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  • Giovedì 26 ottobre 2023

Chi è Mike Johnson, nuovo speaker della Camera degli Stati Uniti

Figura di secondo piano al Congresso, evangelico, antiabortista di estrema destra, è un fedele alleato di Trump

Il nuovo speaker della Camera Mike Johnson (a destra) con il leader della minoranza Hakeem Jeffries (AP Photo/Alex Brandon)
Il nuovo speaker della Camera Mike Johnson (a destra) con il leader della minoranza Hakeem Jeffries (AP Photo/Alex Brandon)
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Dopo tre settimane di caos e divisioni il partito Repubblicano, che ha la maggioranza nella Camera degli Stati Uniti, è infine riuscito a eleggere un nuovo speaker, una sorta di presidente dell’aula, ma con un ruolo operativo nella gestione dell’agenda politica. Mike Johnson, deputato della Louisiana, è stato eletto alla prima votazione, raccogliendo tutti i voti dei Repubblicani, cosa che non era riuscita a tre precedenti candidati.

Mike Johnson ha 51 anni, è al quarto mandato come deputato alla Camera ed era considerato una figura di secondo piano del partito. A eccezione degli elettori del suo distretto, la maggior parte degli americani non sapeva chi fosse e persino qualche compagno di partito ha ammesso di aver dovuto ricorrere a Google per cercare qualche informazione in più su di lui. Politicamente Johnson fa parte della parte più estremista del Partito Repubblicano: è un cristiano evangelico, è molto vicino a Donald Trump e ha idee radicalmente contrarie ad aborto e diritti delle persone LGBT+. In questi anni da deputato si era fatto notare solo per un lavoro centrale, ma non visibile, nel tentativo di Trump di ribaltare l’esito delle elezioni presidenziali del 2020, vinte dal Democratico Joe Biden.

Pur sostenendo le tesi più radicali dell’estrema destra Repubblicana, Johnson è però descritto da tutti come una persona dai “modi gentili”, decisamente meno aggressivo della gran parte dei colleghi a lui politicamente più vicini. Questa caratteristica e il fatto di essere di fatto una seconda scelta anche per la minoranza più combattiva del partito lo ha reso un candidato accettabile anche per i Repubblicani relativamente più moderati (il partito in questi anni si è spostato molto su posizioni ancora più di destra, per cui non è possibile parlare di “moderati” o “centristi” in senso stretto, tranne rare eccezioni). I circa venti deputati che non avevano voluto votare Jim Jordan, il più rappresentativo e duro fra gli esponenti della destra Repubblicana trumpiana, hanno invece dato il loro appoggio a Johnson, che peraltro ha definito Jordan il suo «mentore al Congresso».

La conferenza stampa fuori dalla Camera (AP Photo/Jose Luis Magana)

Ma Johnson è stato di fatto una soluzione di emergenza, dopo oltre due settimane in cui i lavori del Congresso erano bloccati per l’incapacità dei Repubblicani di trovare l’accordo su un nome dopo la rimozione del precedente speaker Kevin McCarthy (una prima volta storica). Se anche questa quarta opzione fosse fallita, l’ipotesi di un inedito ma necessario accordo di parte del partito con la minoranza Democratica avrebbe potuto verificarsi. Sarebbe stata una soluzione senza precedenti nella storia parlamentare statunitense e una clamorosa sconfitta della maggioranza Repubblicana.

L’elezione di Johnson rappresenta comunque una vittoria per la componente MAGA (Make America Great Again) del partito, quella che fa totale riferimento a Donald Trump e ne ha appoggiato ogni battaglia, comprese quelle ampiamente screditate sui presunti brogli alle elezioni del 2020.

Johnson era stato eletto una prima volta al Congresso nel 2016, è un avvocato e ha esperienze parlamentari limitate, non avendo mai guidato un comitato o una commissione all’interno della Camera. È figlio di un pompiere, che un incidente sul lavoro rese disabile quando lui aveva 12 anni, ed è stato il primo della sua famiglia ad andare all’università e laurearsi. Prima di arrivare alla Camera era avvocato e portavoce del gruppo antiabortista e anti gay Alliance Defense Fund (oggi Alliance Defending Freedom).

In quel ruolo espresse alcune delle sue opinioni più omofobe in editoriali pubblicati sul giornale locale della sua città, Shreveport, in Louisiana. I media statunitensi, fra cui la CNN, ne hanno recuperati alcuni in cui definisce l’omosessualità come «essenzialmente innaturale» e «stile di vita pericoloso». «Il parere degli esperti è che il matrimonio omosessuale sia un oscuro presagio di caos e anarchia sessuale che può condannare anche la più forte fra le repubbliche», aveva detto. E ancora, contro il matrimonio fra persone dello stesso sesso: «Se viene accettato, non ci sarà più una base legale per vietare a un bisessuale il diritto di sposare un partner per ogni sesso, o per vietare a una persona di sposare il suo animale domestico».

(AP Photo/Alex Brandon)

Le sue posizioni sono fortemente influenzate dall’appartenenza alla Chiesa evangelica. Ha un podcast settimanale con la moglie Kelly Johnson, che si definisce una “pastoral conselour”, consigliera spirituale, una figura che fornisce supporto su questioni matrimoniali e familiari partendo dalla lettura della Bibbia. Parlando di lei dopo l’elezione, ha detto: «Ha passato le ultime due settimane in ginocchio a pregare Dio, e adesso è esausta».

Al Congresso ha votato a favore di proposte antiabortiste a livello nazionale e si è fatto promotore di una legge che vieterebbe l’aborto dopo la ventesima settimana in tutti i casi, anche quelli in cui la vita della madre è a rischio. Ha presentato una proposta di legge per vietare l’uso di fondi federali per materiale scolastico destinato a bambini sotto i dieci anni che includa riferimenti a questioni LGBT+ (definita dalla stampa una versione nazionale della legge della Florida conosciuta come “Don’t Say Gay”). Quando la Corte Suprema aveva eliminato il diritto all’aborto a livello federale, ribaltando la sentenza Roe v. Wade, aveva festeggiato: «Dio ci benedirà».

Queste idee, che nel paese non sono davvero popolari, sono però piuttosto diffuse all’interno del partito Repubblicano. I Democratici hanno concentrato le critiche sull’elezione di Mike Johnson ricordando il suo ruolo non secondario nel tentativo di ribaltare l’esito delle elezioni presidenziali del 2020. Avvocato costituzionalista, Johnson nel dicembre del 2020 aveva raccolto firme al Congresso per un ricorso alla Corte Suprema promosso dallo stato del Texas e basato su mai provate irregolarità al voto (ricorso poi respinto). Johnson aveva proposto ripetutamente (la sostiene tuttora) la tesi che quelle elezioni fossero da annullare perché alcuni stati avrebbero cambiato i metodi per votare (in seguito alla pandemia) in modo anticostituzionale. Ma Johnson ha anche sostenuto e ripetuto le altre teorie senza alcun fondamento riguardo ai possibili brogli, comprese quelle su una provenienza “venezuelana” di alcune macchine per il voto elettronico o sulle presunte truffe dell’azienda Dominion (teoria ripresa anche dalla televisione Fox News, che per questo aveva poi pagato 787 milioni di dollari di danni all’azienda in un accordo extragiudiziale).

Mike Johnson (a destra) con Jim Jordan durante l’impeachement di Trump del 2020 (AP Photo/Julio Cortez)

Mike Johnson è stato anche nel team legale di Donald Trump in occasione del primo impeachment. Trump ha appoggiato apertamente la sua candidatura, dopo aver fatto fallire in poche ore quella di Tom Emmer, considerato non abbastanza fedele. Dopo la sua elezione a speaker quasi tutti gli esponenti del partito hanno espresso soddisfazione per aver risolto una questione che stava diventando un enorme problema politico, ma i giornali statunitensi scrivono che esiste una certa preoccupazione per la poca esperienza a questi livelli di Johnson, che avrà il difficile compito di guidare una Camera molto divisa e che dovrà relazionarsi con il presidente Joe Biden e con il leader dei Democratici al Senato Chuck Schumer, che di fatto non lo conoscono.

Il primo atto ufficiale di Johnson è stato una risoluzione ufficiale che esprime solidarietà e sostegno a Israele, mentre fra le priorità ha indicato quella del confine con il Messico, definito «rotto». Ma le questioni centrali che dovrà affrontare saranno presto il finanziamento delle attività del governo (prorogato a fine settembre fino a metà novembre), che comprende anche il sostegno economico e militare all’Ucraina, tema di cui la frangia più estrema dei Repubblicani è poco convinta.