L’accordo sui migranti tra Italia e Albania «è al di fuori» del diritto europeo

E quindi non lo viola, secondo la Commissione Europea: ma non è necessariamente una buona notizia per il governo

(ANSA/GIUSEPPE LAMI)
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Mercoledì la commissaria europea agli Affari interni, Ylva Johansson, ha dato un primo chiarimento ufficiale su cosa pensa l’Unione Europea del recente accordo tra Italia e Albania che prevede l’apertura di due centri italiani per la gestione dei migranti in territorio albanese. Il parere di un membro della Commissione Europea era atteso perché l’accordo contiene molti aspetti potenzialmente problematici dal punto di vista del rispetto del diritto internazionale e delle leggi italiane ed europee in materia di immigrazione. Dopo un esame preliminare del servizio giuridico della Commissione Europea sul protocollo d’intesa firmato da Italia e Albania, Johansson ha detto che l’accordo non sembra violare il diritto dell’Unione Europea, «perché ne è al di fuori».

Il governo ha accolto generalmente bene la notizia, dopo che negli ultimi giorni diversi esperti di diritto avevano messo in dubbio la fattibilità dell’accordo nel rispetto delle leggi europee. Secondo il ministro degli Affari europei Raffaele Fitto, per esempio, le parole di Johansson confermerebbero «efficacia e lungimiranza della politica migratoria di Giorgia Meloni» e dimostrerebbero che l’accordo «non è in contrasto con il diritto dell’Unione Europea». La questione in realtà è più complicata, perché la valutazione della Commissione implica un aspetto che sembra discostarsi dall’interpretazione positiva che ne dà il governo, anche perché sull’accordo restano ancora moltissimi punti da chiarire e che il governo non ha spiegato come intende realizzare.

La ragione principale per cui la Commissione considera l’accordo al di fuori della propria giurisdizione è che l’accordo «sembra applicarsi a tutti i soccorsi effettuati da navi italiane in alto mare, ovvero al di fuori delle acque territoriali italiane e quindi europee», ha detto Johansson.

La Commissione dice in sostanza di non avere competenze sui soccorsi di migranti che avvengono al di fuori del proprio territorio: il punto però è che l’accordo presentato dalla presidente del Consiglio, Giorgia Meloni, non sembrava limitarsi ai soccorsi avvenuti al di fuori delle acque territoriali italiane. Il governo italiano aveva detto che l’accordo avrebbe riguardato solo i migranti soccorsi dalle autorità italiane, quindi dalla Guardia Costiera, dalla Guardia di Finanza o dalla Marina Militare: sono tutti corpi che agiscono in modo quasi esclusivo in acque territoriali italiane, salvo casi molto rari in cui si renda necessario spingersi oltre per soccorrere persone in situazioni di pericolo imminente. È ormai da molti anni che le autorità italiane in mare non effettuano regolari soccorsi oltre le proprie acque territoriali.

Effettuare i soccorsi fuori dalle acque territoriali italiane, inoltre, significherebbe rendere ancora maggiori i problemi logistici del trasporto dei migranti fino all’Albania, che già oggi appaiono difficilmente risolvibili. In base all’accordo infatti una parte dei migranti dovrebbe essere portata in Italia: quelli considerati “fragili” come minori, donne incinte e altre persone in condizioni di salute precarie.

Solo gli altri sarebbero portati in Albania, sbarcando nel porto di Shengjin, circa 70 chilometri a nord della capitale Tirana: Shengjin però è distante più di 700 chilometri dalle coste meridionali della Sicilia, e ancora di più da Lampedusa, cioè i luoghi in cui avviene la maggior parte degli sbarchi di migranti e che verosimilmente sarebbero usati per far scendere le persone individuate come fragili. Solo dalla Sicilia a Shengjin, per andare e tornare, ci vorrebbero 3 o 4 giorni di navigazione, che dovrebbero aggiungersi al percorso già compiuto dal luogo del soccorso fuori dalle acque territoriali italiane. Si considerano acque territoriali quelle entro le 12 miglia nautiche dalla costa, cioè poco più di 22 chilometri.

Sull’accordo Johansson ha anche detto che comunque la valutazione delle richieste d’asilo spetterà all’Italia, che in quanto membro dell’Unione Europea «rispetta il diritto europeo». Formalmente quindi l’accordo resta al di fuori del diritto europeo, ma nella pratica le leggi italiane in materia di richieste d’asilo sono le stesse dell’Unione Europea. Infine Johansson ha confermato quanto già detto dal governo italiano su cosa succederà alle persone a cui verrà negata la richiesta d’asilo: quando possibile torneranno nel loro paese d’origine, altrimenti dovranno andare in Italia.