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  • Giovedì 9 novembre 2023

In Spagna c’è un accordo per il governo, infine

Il socialista Pedro Sánchez ha trovato un compromesso con gli indipendentisti catalani di Junts, dopo due mesi di negoziati

Pedro Sánchez in visita alla sede del PSOE dopo le proteste dei manifestanti a Madrid (Twitter)
Pedro Sánchez in visita alla sede del PSOE dopo le proteste dei manifestanti a Madrid (Twitter)
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Giovedì mattina il Partito Socialista (PSOE) del primo ministro uscente Pedro Sánchez e il partito indipendentista catalano di centrodestra Junts per Catalunya guidato da Carles Puigdemont hanno raggiunto un accordo per formare il prossimo governo in Spagna, dopo due mesi di negoziati. Il punto centrale dell’accordo riguarda la possibilità che gli organizzatori del referendum del 2017 per l’indipendenza della Catalogna, tra cui lo stesso Puigdemont, ottengano un’amnistia: era la principale condizione posta da Junts per sostenere il governo di Sánchez.

L’accordo è stato firmato durante una cerimonia a Bruxelles, in Belgio, dove si trova Puigdemont: il leader di Junts non può andare in Spagna, dove è ancora attivo un mandato di arresto a suo carico. L’accordo prevede che Junts si impegni a sostenere un nuovo governo di Pedro Sánchez e che in cambio il PSOE promuova una legge di amnistia che, se sarà approvata in parlamento, bloccherà i processi in corso e annullerà le condanne già emesse per tutti i leader coinvolti, fra cui appunto Puigdemont.

Il voto di fiducia nel parlamento spagnolo dovrebbe tenersi già nei primi giorni della settimana prossima. Il nuovo governo Sánchez sarà comunque un governo di minoranza (come quello attuale) composto dal PSOE e da Sumar, una formazione di sinistra radicale. Ma sarà sostenuto, oltre che da Junts, anche da altri partiti minori o regionali come Bildu, una formazione autonomista basca.

Per Sánchez essere riuscito a formare un accordo di governo, a differenza dei partiti di centrodestra, è un successo per molti versi inaspettato: il PSOE si era presentato alle elezioni di luglio in netto svantaggio, ma Sánchez era riuscito a fare una notevole rimonta sul Partito Popolare, la principale formazione di centrodestra.

I negoziati sul governo sembravano essere vicini alla conclusione già la settimana scorsa, ma poi i due partiti avevano rimandato una conferenza già programmata a Bruxelles, dove si trovano da settimane due delegazioni di Junts e PSOE. Tuttavia, le crescenti proteste in Spagna portate avanti dai partiti di destra all’opposizione, le opinioni di alcuni giudici sull’incostituzionalità dell’amnistia e l’avvicinarsi della data del 27 novembre, ultimo giorno per formare un nuovo governo prima di altrimenti dover tornare a elezioni, hanno convinto entrambe le parti a portare a termine il processo.

La concessione dell’amnistia era ed è considerata controversa da molti, inclusi alcuni politici del PSOE. Nelle ultime settimane, inoltre, era diventata l’oggetto di proteste sempre più estreme portate avanti dai partiti di destra, che speravano di fare pressione per impedire la formazione di un nuovo governo Sánchez dopo non essere riusciti a crearne uno di centrodestra. L’accusa mossa dalla destra è che Sánchez stia usando l’amnistia solo per garantire la propria sopravvivenza politica, che l’iniziativa violi la Costituzione e che incoraggi gli indipendentisti catalani a tentare una nuova secessione, minacciando l’unità territoriale della Spagna.

Manifestazioni contrarie all’amnistia stavano andando avanti da settimane in molte città spagnole: erano state organizzate soprattutto dal Partito Popolare, ed erano molto partecipate e abbastanza pacifiche. Negli ultimi giorni però erano diventate più violente per il ruolo sempre più attivo del partito di estrema destra Vox, il cui leader, Santiago Abascal, aveva chiesto una «mobilitazione permanente, costante e crescente» contro l’amnistia. Le proteste erano culminate in alcuni giorni di scontri fra la polizia e i manifestanti davanti alla sede del Partito Socialista a Madrid: la polizia aveva usato proiettili di gomma e fumogeni per disperdere una parte dei manifestanti che aveva cercato di oltrepassare le barriere attorno alla sede del PSOE.

Gli scontri di martedì, i più violenti e partecipati della settimana, erano stati definiti da La Vanguardia «una vera battaglia campale»: erano state ferite 39 persone, fra cui 29 agenti di polizia ed erano state arrestate sette persone per disordini pubblici. La violenza degli scontri negli ultimi giorni ha provocato una certa divisione anche fra le forze di destra, e costretto il leader del Partito Popolare, Alberto Núñez Feijóo, a esprimere una tiepida condanna.