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  • Martedì 3 ottobre 2023

Il Repubblicano Kevin McCarthy non è più lo speaker della Camera statunitense

È stato rimosso con un voto voluto dall’ala più radicale del suo partito, ed è la prima volta che succede nella storia degli Stati Uniti

Kevin McCarthy (AP Photo/J. Scott Applewhite)
Kevin McCarthy (AP Photo/J. Scott Applewhite)
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Martedì la Camera degli Stati Uniti ha approvato una mozione di sfiducia per rimuovere dal suo incarico lo speaker Kevin McCarthy, del partito Repubblicano. La mozione, che ha ricevuto 216 voti favorevoli e 210 voti contrari, era stata presentata da Matt Gaetz, che appartiene all’ala più radicale dei Repubblicani, quella che negli ultimi giorni aveva accusato McCarthy di avere collaborato con i Democratici per evitare il cosiddetto shutdown, la parziale chiusura delle attività del governo federale statunitense.

McCarthy ha 58 anni, è deputato dal 2007 ed era stato eletto speaker, cioè di fatto presidente della Camera, nove mesi fa al termine di un lunghissimo stallo dovuto alle tensioni interne ai Repubblicani.

A favore della rimozione di McCarthy hanno votato tutti i deputati Democratici e otto Repubblicani. Non è chiaro cosa succederà ora e c’è qualche disaccordo sulla procedura da seguire: McCarthy sarà sostituito da uno speaker temporaneo, che però non si sa quanti poteri avrà, fino a che non verrà eletto un nuovo speaker, con dei tempi da definire.

La rimozione di McCarthy è importante dal punto di vista politico, perché mostra come nel corso degli ultimi anni l’ala radicale dei Repubblicani abbia guadagnato sempre più potere, fino a diventare decisiva per la rimozione di uno speaker del proprio partito, ma non solo: è significativa in generale, perché è la prima volta negli Stati Uniti che i deputati alla Camera votano la rimozione del proprio speaker.

McCarthy è un politico Repubblicano di grande esperienza. Negli ultimi anni si era  avvicinato molto alle posizioni dell’ex presidente statunitense Donald Trump, il quale però negli ultimi giorni non si è mai espresso pubblicamente a favore di McCarthy.

McCarthy doveva affrontare due votazioni separate: nella prima la Camera doveva decidere se tenere un voto o meno sulla mozione di Gaetz. Se la maggioranza dei deputati avesse deciso di respingerla, McCarthy sarebbe rimasto al suo posto (e Gaetz avrebbe comunque potuto presentare nuovamente una mozione contro di lui). Ma la Camera ha votato invece per accogliere la mozione. A quel punto è iniziata la seconda votazione, decisiva, quella per decidere se McCarthy dovesse essere rimosso dal proprio incarico: la mozione è stata approvata e McCarthy è stato sfiduciato.

McCarthy era oggetto di critiche della parte più conservatrice del suo partito fin dalla sua elezione lo scorso gennaio. I disaccordi si erano intensificati nelle ultime settimane per via dei tentativi di McCarthy di evitare il cosiddetto shutdown, la parziale chiusura delle attività del governo federale statunitense. In quanto speaker McCarthy è una specie di presidente, con un ruolo molto operativo e il più alto in grado al Congresso: era proprio lui a doversi occupare di trovare un accordo sulle 12 leggi con cui finanziare il successivo anno fiscale, dal 1° ottobre al 30 settembre 2024.

Il piano concordato doveva essere approvato da una maggioranza formata da entrambi i partiti, ma la componente più conservatrice dei Repubblicani non era convinta e chiedeva più tagli alla spesa. Dopo settimane di tentativi di cercare un compromesso, la soluzione di McCarthy era stata di presentare alla Camera una continuing resolution, una sorta di legge-tampone che avrebbe finanziato il governo per 45 giorni e che aveva messo d’accordo i Democratici e una parte dei Repubblicani.

Il compromesso trovato era stato non inserire gli aiuti all’Ucraina, come invece avrebbero voluto i Democratici. La legge era passata sia alla Camera che al Senato, ma aveva scontentato molto i Repubblicani, che avrebbero voluto più tagli alla spesa (il compromesso raggiunto prevede di mantenere i livelli di spesa simili a quando il Congresso era tutto sotto il controllo dei Democratici). I Repubblicani avevano peraltro già minacciato McCarthy di rimuoverlo dal suo incarico se avesse presentato alla Camera una continuing resolution.

La mozione presentata da Gaetz aveva messo in moto un complesso processo in cui la Camera aveva 48 ore per votare la mozione attraverso una serie di passaggi e votazioni. Una delle questioni più commentate nelle ore precedenti al voto era stata la possibilità che McCarthy facesse una o più concessioni ai Democratici per avere il sostegno necessario a restare in carica, per esempio sugli aiuti all’Ucraina, ma era una possibilità che McCarthy aveva escluso in modo piuttosto categorico.