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  • Lunedì 27 gennaio 2025

C’è un accordo tra i paesi europei per sospendere alcune sanzioni alla Siria

È il primo passo per la normalizzazione dell'economia del paese, dopo la caduta del regime di Assad

Un mercato di Damasco, in Siria (AP Photo/Omar Sanadiki)
Un mercato di Damasco, in Siria (AP Photo/Omar Sanadiki)
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I paesi dell’Unione Europea hanno trovato un accordo politico per la sospensione progressiva di alcune sanzioni alla Siria, che colpiscono la disastrata economia del paese da quasi 15 anni, cioè dall’inizio della guerra civile finita meno di due mesi fa con la rimozione del dittatore Bashar al Assad.

Lunedì una riunione del Consiglio degli Affari esteri, che riunisce i ministri degli Esteri dei paesi membri, ha stabilito un percorso a tappe per la sospensione graduale delle principali sanzioni in vigore dal 2011. In conferenza stampa l’Alta rappresentante dell’Unione Europea per gli Affari esteri Kaja Kallas ha specificato che per ora c’è solo un accordo politico, e che permangono alcuni dettagli tecnici che dovranno essere risolti nelle prossime settimane, prima che la sospensione possa effettivamente entrare in vigore.

Le sanzioni furono imposte in risposta ai crimini compiuti dal regime di Assad contro la popolazione durante la guerra civile, ma dalla sua caduta il nuovo governo siriano ha chiesto ai paesi occidentali di rimuoverle per impostare un percorso di normalizzazione dell’economia: il leader di fatto del paese, Ahmed al Sharaa, lo ha già chiesto più volte in vari interventi pubblici. Lo stesso hanno fatto diverse associazioni umanitarie, che sostengono che le sanzioni rendano particolarmente difficoltoso l’ingresso di aiuti umanitari in Siria. Nemmeno le grandi istituzioni internazionali, come la Banca Mondiale e il Fondo monetario internazionale, possono infatti offrire aiuti finché la Siria è sotto sanzioni.

Fino a poco fa però i paesi occidentali stavano prendendo tempo in attesa di maggiori garanzie soprattutto sul rispetto dei diritti delle minoranze religiose e delle donne. Hayat Tahrir al Sham (HTS), il principale gruppo degli insorti anti assadisti di cui il leader al Sharaa è il capo (più noto con il suo nome di battaglia Mohammed al Jolani), è peraltro ancora considerato un gruppo terroristico sia dagli Stati Uniti sia dall’Unione Europea.

L’accordo di lunedì non è stato ancora reso pubblico nei suoi dettagli. Alcune fonti diplomatiche hanno detto al sito Euronews che le prime a essere sospese sarebbero quelle che interessano il settore bancario, dei trasporti e dell’energia. Resterebbero in vigore le sanzioni sulle armi, sulle apparecchiature di sorveglianza e sui prodotti chimici.

L’economia della Siria è una delle più povere e fragili del mondo: oltre 50 anni di regime durissimo della famiglia Assad e decenni di sanzioni internazionali hanno lasciato la Siria in condizioni economiche disastrose, largamente dipendente dal traffico di droga. Molte zone del paese peraltro devono ancora essere ricostruite dopo 13 anni di guerra civile tra il regime e le forze anti assadiste.

Il PIL del paese, che era di circa 45 miliardi di euro nel 2010, oggi è meno di 9 miliardi per un paese di quasi 24 milioni di persone (la Romania, con 20 milioni di abitanti, ha un PIL di quasi 300 miliardi). Secondo l’Indice di sviluppo umano dell’ONU, un indicatore che tiene conto di numerose variabili economiche, oltre all’aspettativa di vita, all’educazione, alla salute, la Siria è al 157esimo posto al mondo su 193 paesi. La Banca Mondiale stima che il 69 per cento dei siriani viva con meno di 3,5 euro al mese.

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