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  • Lunedì 22 gennaio 2024

Il posto in cui l’Ucraina ha avuto più successo

È il mar Nero, dove le vittorie ucraine contro la potente flotta russa sono state fondamentali e inaspettate

di Davide Maria De Luca

Una nave mercantile ucraina ancorata nel porto di Odessa
Una nave mercantile ucraina ancorata nel porto di Odessa (AP Photo/David Goldman)
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La scorsa settimana il presidente della principale associazione degli agricoltori ucraini, Leonid Kozachenko, ha annunciato che le esportazioni di cereali dai porti del mar Nero hanno quasi raggiunto i livelli di prima della guerra. «In passato esportavamo circa 7,5-8 milioni di tonnellate di generi alimentari al mese – ha detto Kozachenko – Oggi abbiamo quasi raggiunto questo livello».

Questi numeri mostrano che i tentativi da parte della Russia di mettere sotto embargo i porti ucraini sul mar Nero sono falliti. Dopo una serie di catastrofiche disfatte la flotta russa è stata costretta a ritirarsi in una serie di basi dall’altra parte del mare, troppo lontano per interferire seriamente con il traffico commerciale ucraino.

Mentre il fronte di terra è bloccato in uno stallo e la guerra nei cieli dell’Ucraina prosegue senza un chiaro vincitore, è sul mar Nero che le forze armate di Kiev sono riuscite a ottenere il loro principale successo da oltre un anno. È un risultato particolarmente sorprendente se si considera che l’Ucraina è una nazione priva di una vera flotta da guerra.

Perché è importante?
Con oltre 2.700 chilometri di costa da cui prima dell’invasione su larga scala passava più di di metà delle esportazioni del paese e un quarto delle sue importazioni, l’Ucraina è una nazione che dipende dal commercio marittimo per la sua sopravvivenza. A lungo sottovalutata anche dagli analisti, la guerra per il controllo del mar Nero si sta rivelando nelle ultime settimane sempre più centrale. Lo stesso Zelensky ha annunciato nella sua intervista di fine anno con il settimanale Economist che il mar Nero è destinato a diventare il «centro di gravità del conflitto» nel corso del 2024.

Ci sono ottime ragioni per spiegare questa situazione. Con lo scontro via terra che si è ormai trasformato in una gara di resistenza, le esportazioni via mare generano entrate di cui il governo ucraino ha disperatamente bisogno per continuare a finanziare il conflitto. La capacità di tenere le rotte aperte a dispetto dell’opposizione russa è importante anche per il futuro dell’Ucraina. Significa che in uno scenario post conflitto, i russi non avranno la capacità di bloccare a piacimento le rotte commerciali ucraine, il che rende l’economia ucraina potenzialmente sostenibile anche in assenza di una completa sconfitta russa che, al momento, appare sempre più improbabile.

Era una situazione difficile da immaginare due anni fa, quando all’inizio dell’invasione la potente flotta russa del mar Nero aveva imposto un blocco totale ai porti ucraini. In quei giorni, il dominio russo era così incontestato che le navi da guerra potevano avvicinarsi a pochi chilometri dalla città di Odessa e colpirla con i loro cannoni.

Nel luglio del 2022 il famoso accordo sul grano, negoziato tra Russia e Ucraina con la mediazione della Turchia, consentì una ripresa parziale delle esportazioni ucraine. Ma un anno dopo il ritiro unilaterale della Russia dall’accordo e l’annuncio dell’imposizione di un embargo aveva fatto temere il peggio. I prezzi dei cereali sui mercati internazionali erano aumentati per alcune settimane, ma in breve sono tornati a calare e ora, per gli ucraini, la situazione è persino migliorata.

Con 5,4 milioni di tonnellate esportate lo scorso dicembre, il volume dei prodotti alimentari partiti dai porti sul mar Nero ha superato il volume delle esportazioni raggiunte un anno prima, mentre era in vigore l’accordo sul grano. Al momento, 16 navi al giorno in media arrivano o partono da Odessa e dai porti ucraini sul fiume Danubio, diventati uno degli snodi principali del traffico commerciale del paese, contro la media di otto navi quando l’accordo sul grano era in vigore. Nonostante gli annunci e le minacce, la flotta russa non è più riuscita a ripristinare il suo embargo.

Vittoria senza flotta
Da quando nei primi giorni dell’invasione gli ucraini hanno autoaffondato la loro principale nave da guerra per evitare che cadesse in mano russa, l’Ucraina è priva di una vera e propria marina militare, mentre la flotta russa del mar Nero è composta da decine di navi da guerra, sottomarini, aerei e missili.

Questa situazione, però, non ha impedito agli ucraini di ottenere le prime vittorie sul mare mentre il blocco navale russo era ancora in funzione. Il 2 aprile 2022 un missile antinave ucraino lanciato da terra ha danneggiato la fregata russa Admiral Essen. Alcuni giorni dopo, un altro missile ha affondato l’incrociatore Moskva, la nave ammiraglia della flotta del mar Nero, utilizzata come centro di comando per coordinare le operazioni del blocco navale.

«Già nell’aprile del 2022 siamo riusciti a trasformare i 25mila chilometri quadrati del mar Nero nord-occidentale in una zona grigia, dove la flotta russa non si può avvicinare», ha detto pochi giorni fa il comandante della flotta ucraina, il vice ammiraglio Oleksiy Neizhpapa, in una lunga intervista in cui ricostruisce le varie fasi del conflitto sul mare.

Da allora, le vittorie ucraine si sono succedute una dietro l’altra. Dopo settimane di raid e bombardamenti, il 30 giugno i russi sono stati costretti ad abbandonare l’Isola dei Serpenti, situata a 35 chilometri dall’imboccatura del Danubio, un punto strategico per i traffici commerciali ucraini.

A ottobre gli ucraini hanno iniziato a utilizzare una nuova arma: droni marini, piccole imbarcazioni comandate a distanza e cariche di esplosivo, a volte parzialmente sommerse e quindi molto difficili da individuare. In diverse occasioni i droni ucraini sono riusciti a intrufolarsi nel porto di Sebastopoli, in Crimea, la principale base russa nel mar Nero, e a danneggiare navi che operavano in alto mare.

Altri successi sono arrivati grazie ai missili a lungo raggio forniti all’Ucraina dagli alleati. Lo scorso settembre due missili Storm Shadow di fabbricazione britannica hanno distrutto una nave da sbarco e un sottomarino ancorati nel porto di Sebastopoli. Pochi giorni dopo Sebastopoli ha subìto un nuovo attacco, il più spettacolare e politicamente significativo dall’affondamento della Moskva, quando una serie di missili ucraini ha danneggiato il quartier generale della flotta russa situato in città.

Secondo gli ucraini, in quasi due anni di combattimenti circa il 20 per cento della flotta russa del mar Nero è stato affondato o danneggiato. Lo scorso 17 dicembre immagini satellitari hanno rivelato che la gran parte della flotta russa ha abbandonato Sebastopoli, trasferendosi nel porto di Novorossiysk, sulla sponda orientale del mar Nero. Secondo le immagini diffuse dai partigiani ucraini che operano in Crimea, a Sebastopoli sono rimaste pochissime vecchie navi, continuamente spostate da un molo all’altro per timore di nuovi attacchi.

Le conseguenze
Di fronte a questa serie di rovesci, i russi hanno cercato di reagire. La scorsa estate centinaia di missili e droni sono stati lanciati contro i porti ucraini sul mar Nero e sul Danubio, nel tentativo di danneggiare le complesse infrastrutture che consentono il carico dei cereali sulle navi commerciali, mentre aerei ed elicotteri hanno continuato a sganciare mine navali lungo le principali rotte commerciali.

Questi attacchi hanno causato danni estesi e hanno danneggiato diverse imbarcazioni, ma fino a ora hanno fallito nel loro principale obiettivo: causare un aumento nei prezzi delle assicurazioni per le navi dirette in Ucraina tale da rendere antieconomico il traffico navale. Attualmente, il prezzo per assicurare un cargo diretto in Ucraina è pari a circa l’1,25 per cento del valore del carico, in calo rispetto al 7 per cento dell’inizio del conflitto.

Una delle principali spiegazioni per questa situazione è il successo militare degli ucraini, che ha reso troppo pericoloso il mantenimento di un blocco navale, che metterebbe le navi russe a portata dei missili e dei droni ucraini.

Ma ci sono anche altri fattori, come gli accordi tra il governo ucraino e quello del Regno Unito che hanno consentito di abbassare il costo dei premi assicurativi tramite una serie di garanzie statali. Inoltre, le nuove rotte attraverso il porto di Odessa e i porti ucraini sul Danubio passano in gran parte per le acque nazionali di Romania e Bulgaria, paesi NATO che la Russia non vuole colpire.

Infine ci sono considerazioni diplomatiche. Non potendo fermare fisicamente le navi commerciali, per mettere in atto il suo blocco la Russia ha un’unica scelta: colpirle con aerei o missili da una distanza di sicurezza. Ma questo rischia di generare tensioni e incidenti diplomatici con le nazioni proprietarie delle navi, una strada che per il momento il governo russo non sembra intenzionato a percorrere (le navi dirette in Ucraina battono spesso bandiera di paesi NATO, oltre che di stati vicini alla Russia, come Turchia e Cina).

Non è detto che questa situazione continui. Come ha scritto l’esperto di trading Andrey Sizov, erano in molti ad aspettarsi una maggiore decisione da parte della Russia nel bloccare i traffici ucraini, «ma questo, per ora, non si è verificato». In futuro, la flotta russa potrebbe tentare di aumentare il numero di mine nelle acque ucraine, o potrebbe decidere di colpire direttamente alcune navi commerciali, rischiando serie conseguenze diplomatiche, ma, potenzialmente, causando un aumento catastrofico nel prezzo delle assicurazioni.