidiani che violano la libertà sessuale delle donne».
Alla base delle affermazioni di Rubiales, secondo Valdés, «c’è uno dei maggiori problemi nell’affrontare la violenza sessuale da una prospettiva istituzionale e sociale: la mancanza di percezione di questa violenza da parte dell’autore, motivato da una convinzione consapevole o inconsapevole di superiorità». Ma soprattutto, conclude Valdés, tutta la questione ci parla o ci dovrebbe parlare non solo di un episodio violento, ma del contesto che ha permesso che quell’episodio si verificasse: questo processo, scrive, «oltre a dire qualcosa su un reato contro la libertà sessuale», dirà qualcosa più in generale sul sistema con cui è organizzato il mondo calcio, su cosa consente che avvenga nei suoi spazi, su come reagisce e su come, spesso, mette a tacere le cose.