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  • Martedì 25 luglio 2023

Carles Puigdemont, ancora lui

In un modo o nell'altro l'ex presidente indipendentista catalano continua a contare nella politica spagnola: potrebbe essere l'unica via per Sánchez di formare un nuovo governo

Carles Puigdemont in Belgio a luglio (Europa Press/Contacto via ZUMA Press)
Carles Puigdemont in Belgio a luglio (Europa Press/Contacto via ZUMA Press)
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In Spagna lo stallo politico seguito alle elezioni di domenica, finite senza l’indicazione di una possibile maggioranza, ha restituito un ruolo centrale a Carles Puigdemont, ex presidente della Catalogna che nel 2017 dichiarò la secessione della regione dalla Spagna dopo avere organizzato un referendum per l’indipendenza giudicato illegale dallo stato spagnolo. Pochi giorni dopo il referendum del 2017 e poco prima che il procuratore generale spagnolo lo denunciasse per la dichiarazione di indipendenza, Puigdemont era fuggito in Belgio, dove si trova ancora oggi, attirando le attenzioni di tutta Europa: quello che era successo in Catalogna non era infatti solo un “caso politico” che riguardava la Spagna, ma aveva preoccupato altri paesi dell’Unione Europea alle prese con movimenti autonomisti o indipendentisti.

Oggi i voti del partito fondato nel 2017 da Puigdemont, Junts, indipendentista e di centrodestra, possono essere decisivi per la formazione di un governo. I 7 deputati eletti da Junts potrebbero essere necessari al Partito Socialista del primo ministro uscente Pedro Sánchez per formare un nuovo governo: una coalizione sostenuta da tutte le forze politiche regionali e indipendentiste (anche con l’appoggio esterno o l’astensione) è al momento l’unica via per ottenere una maggioranza parlamentare, che non sembra invece possibile per la destra (Partito Popolare e Vox).

Lunedì, il giorno dopo le elezioni, i pubblici ministeri spagnoli che si occupano del caso di Puigdemont hanno però chiesto al giudice che venga nuovamente emesso nei suoi confronti un mandato di cattura europeo. Puigdemont ha commentato la situazione scrivendo: «Un giorno sei decisivo per formare un governo in Spagna, il giorno dopo la Spagna ordina il tuo arresto».

– Leggi anche: Come l’indipendentismo si è mangiato la Catalogna

Un accordo tra Socialisti e Junts sembra molto complicato. Negli ultimi quattro anni gli esponenti di Junts sono stati stabilmente all’opposizione e hanno continuato a riferirsi a Puigdemont come al «presidente», una carica che lo stato spagnolo gli aveva tolto subito dopo la dichiarazione unilaterale di indipendenza del 2017. Ancora oggi Puigdemont è un fuggitivo per lo stato spagnolo e un esiliato per i suoi sostenitori.

Lunedì la coalizione di sinistra Sumar, principale alleato del Partito Socialista, ha autorizzato un suo esponente a iniziare delle trattative con Junts.

Il segretario del partito indipendentista, Jordi Trull, ha pubblicamente formalizzato le richieste per accettare un qualche tipo di accordo: un referendum di autodeterminazione per la Catalogna e l’amnistia per tutti i leader indipendentisti che hanno procedimenti legali aperti dal 2017. Fra questo il più noto è proprio Puigdemont, che al contrario di altri leader non è mai stato arrestato in Spagna: Puigdemont era stato presidente della Catalogna per un anno, a partire dal 2016, prima di scappare in Belgio per evitare di essere processato in Spagna con l’accusa di sedizione e ribellione (molti altri leader hanno invece trascorso più di tre anni di carcere in Spagna, fino alla concessione della grazia nel 2021 da parte del governo di Sánchez).

L’ex presidente catalano partecipa a una riunione di Junts in teleconferenza (EPA/David Borrat)

Nel gennaio del 2020, Puigdemont era stato eletto europarlamentare: gli europarlamentari godono dell’immunità e non possono essere arrestati senza l’assenso del Parlamento Europeo, ma il caso di Puigdemont è particolare.

Pablo Llarena, giudice del Tribunale supremo spagnolo che aveva istruito il processo per sedizione e ribellione contro di lui in Spagna, aveva emesso nell’ottobre del 2019 un ordine di arresto europeo. L’ex presidente catalano era stato arrestato due volte, una in Germania nel 2018 e una in Italia, in Sardegna nel 2021, in entrambi i casi venendo poi rilasciato e non estradato. A inizio luglio il Tribunale dell’Unione Europea, uno dei due organi giurisdizionali dell’Unione Europea, ha revocato all’ex presidente della Catalogna l’immunità parlamentare, che lo proteggeva da una possibile estradizione in Spagna.

Al momento appare improbabile che Sánchez possa fare troppe concessioni a Junts e Puigdemont: in particolare sembra fuori discussione le possibilità di un nuovo referendum per l’indipendenza. Sánchez era già stato molto criticato per la grazia concessa a nove leader indipendentisti (ma gli imputati per il tentativo di secessione restano decine, con possibili inibizioni dai pubblici uffici) e per avere già formato un governo grazie ad accordi con partiti indipendentisti baschi e catalani, seppur più moderati di Junts. Un nuovo accordo, per l’appunto con il partito guidato da Puigdemont, potrebbe costargli molto a livello politico anche tra i suoi sostenitori che vedono con antipatia la causa indipendentista catalana.