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  • Martedì 5 dicembre 2023

C’è un problema con gli aiuti all’Ucraina

I nuovi fondi di Stati Uniti e Unione Europea sono a rischio a causa delle divisioni politiche, e i soldi stanno per finire

Volodymyr Zelensky (Juan Medina - Pool/Getty Images)
Volodymyr Zelensky (Juan Medina - Pool/Getty Images)
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Entro la fine di dicembre, Stati Uniti e Unione Europea rischiano di restare senza fondi da destinare all’Ucraina e tra meno di un mese il governo ucraino potrebbe trovarsi con le forniture di nuovi armamenti ridotte al minimo e con un enorme buco nel bilancio pubblico, con conseguenze potenzialmente disastrose per l’economia e la prosecuzione della guerra contro la Russia.

«Abbiamo finito i soldi e stiamo finendo il tempo», ha scritto lunedì ai leader del Congresso degli Stati Uniti Shalanda Young, direttrice dell’Ufficio per la gestione e il bilancio della Casa Bianca, in quello che è il più allarmato avvertimento lanciato ai deputati e senatori americani da quando, lo scorso settembre, i nuovi finanziamenti all’Ucraina sono stati bloccati dall’ostruzionismo dell’ala destra del Partito Repubblicano. «Senza una decisa azione del Congresso – ha scritto Young – le risorse per procurare nuovi armamenti destinati all’Ucraina termineranno entro la fine dell’anno».

Il presidente Biden ha chiesto al Congresso di approvare nuovi finanziamenti per 106 miliardi di dollari, 61 dei quali destinati all’Ucraina. Si tratta di un finanziamento pluriennale, destinato a fornire risorse al governo ucraino anche oltre il 2024, in modo da evitare possibili problemi a futuri finanziamenti causati dalla campagna elettorale presidenziale che inizierà l’anno prossimo.

Attualmente, senatori Democratici e Repubblicani stanno studiando un possibile compromesso per approvare gli aiuti, che prevede di votare insieme ai nuovi fondi anche nuove procedure e controlli per limitare gli ingressi di immigrati dal confine meridionale degli Stati Uniti, una misura cara ai Repubblicani. Non è chiaro se sarà possibile raggiungere un accordo prima della fine dell’anno, né se l’eventuale compromesso sarà approvato dalla Camera, dove la maggioranza repubblicana ha da poco eletto un nuovo speaker, Mike Johnson, scettico sugli aiuti all’Ucraina.

Poco dopo la pubblicazione della lettera di Young, però, Johnson ha scritto su X (ex Twitter), che i deputati repubblicani sono disposti a votare il nuovo pacchetto di aiuti se il Senato raggiungerà l’accordo sui nuovi controlli al confine meridionale.

Nel frattempo, l’Unione Europea si trova in una situazione speculare. Anche la Commissione europea ha deciso di approvare un piano di aiuti pluriennale, così da garantire stabilità finanziaria all’Ucraina fino al 2027. Il piano prevede un nuovo stanziamento da 50 miliardi di euro e dovrà essere sottoposto all’esame dei leader degli stati membri al vertice che si svolgerà a Bruxelles il 14 e 15 dicembre.

Ma negli ultimi giorni sono aumentate le voci secondo cui il primo ministro ungherese, Viktor Orbán, si prepara a mettere il veto sul nuovo stanziamento. Orbán aveva già minacciato di bloccare i nuovi fondi in una lettera indirizzata al presidente del Consiglio europeo, Charles Michel, lo scorso novembre. Lunedì ha scritto su X che la proposta della Commissione per iniziare i negoziati di accesso all’Unione da parte dell’Ucraina, un altro degli elementi nell’agenda del vertice, è «senza fondamento e preparata male».

Orbán è da tempo critico con la strategia europea nei confronti dell’Ucraina ed è considerato da molti vicino al presidente russo Vladimir Putin. Il primo ministro ungherese è inoltre impegnato in uno scontro con la Commissione, che ha bloccato 13 miliardi di euro di finanziamenti europei destinati al suo paese per via delle preoccupazioni sulle violazioni dello stato di diritto commesse dal suo governo.

Fino a oggi Orbán non ha mai utilizzato il potere di veto che ciascun capo di governo di uno stato membro ha sulle decisioni del Consiglio per bloccare le iniziative europee relative all’Ucraina. Diplomatici e analisti sostengono che la sua è soltanto un’aggressiva strategia negoziale. Ma, secondo Politico, questa volta Orbán sarebbe pronto a «calciare l’Unione per farla cadere nel precipizio».

Le conseguenze di un’interruzione degli aiuti all’Ucraina sono imprevedibili, ma rischiano di essere estremamente gravi per il paese. Dall’invasione russa del febbraio 2022, il governo di Kiev dipende in larga parte dai suoi alleati per finanziare le spese e armare il suo esercito. La guerra ha causato un crollo del prodotto interno lordo pari al 30 per cento e ha causato l’emigrazione, interna o esterna, di circa 10 milioni di persone.

Fino a oggi gli alleati dell’Ucraina e gli altri donatori internazionali si sono impegnati a fornire all’Ucraina oltre 220 miliardi di dollari, di cui circa 170 miliardi sono stati già versati (la discrepanza è dovuta in gran parte ai 50 miliardi annunciati dalla Commissione europea). Poco meno della metà di questi fondi è arrivata sotto forma di aiuti militari, 43 miliardi soltanto dagli Stati Uniti. Il restante è stato pagato in prestiti a lungo termine e altri aiuti umanitari.

Anche se oggi la situazione economica si è stabilizzata – l’economia del paese dovrebbe crescere del 2 per cento quest’anno – l’Ucraina continua a dipendere dagli alleati per la sua sopravvivenza.

La legge di bilancio approvata a novembre dal parlamento ucraino prevede per il prossimo anno un deficit pari al 20 per cento del PIL, circa 42 miliardi di dollari, la metà dei quali sarà impiegata in spese militari. Questa cifra sarà finanziata per circa 4 miliardi dalla vendita di titoli di stato ucraini e per 10 miliardi da donazioni già stanziate da Fondo monetario internazionale, Regno Unito, Giappone e altri donatori internazionali.

Il governo ucraino punta a coprire i restanti 29 miliardi di dollari con i circa 18 miliardi di euro promessi dall’Unione Europea (parte del pacchetto da 50 miliardi in discussione a dicembre) e con 12-14 miliardi forniti dagli Stati Uniti – una cifra pari a quella già versata per il 2023. Se ora questi fondi non dovessero arrivare, ci sarà una crisi «molto molto traumatica, non solo per l’Ucraina, ma per tutta l’Europa», ha detto in un’intervista lo scorso novembre il ministro delle Finanze ucraino Serhiy Marchenko.