Il bradisismo e il destino incerto di Pozzuoli
La città campana negli anni Ottanta si spopolò per l'innalzamento del terreno: con la recente ripresa dell'attività sismica potrebbero tornare i problemi del passato
di Angelo Mastrandrea
A Pozzuoli, una cittadina di 82mila abitanti nei Campi Flegrei a ovest di Napoli, c’è un quartiere chiamato Rione Terra. È una specie di borgo scavato in una collina di tufo a picco sul mare che venne sgomberato nel 1970 per via del bradisismo, come viene definito l’innalzamento del terreno a causa dell’attività vulcanica sotterranea. Ad abitarci rimasero solo il vescovo e 122 famiglie che occuparono le abitazioni vuote. Dopo il terremoto del 1980 e il secondo bradisismo del 1983, gli occupanti furono sgomberati e anche il vescovo lasciò la sua residenza, così il quartiere rimase abbandonato e le case furono saccheggiate.
Ora è stato ristrutturato, in gran parte con fondi europei e per il resto con contributi del governo e della regione. I palazzi seicenteschi sono stati risistemati e dipinti di giallo tenue o rosso pompeiano, e gli alloggi sono stati trasformati in confortevoli appartamenti da affittare ai turisti. I locali angusti in cui dormivano fino a cinque persone in un solo letto, e dove non c’erano bagni e acqua potabile, saranno riconvertiti in botteghe artigiane e gallerie d’arte. La scalinata che conduce al Duomo è stata rifatta e una facciata di cristallo protegge ciò che resta della cattedrale seicentesca, bruciata nel 1964, e del tempio romano sul quale fu costruita.
Il recente bradisismo e la ripresa dell’attività sismica nei Campi Flegrei, però, rischiano di bloccare ancora una volta la riconversione del Rione Terra, e in caso di forti scosse Pozzuoli potrebbe tornare a dover fare i conti con decine di migliaia di sfollati, come avvenne in passato.
Il Rione Terra è ancora disabitato e tra i vicoli si incontra solo qualche turista. Nel 2021 il comune di Pozzuoli ha approvato una delibera che prevede di dare in concessione il borgo a un unico gestore, in cambio di un affitto di 34mila euro ogni due mesi. La gara d’appalto però è stata bloccata da un’inchiesta giudiziaria che ha coinvolto l’allora sindaco Vincenzo Figliolia, del Partito Democratico, e altre 11 persone, sospettate di aver favorito una società che avrebbe controllato gli alberghi, le botteghe e i ristoranti. «Volevano concederlo a un privato che lo avrebbe sfruttato a fini turistici pagando una concessione irrisoria», dice Ettore Giampaolo, uno dei promotori della campagna «Appello per il Rione Terra» contro la speculazione che ha raccolto centinaia di firme.
Il 2 agosto del 2022 la giunta di centrosinistra appena eletta, guidata da Gigi Manzoni, annullò la gara d’appalto della precedente amministrazione. «Era uno dei punti centrali del nostro programma elettorale» dice il sindaco. A metà giugno del 2023 il Tar della Campania ha respinto il ricorso presentato dalla società che aveva ottenuto la concessione. «Siamo al lavoro per la creazione di un’apposita struttura che in tempi brevi predisporrà i bandi per l’affidamento definitivo di botteghe, bar, ristoranti e alberghi, con la gestione diretta del Comune» dice Manzoni.
Il bando dovrebbe seguire la relazione elaborata nel 2017 dall’Agenzia del Demanio, l’ente pubblico che gestisce i beni immobiliari dello Stato, su richiesta del Comune. La relazione prevede la nascita di alberghi, attività commerciali, spazi per l’intrattenimento e «lo sviluppo di altre attività compatibili con il turismo e il tempo libero»: residenze d’artista, spazi per eventi e laboratori per la ricerca e la didattica. Le attività dovrebbero essere basate «sul coinvolgimento della comunità» e sulle «nuove tendenze del turismo post-moderno» che secondo l’agenzia si fonda su una dimensione sociale, relazionale ed emotiva del viaggio.
Tuttavia l’attività sismica nei Campi Flegrei è tornata ad aumentare, insieme al bradisismo. Nel mese di settembre l’osservatorio vesuviano dell’INGV (Istituto nazionale di geofisica e vulcanologia) ha contato 1.106 scosse, tra il 21 e il 23 settembre il terreno si è alzato di 1,15 centimetri e il 27 settembre un terremoto di magnitudo 4.2 ha spinto migliaia di persone in tutti i Campi Flegrei a lasciare le loro abitazioni e a dormire per strada.
I Campi Flegrei sono una vasta area vulcanica che si trova nella zona nord occidentale di Napoli e che include i comuni di Bacoli, Monte di Procida, Pozzuoli, Quarto oltre a parte della stessa città. Il nome deriva dal greco flegràios, che significa ardente, e da lì deriva anche l’accento che è sulla seconda “e”. L’ultima forte scossa nell’area, di magnitudo 3.6, è stata registrata il 16 ottobre.
Se i terremoti non dovessero fermarsi come accadde nel 1970 e nel 1983, potrebbero riproporsi le ragioni che spinsero il governo a decretare lo sgombero del quartiere e in seguito dell’intero centro storico di Pozzuoli. Nel primo bradisismo il terreno si alzò di 170 centimetri e ci furono crolli e crepe negli edifici. A marzo del 1970 il prefetto di Napoli ordinò agli abitanti di andarsene. Ventimila persone lasciarono le loro case per la paura di crolli e ci rientrarono solo dopo che vennero eseguite perizie sulla stabilità degli edifici e dopo alcuni lavori per renderli antisismici.
Le case del Rione Terra invece passarono al patrimonio comunale e molti ancora oggi pensano che il bradisismo fu un pretesto per mandare via gli abitanti da un posto in cui si viveva in «una condizione socio-economica-abitativa assurda», come si legge in un “quaderno” del 1990 pubblicato dall’Ufficio beni culturali del Comune. In un censimento del 1969, l’amministrazione calcolò in 11,23 metri quadrati lo spazio disponibile per ogni persona, «tra abitazione, aree libere, strade e luoghi pubblici».
Il governo mandò anche i militari oltre alle forze dell’ordine per sgomberare, perché il quartiere era considerato pericoloso e si temevano sommosse. «Il Rione Terra fu circondato dalle camionette dell’esercito, i soldati andavano nelle case e trascinavano via le persone con la forza, c’erano donne che urlavano e gente che piangeva», racconta Pina Lama, che all’epoca era impegnata nel quartiere come attivista del Partito comunista italiano (PCI). I militari impiegarono due giorni per portare via con la forza le 3.250 persone che ci vivevano. La metà di loro, secondo un’indagine che fece all’epoca la Federazione universitaria cattolica italiana (FUCI), viveva in «grotte, terranei [locali al piano terra, ndr] e seminterrati».
Molti furono trasferiti in un ospedale psichiatrico in costruzione a Miano, un quartiere alla periferia nord di Napoli. Altri si dispersero in tutta la regione, soprattutto nei comuni del casertano più vicini, come Castel Volturno. Il giorno dello sgombero, qualcuno scrisse su un muro del Rione Terra in un italiano sgrammaticato: «I padroni lo vogliono buttare a terra per fabbricare e godersi questo paradiso».
In totale gli sfollati per il bradisismo degli anni Ottanta furono 35mila, e non solo l’area del Rione Terra venne sgomberata. Per accoglierli venne costruito un quartiere su una collina a una decina di chilometri di distanza da Pozzuoli, chiamato Monterusciello. È formato da grandi piazze, ampi viali e marciapiedi spaziosi. Non esiste un vero e proprio centro cittadino e neppure un corso con i negozi, non ci sono cinema né teatri né altri luoghi di aggregazione. Monterusciello viene considerata l’ultima città di nuova costruzione in Europa. Nel 1983 il governo stanziò 740 miliardi di lire per costruirlo: di questi, 420 miliardi furono spesi per 4.600 alloggi provvisori, alcuni «prefabbricati pesanti» che avrebbero dovuto essere abbattuti e ricostruiti entro venticinque anni.
I cubi di cemento armato furono consegnati nel 1987 e sono ancora lì, in condizioni fatiscenti, freddi d’inverno e torridi durante l’estate, e con gli abitanti che lamentano infiltrazioni d’acqua e l’assenza di manutenzione. Le chiamano «le case di Zamberletti», dal nome del ministro dei Lavori pubblici che le consegnò agli sfollati.
Il 4 settembre del 1983 una forte scossa di terremoto spinse una buona parte della popolazione di Pozzuoli ad abbandonare le proprie case, già danneggiate dal sisma del 1980, per andare a dormire negli autobus sul lungomare, in alcune tendopoli e nei campeggi della vicina Licola. Il terreno si alzò di 180 centimetri e le tre colonne dell’antico Tempio di Serapide, immerse per metà nell’acqua e utilizzate come parametro di misura del fenomeno, riemersero per intero. Il 4 ottobre un secondo terremoto di magnitudo 4 spinse il governo a evacuare di nuovo la città.
Pozzuoli però non fu mai abbandonata del tutto. «Non volevamo andare via, per questo decidemmo di tenere aperte le fabbriche e le scuole» ricorda Ettore Giampaolo, che all’epoca era responsabile del scuola della CGIL locale. Nonostante lo stabilimento fosse stato fermato, gli operai della Sofer, una fabbrica di locomotive e carrozze ferroviarie ora dismessa, andavano tutte le mattine al lavoro per mantenere accese le macchine, e lo stesso facevano gli insegnanti con le scuole chiuse.
Le case non furono requisite dal comune come era accaduto al Rione Terra nel 1970. Per questo, quando il terreno cominciò a riabbassarsi, molti tornarono nelle loro abitazioni. Nelle «case di Zamberletti» a Monterusciello è rimasto chi a Pozzuoli viveva in affitto o in condizioni difficili. Alcuni hanno mantenuto entrambe le abitazioni, altri hanno rivenduto l’alloggio assegnato e altri appartamenti sono stati occupati. Negli ultimi anni, nei cortili tra un edificio e l’altro, in più di un’occasione la camorra ha organizzato feste con cantanti neomelodici e fuochi d’artificio per festeggiare l’uscita dal carcere dei loro affiliati.
Ora il bradisismo è tornato e «ci troviamo con gli stessi problemi del 1970 e del 1983», cioè con il rischio di dover trovare una sistemazione a decine di migliaia di sfollati, dice Giampaolo. Il 13 ottobre il governo ha approvato un decreto-legge con «misure urgenti di prevenzione del rischio sismico connesso al fenomeno bradisismico nell’area dei Campi Flegrei». Sono stati stanziati 52,2 milioni di euro per «un’analisi della vulnerabilità sismica» dell’edilizia privata e pubblica, un piano di misure per la «mitigazione» e la realizzazione di vie di fuga e di strutture per accogliere i cittadini in caso di evacuazione. Sono previste anche esercitazioni di sgombero e attività di comunicazione alla popolazione.
– Leggi anche: Un piano di evacuazione dei Campi Flegrei c’è, ma andrebbe aggiornato