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  • Mercoledì 13 dicembre 2023

L’Ucraina è appesa a Viktor Orbán

Il primo ministro ungherese si sta opponendo a una nuova, cruciale tranche di aiuti europei; l’Unione sta provando a convincerlo facendogli grosse promesse

(AP Photo/Omar Havana)
(AP Photo/Omar Havana)
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Fra giovedì e venerdì il Consiglio Europeo, cioè la riunione dei capi di stato e di governo dell’Unione Europea, dovrà decidere se approvare nuovi aiuti all’Ucraina per un valore di 50 miliardi di euro, da aggiungere al bilancio pluriennale europeo per il periodo compreso fra 2021 e 2027.

L’Ucraina ritiene quei soldi cruciali per evitare la bancarotta e continuare a difendersi dall’invasione russa. Tutti i paesi europei sono a favore della nuova tranche di aiuti, tranne uno: l’Ungheria del primo ministro Viktor Orbán, il paese dell’Unione di gran lunga più vicino alla Russia.

Al Consiglio Europeo per le decisioni più delicate serve l’unanimità: ormai da settimane leader e funzionari europei stanno cercando di capire se ci sono margini per convincere Orbán ad approvare i nuovi aiuti per l’Ucraina. Proprio in questi giorni la Commissione Europea, l’organo esecutivo dell’Unione, sta discutendo se sbloccare parte dei fondi europei all’Ungheria bloccati da tempo dalla Commissione stessa per via di diverse misure prese dal governo di Orbán, di estrema destra, che in questi anni ha reso l’Ungheria un paese a guida semiautoritaria.

Molti hanno visto in queste discussioni parallele una sorta di negoziato: l’Ungheria potrebbe aver chiesto alla Commissione di sbloccare i fondi europei in cambio dell’approvazione dei nuovi aiuti all’Ucraina.

Sia il governo ungherese sia la Commissione Europea hanno negato che le due discussioni siano collegate. Al contempo però un importante collaboratore di Orbán, l’avvocato Balazs Orban, martedì ha detto a Bloomberg che il governo ungherese potrebbe decidere di approvare i nuovi aiuti all’Ucraina se ricevesse rassicurazioni sullo sblocco di tutti i fondi europei finora sospesi: si parla in tutto di circa 30 miliardi di euro. Una trattativa, insomma, sembra esistere. Anche se non è chiaro se e quando si concretizzerà.

I 50 miliardi di euro in discussione per l’Ucraina si dividono in circa 17 miliardi di sussidi e 33 miliardi di prestiti a interessi molto bassi. Se approvati verranno erogati al governo ucraino da qui al 2027 e servirebbero in sostanza a evitare che il paese esaurisca i soldi a disposizione.

La legge di bilancio approvata a novembre dal parlamento ucraino prevede per il prossimo anno un deficit enorme, pari al 20 per cento del PIL. Sono circa 39 miliardi di euro, che il governo intende usare soprattutto per sostenere la resistenza militare all’invasione russa. Sono soldi che in questo momento l’Ucraina non ha, e che intende reperire in parte con la vendita di titoli di stato, ma soprattutto con donazioni e prestiti internazionali. Dovesse ricevere i 50 miliardi di euro dall’Unione, 18 miliardi sarebbero impiegati subito per coprire parzialmente questo buco di bilancio. Un’altra decina di miliardi dovrebbe arrivare dagli Stati Uniti, dove però i nuovi aiuti sono attualmente bloccati al Congresso per via della contrarietà dei Repubblicani, che hanno la maggioranza alla Camera.

I 50 miliardi dovrebbero essere aggiunti al bilancio pluriennale dell’Unione Europea approvato alla fine del 2020, che prevedeva in tutto 1.216 miliardi di euro da mettere in comune fra i 27 paesi membri e affidare alle istituzioni europee. A gestire il bilancio comunitario è perlopiù la Commissione Europea. A dicembre dell’anno scorso aveva sospeso l’erogazione all’Ungheria di circa 10 miliardi di euro dai cosiddetti “fondi di coesione” europei, cioè i fondi riservati alle aree più povere e arretrate dell’Unione, accusando il governo ungherese di avere creato un sistema politico, economico e giudiziario estremamente corrotto e illiberale. A maggio l’Ungheria aveva approvato una riforma della giustizia chiesta di fatto dalla Commissione per sbloccare i 10 miliardi di euro: ma fino a poche settimane fa non si era mosso nulla.

A oggi però il totale dei fondi bloccati supera i 30 miliardi di euro: oltre ai 10 miliardi bloccati nel dicembre del 2022 e legati soprattutto a una riforma della giustizia, altri 11,7 miliardi dai fondi di coesione sono tuttora sospesi per via di diverse altre misure prese dal governo di Orbán che la Commissione giudica estremamente problematiche. Per esempio la controversa legge sulla “pedofilia”, approvata nel 2021 e ritenuta perlopiù una legge per mettere in difficoltà la comunità LGBT+ ungherese.

L’Ungheria poi finora non ha avuto accesso ai 10,4 miliardi di euro che le spetterebbero per il cosiddetto Recovery Fund, il serbatoio di fondi approvato dall’Unione Europea per contenere la crisi economica innescata dalla pandemia. Per farlo la Commissione aveva chiesto al governo ungherese di rispettare 27 condizioni molto stringenti in termini di trasparenza e gestione dei fondi: condizioni che l’Ungheria non ha mai voluto rispettare.

Non è chiarissimo a che punto siano arrivate le trattative e di cosa si stia effettivamente discutendo. Alcuni funzionari europei che hanno preferito rimanere anonimi hanno detto al Financial Times che Orbán in cambio dell’approvazione degli aiuti all’Ucraina non vuole soltanto dei soldi ma anche una garanzia di autonomia del governo ungherese nel gestire la migrazione, a cui è assai ostile, e un maggiore coinvolgimento nel processo di allargamento dell’Unione Europea verso est, di cui si discute ormai da anni.

Per via di alcune norme interne la Commissione ha tempo fino a venerdì 15 dicembre, cioè fino al secondo giorno del Consiglio Europeo, per decidere se sbloccare i 10 miliardi di fondi di coesione all’Ungheria.