La Banca Centrale Europea ha annunciato la prima riduzione dei tassi di interesse dopo quasi cinque anni

Con una decisione molto attesa inizia dunque un graduale processo di riduzione dei tassi, dopo che erano stati portati ai massimi di sempre per ridurre l'inflazione e normalizzare l'economia

La presidente della BCE Christine Lagarde, in una conferenza stampa a maggio del 2023 (Thomas Lohnes/Getty Images)
La presidente della BCE Christine Lagarde, in una conferenza stampa a maggio del 2023 (Thomas Lohnes/Getty Images)
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Giovedì la Banca Centrale Europea ha annunciato che ridurrà i tre tassi di interesse di riferimento di 0,25 punti percentuali, portandoli in un intervallo compreso tra il 3,75 e il 4,5 per cento. È una decisione storica, largamente attesa e auspicata da gran parte degli operatori finanziari: mette fine a un periodo di quasi due anni in cui la BCE, insieme alle banche centrali di tutto il mondo, li aveva prima aumentati in modo rapidissimo e poi tenuti ai loro massimi di sempre. E lo aveva fatto per fermare l’inflazione, l’aumento fortissimo dei prezzi che era stato innescato dalla crisi energetica iniziata con la guerra in Ucraina e da alcune conseguenze economiche della pandemia, quando l’economia cresceva a un ritmo troppo alto rispetto alla capacità produttiva.

Oggi nell’Eurozona il problema dell’inflazione sembra più o meno risolto, la crescita economica si è normalizzata e anzi dallo scorso anno è stata abbastanza modesta. Tra le grandi banche centrali finora avevano deciso un calo solo quella della Svizzera e quella del Canada. La BCE è però la prima a farlo tra quelle che fanno da riferimento per i mercati globali, e lo ha fatto ancora prima della Federal Reserve, la banca centrale statunitense, che fino a qualche mese fa sembrava molto più prossima a una decisione di questo tipo: gli Stati Uniti avevano iniziato ben prima il processo di aumento dei tassi di interesse e fino alla scorsa estate sembravano più avanti nella risoluzione del problema dell’aumento dei prezzi. Da allora però la discesa dell’inflazione è diventata incostante.

Al contrario nell’Eurozona l’inflazione è vicina all’obiettivo della BCE, che da statuto cerca di mantenerla sempre intorno al 2 per cento: a maggio i prezzi sono aumentati del 2,6 per cento rispetto a maggio dello scorso anno, un dato leggermente in aumento rispetto al mese prima ma comunque molto inferiore rispetto al passato. Le stime della BCE prevedono che l’inflazione calerà ancora e che raggiungerà il 2,2 per cento il prossimo anno.

Questo risultato è stato raggiunto anche grazie all’aumento dei tassi di interesse, che sono lo strumento principale a disposizione delle banche centrali per tenere sotto controllo l’inflazione: in conferenza stampa la presidente della BCE Christine Lagarde ha detto che dall’ultima decisione di aumento dei tassi, presa a settembre del 2023 quando decise di portarli ai loro massimi storici, l’inflazione è calata di più di 2,5 punti percentuali e che da allora le prospettive per il futuro sono migliorate. Tassi più alti rallentano la crescita economica, e dunque tutte quelle dinamiche che portano all’aumento dei prezzi: semplificando, con tassi più alti diventa più costoso fare un mutuo per comprare una casa, o aprire un finanziamento per avviare una nuova azienda e fare investimenti, con il risultato che l’economia tende a fermarsi, a crescere meno e dunque a non spingere più sui prezzi.

È un processo rischioso perché può innescare una crisi economica. Per questo è criticato molto dalla politica, anche se è ritenuto necessario da gran parte degli economisti perché è quello più rodato per fermare l’aumento dei prezzi, un fenomeno che genera distorsioni e iniquità soprattutto per chi ha redditi fissi e bassi.

L’economia europea ha comunque molto risentito dell’aumento dei tassi di interesse, che per esempio ha rallentato le compravendite immobiliari attraverso l’aumento del costo dei mutui, o che ha fermato gli investimenti perché era più costoso indebitarsi. L’Eurozona ha sfiorato la recessione lo scorso anno, così come la Germania, la prima economia europea che un tempo era addirittura definita la “locomotiva d’Europa”. Nel primo trimestre dell’anno il PIL dell’Eurozona è cresciuto dello 0,3 per cento, dopo cinque trimestri di sostanziale stagnazione in cui si spostava da poco sopra a poco sotto lo zero, e il settore manifatturiero e l’industria sono in contrazione.

L’economia europea è stata impattata anche dal generale clima di incertezza legato alla guerra in Ucraina, che comunque ha cambiato strutturalmente il mercato dell’energia rendendola di fatto più cara di un tempo, e alla guerra nella Striscia di Gaza, che ha complicato notevolmente tutti i rapporti con il Medio Oriente. Non abbassare i tassi di interesse avrebbe comportato il rischio di far peggiorare ulteriormente le cose: nel cercare di fermare l’inflazione le banche centrali si muovono su un equilibrio difficilissimo tra il cercare di rallentare l’economia e l’evitare però una recessione.

Gli operatori finanziari hanno accolto con favore l’annuncio della riduzione, perché è un primo segnale che l’economia potrà tornare a crescere in modo più marcato. È però solo un segnale, perché i tassi di interesse di riferimento restano comunque alti: adesso sono in un intervallo tra il 3,75 e il 4,5 per cento, e la maggior parte degli analisti si aspetta che la BCE sarà cauta nel procedere a ulteriori cali.

La BCE stessa ha detto che i tassi rimarranno alti per tutto il tempo necessario a far scendere ancora l’inflazione. Resteranno cioè a un livello che gli economisti giudicano ancora come “restrittivo”, cioè che non rappresentano uno stimolo per far crescere l’economia. Con questa decisione Lagarde ha detto che la BCE sta solo «aggiustando il grado di restrittività» della politica monetaria.

I banchieri centrali non hanno solo lo strumento dei tassi di interesse per influenzare l’andamento dei prezzi, ma usano sempre più anche i loro discorsi, che con parole precise e calibrate possono indirizzare le aspettative degli operatori economici: per esempio il solo fatto che la presidente Lagarde dica da tempo che entro l’anno sarebbe stata annunciata una riduzione dei tassi aveva già fatto scendere per esempio i tassi sui mutui.

Molti analisti fanno comunque notare che la decisione della BCE di anticipare la Federal Reserve, l’altra grande banca centrale di riferimento al mondo, potrebbe rivelarsi un azzardo. Creerebbe quello che in economia si chiama “decoupling”, o disaccoppiamento, perché significherebbe che le due più grandi e influenti banche centrali al mondo stanno andando in direzioni diverse, un segnale contrastante per gli osservatori.

Una conseguenza potrebbe essere, per esempio, un eccessivo indebolimento dell’euro rispetto al dollaro: la riduzione dei tassi da parte della BCE rende più convenienti gli investimenti negli Stati Uniti, dove i tassi sono più alti e quindi più redditizi; gli operatori finanziari dovrebbero comprare molti dollari per investire lì, facendo aumentare così il valore del dollaro a scapito di quello dell’euro. Un eccessivo apprezzamento del dollaro è un problema enorme per esempio per tutti i paesi emergenti, il cui funzionamento dell’economia si fonda sull’uso della valuta statunitense.